mercoledì 28 settembre 2016

Qui urge un T.S.O.

Qui urge un T.S.O.
Per favore qualcuno chiami il 118; credo sia giunto il momento, abbastanza urgente a mio avviso, che il nostro premier sia sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio, per il suo ed il nostro bene.
Ormai non siamo più al chi la spara più grossa; le balle di berlusconiana memoria, l’ici sulla prima casa, la riduzione delle tasse, la nipote di Mubarak e via dicendo, sono nulla in confronto alle fesserie che ci propina un giorno si e l’altro pure il nostro buffoncello di corte. L’ultima in ordine di tempo, ma sicuramente non l’ultima in assoluto visto l’andazzo, è il ponte sullo stretto di Messina e i centomila posti di lavoro; ora ci manca solo che faccia sorgere il sole a mezzanotte e saremo diventati per davvero il Paese delle meraviglie, non più quello delle banane.
Ma davvero crede che gli italiani siano cosi fessi? E si che siamo un Paese di creduloni, ma di fronte a balle cosi grosse anche il primo degli idioti scoppierebbe in una sonora risata.
Dai, mettetegli la camicia di forza.
Ora scherzi a parte, qui veramente ci troviamo di fronte alla faccia tosta più spudorata che l’Italia abbia mai conosciuto. La Vanna Marchi per davvero a Renzi gli fa un baffo. Ci troviamo di fronte alla più sporca delle azioni che una forza politica, il PD, abbia mai messo in campo per carpire la buona fede degli elettori.
Il quesito referendario dapprima è una truffa anticostituzionale per nascondere dietro ad un ipotetico taglio dei costi della politica il vero obbiettivo di rendere il nostro Parlamento sempre più esautorato dei propri poteri e di conseguenza impedire al popolo di poter esercitare democraticamente il proprio sacrosanto diritto alla sovranità; a seguire le faraoniche e improbabili promesse di elargizioni in moneta ai giovani diciottenni o ai pensionati al minimo, con la ciliegina sulla torta del ponte di Messina a far da dessert ad una vergognosa campagna elettorale che punta solo ad evitare una sonora presa a calci nei fondelli da parte del popolo il prossimo 4 dicembre.
Tutto questo mentre in sordina si aumentano i tiket sulle prestazioni sanitarie, si rendono a pagamento gli interventi di cataratta per gli anziani, si spostano dalla fascia “A” alla fascia “C” centinaia di farmaci fino a ieri ritenuti indispensabili per la salute delle persone, si ipotizzano nuovi tagli alla spesa pubblica, sanità e sicurezza in testa.
Di balle ed elargizioni in questi due anni e mezzo di governo Renzi ne abbiamo sentite tante, ma le uniche elargizioni che al momento sono reali sono quelle fatte alle banche, in maniera diretta con dispendio di denaro pubblico al Monte dei Paschi di Siena e alla banca della famiglia Boschi e indiretta con l’approvazione di una norma che consente alle banche in difficoltà di poter effettuare prelievi forzosi sui conti correnti dei cittadini.
C’è poco da ragionare davanti ad una simile barbaria della politica, questo governo va spedito il prima possibile a casa prima che faccia ulteriori danni. Qui non è in gioco solo il futuro economico dell’Italia e delle prossime generazioni, qui è in gioco la nostra stessa democrazia e la nostra libertà.
Non crediamo che una dittatura sia solo quella che usa il manganello e olio di ricino per sottomettere gli avversari, ve ne una ben più pericolosa che con l’uso di altri strumenti ha il potere di sottomettere un popolo e piegarlo alle leggi dei grandi capitali che mirano ad incrementare il divario tra ricchi e poveri e rendere i lavoratori e le persone schiavi del sistema.
Questo è ciò che non era riuscito ai governi Berlusconiani ma che si sta realizzando con Renzi e il PD al governo. Questo è ciò che dobbiamo evitare ad ogni costo se vogliamo che la dignità dei cittadini italiani non venga svenduta alla mercè degli interessi della grande finanza.
La dignità ha un costo ed è il coraggio di non chinare la testa; di bugie e di promesse non mantenute è piena la nostra storia , ma è una storia che ci racconta anche di un popolo che nei momenti più bui ha saputo ribellarsi al manganello e all’olio di ricino, come ha saputo rispondere ai vari tentativi ripetuti negli anni di affossamento della nostra democrazia e ha saputo rispondere con dignità, sangue e coraggio alla strategia della tensione, alle devianze dei servizi segreti e al terrorismo delle brigate rosse. Lo sappiano bene Renzi e la sua banda di filibustieri, nei momenti che occorre il popolo italiano c’è sempre stato e ci sarà nuovamente il 4 dicembre quando con il NO al referendum prenderà a calci nel culo e manderà a casa una volta per sempre i nuovi fascisti tinti di rosso.

Tonino Ditaranto

giovedì 22 settembre 2016

Olimpiadi e disonestà intellettuale

Olimpiadi di Roma e la saga della disonestà intellettuale
Ho avuto modo di dire come la penso al riguardo già con alcuni post pubblicati sulla mia bacheca di face book; proviamo ora ad entrare un po più nel merito della questione e capire quali sono le ragioni che mi spingono a ritenere che la Sindaco Raggi abbia fatto la scelta giusta.
Lungi da me il voler in qualche modo apparire simpatizzante del movimento penta stellato, non è mai stato per me un punto di riferimento ne credo potrà mai esserlo per tutta una serie di ragioni che non starò qui ad elencare; qualunque siano state comunque le ragioni, di natura strumentale, populista, o di reale analisi economica della situazione finanziaria della propria città, un dato è inconfutabile ed è cioè che il rapporto tra spesa e benefici, oggi, di una eventuale olimpiade nella capitale non consente un dispendio di energie tali da permettere un ulteriore indebitamento per una città già alla prese con forti problematiche o per uno stato che stenta a ripartire e che ha un rapporto deficit-pil estremamente negativo.
Non sono a priori contrario alla organizzazione di grandi eventi; ci mancherebbe. Ritengo però che uno Stato che è attraversato da una forte crisi economica e sociale debba interrogarsi sulle priorità sulle quali intervenire per poter rilanciare l’economia del Paese e nel contempo far si che si affrontino problemi che al momento risultano essere dei veri e propri drammi.
E’ trascorso meno di un mese dal terremoto di Amatrice e sembra che la lezione sia già stata dimenticata. Un paese dove le scuole pubbliche crollano sotto la forza distruttiva di un terremoto che non raggiunge il sesto grado della scala Richter ha veramente bisogno di sprecare energie nella realizzazione di altre cattedrali nel deserto che come spesso accade resteranno inutilizzate dal giorno successivo alla fine dei giochi?
L’Italia ha un patrimonio edilizio scolastico in buona parte fatiscente o non a norma con le più elementari norme di sicurezza; stessa cosa si può dire del territorio a forte rischio di dissesto idrogeologico, cosi come la stragrande maggioranza degli alvei fluviali abbandonati a se stessi e privi di qualsiasi manutenzione ormai da decenni. Stessa cosa con il nostro patrimonio boschivo, abbandonato a se stesso, privo di qualsivoglia manutenzione e alla mercè di incendi che ogni anno mandano in fumo centinaia di ettari di bosco. Eppure le regioni, in virtù di un patto di stabilità da mantenere e grazie al taglio della spesa pubblica, hanno dovuto abbandonare completamente non solo i nuovi rimboschimenti ma anche la manutenzione di quelli esistenti, con le gravi e drammatiche conseguenze che noi tutti conosciamo e con le decine di vite umane perse che ancora reclamano giustizia.
E che dire dei tagli alla sanità, è allo studio della nuova finanziaria un ulteriore taglio di un miliardo, o della scuola pubblica divenuta ormai lo zimbello fra le scuole pubbliche di tutta Europa?
Non ci siamo. L’elenco delle priorità di questo Paese è cosi lungo che non basterebbero le pagine di un libro per elencarle tutte.
Eppure noi preferiamo renderci ridicoli, dimenticandoci di coloro che ancora oggi continuano a morire sotto le macerie delle scuole che crollano,  sotto le colline che franano, o travolti dai fiumi in piena che diventano le strade delle nostre città e avventurarci in polemiche strumentali sul diniego di un Sindaco ad un evento che avrebbe portato solo spreco di danaro pubblico e nessun beneficio per la cittadinanza se non per i soliti affaristi del cemento quasi sempre in combutta con il malaffare politico e con organizzazioni di carattere mafioso.
Quello che però fa più spece non è tanto il fatto che si possa essere anche contrari alla scelta del Sindaco di Roma, quanto il fatto che a gridare allo scandalo, in modo pretestuoso a mio avviso, sono gli stessi che ieri plaudivano alla identica decisione del Presidente del Consiglio Monti.
Cosa è cambiato da quattro anni a questa parte? In meglio nulla, se mai molti problemi tra quelli elencati si sono aggravati ulteriormente.
Signori siamo seri per favore, questo vostro comportamento si chiama disonestà intellettuale, una cosa che non mi appartiene e che mai vedrà il sottoscritto schierarsi a favore o contro qualcosa solo perché a proporlo sono miei avversari politici.
Oggi non è più il tempo in cui potevamo permetterci scelte sciagurate, tanto paga pantalone; oggi è il tempo di finirla con le elargizioni e le regalie a questa o quella impresa o cooperativa connivente solo perché ci assicura un pacchetto di voti. ma è il tempo in cui con determinazione dobbiamo cominciare a contrastare la politica del malaffare e della corruzione e se a dare l’esempio sarà una Sindaco grillina, ben venga, pur non essendo il sottoscritto un penta stellato, su questa scelta avrà tutto il mio appoggio.

Tonino Ditaranto

sabato 17 settembre 2016

CRONACA DI UNA STRAORDINARIA GIORNATA - SIAMO TUTTI ABD EL SALAM


CRONACA DI UNA STRAORDINARIA GIORNATA – SIAMO TUTTI ABD EL SALAM

Sono le nove del mattino, comincio le mie telefonate per invitare i compagni a partecipare alla manifestazione di Piacenza; la prima, la seconda, la terza e via dicendo fino alla trentesima. Tutti hanno altri impegni, comincio a pensare che ci devo andare da solo, partiamo male mi ripeto tra me e me. Ho il treno alle 13, 37, intorno all’una mi chiama Nello, un compagno rsu fiom di Savona che mi dice aspettami vengo anch’io. Mi rincuoro, almeno non sono solo.
In stazione incontriamo Valter volante rossa, sono felice, almeno lui, l’immancabile Valter con la sua fedele macchina fotografica è dei nostri.
Arriviamo a Piacenza con un quarto d’ora di ritardo e usciti dalla stazione si presenta subito davanti a noi uno spettacolo indescrivibile; centinaia di bandiere rosse sono in attesa di poter partire con il corteo.
Facciamo un giro per vedere di trovare compagni che conosciamo e quasi subito incontriamo Giovanni Paglia, un abbraccio spontaneo dopo quattro anni che non ci vedevamo e soprattutto dopo che ci eravamo lasciati non proprio in un bel modo a seguito dell’autoscioglimento del circolo SEL di Fidenza. No c’è stao bisogno di tornare sui vecchi rancori, gli occhi di entrambi dicevano all’altro mettiamoci alle spalle tutto, abbiamo sbagliato entrambi ma ora dobbiamo ricostruire.
Con Giovanni siamo subito d’accordo sul fatto che questo assassinio non va lasciato impunito e conveniamo sul fatto che bisognerà procedere alla costituzione di un comitato che si costituisca parte civile nella richiesta della verità.
Il corteo parte, lo aprono i facchini e le donne musulmane a lutto per la perdita di ABD EL SALAM e poi la fiumana di persone e bandiere a testimoniare la nostra rabbia.
Siamo posizionati all’incirca a metà del corteo, mi giro spesso ma non riesco a vedere la coda; dopo mezz’ora e con il corteo che ha percorso ormai più di un chilometro, la coda ancora deve partire dal piazzale della stazione.
Siamo a migliaia, qualcuno azzarda oltre i diecimila; non so quanti, ma siamo davvero tanti, come da anni non si vedeva un fiume di compagni sfilare intorno ad un unico slogan :  SIAMO TUTTI ABD EL SALAM.
Davanti a noi c’è il gruppo del PCL con il segretario nazionale Ferrando, il corteo sfila pacifico con i suoi mille colori listati a lutto ma anche con una grande voglia di ripartenza.
A metà percorso come usciti dal nulla si materializzano davanti a noi un gruppo di ragazzi vestiti di nero, con il cappuccio in testa con in mano grosse mazze di legno. Capiamo subito che si stanno preparando a fare i cretini. Ferrando rallenta il suo gruppo e si crea una spaccatura nel corteo. Bisogna assolutamente impedire che vi sia la spaccatura, sarebbe molto pericolosa. Con Nello ci avviciniamo a Ferrando e lo invito a stringere sul corteo che ormai si sta allontanando. Dopo alcuni disguidi, lui mi ha scambiato per uno della digos, ci capiamo e cosi riesco a convincerlo di stringere sul corteo in modo da evitare spaccature.
La tensione comincia ad alzarsi, ed interviene prontamente un gruppo di pompieri usb che riesce a spingere di lato i facinorosi.
La tensione è sempre alta, se la stanno prendendo con un ragazzo con la bandiera di rifondazione, a quel punto decido di intervenire e preso di petto quello che sembra il loro capo lo invito a modo mio a starsene calmi perché se continuano a fare i cretini se la devono vedere con noi. La discussione va avanti per alcuni minuti sotto gli occhi attenti della polizia che saggiamente decide di non intervenire e lascia che la diatriba si risolva tra di noi.
Si va avanti, finalmente gli incappucciati sembrano essersi calmati. Comincia a piovere e noi sempre avanti.
La pioggia diventa battente e il corteo comincia a sciogliersi; decidiamo di tornare indietro con Nello e Valter, ma la pioggia è sempre più forte. Ormai sima bagnati, e decidiamo di prendere un taxi. Ad un chilometro dalla stazione il taxi ci deve lasciare perché la strada è bloccata dalla polizia e non si passa, cosi ci lascia a piedi sotto ad un temporale di quelli che se ne vedono pochi.
Andiamo avanti, abbiamo un treno da prendere; ormai la pioggia non la sentiamo neanche più, non c’è un solo centimetro dei nostri vestiti che ormai non sia inzuppato fradicio.
Arriviamo in stazione che mancano cinque minuti alla partenza del treno; ci ferma la polizia che vuole vedere i biglietti per farci entrare in stazione. Finalmente sul treno, stiamo per partire e arriva di corsa una anziana signora con una borsa pesante che rischia di cadere sugli scalini del treno, prontamente afferrata da me e da Valter. Si lamenta della polizia che ha avuto il coraggio di chiedere anche a lei il biglietto nonostante il treno fosse in partenza.
Finalmente a Fidenza, di corsa verso casa e intanto i chicchi di grandine mi sbattono in testa.
Stanco, bagnato come da tempo non ricordavo, ma felice di essere stato li con migliaia di compagni venuti da tutta Italia senza che nessuno li avesse chiamati ma tutti con la speranza che da Piacenza possa rinascere la lotta che porta ai diritti.
ABD EL SALAM e morto sotto la mano assassina del padrone, ma noi tutti gli dobbiamo riconoscenza, perché se un giorno la coscienza di classe tornerà nelle piazze a lottare per un futuro di speranza, questo sarà stato anche grazie al sacrificio di ABD EL SALAM, un professore venuto da lontano per fare il facchino ed insegnare a noi tutti il prezzo della dignità.

Tonino Ditaranto

venerdì 16 settembre 2016

NESSUNO E' ABD EL SALAM

NESSUNO E’ ABD EL SALAM

Siamo tutti bravi nel dichiararci “ je suis” ogni qualvolta le tv ci propinano immagini forti dei vari charlie hebdo, ma nessuno lo ha fatto questa volta che a morire è stato un emerito sconosciuto, uno venuto da un paese lontano, un extracomunitario, uno che nel pensiero generale è venuto in Italia per rubarci il lavoro.
Eppure lui, che un lavoro  lo aveva trovato, assunto a tempo indeterminato, lui, che come tanti altri, noi benpensanti non disdegnamo di guardare spesso con gli occhi della diffidenza o nella migliore delle ipotesi con quella dell’indifferenza, lui appunto, uno venuto da lontano è venuto a morire  per insegnare a noi italiani che per il lavoro e la propria dignità si può anche morire.
La procura sostiene si sia trattato di un incidente stradale; falso. Decine di testimonianze di colleghi ma anche di addetti all’ordine pubblico ci raccontano una verità diversa, una verità che contrasta con il becero tentativo di mettere a tacere tutto come se nulla fosse successo.
ABD EL SALAM è finito sotto le ruote del camion di un altro povero cristo, lavoratore come lui, a cui il padrone ha messo in corpo una si tale pressione da spingerlo ad un gesto sconsiderato.
ABD EL SALAM non è morto sotto le ruote di quel tir, ma sotto la mano assassina di una classe padronale sempre più avida e indifferente alle esigenze della povera gente; è finito sotto la mano assassina di una logica che ha spinto le classi governanti del nostro paese ad assoggettarsi sempre di più alle classi dominanti e ai loro sporchi interessi, al punto di calpestare con atti ignobili, tipo il job act e lo smantellamento dello statuto dei diritti dei lavoratori, quelle conquiste che già il sangue di altri lavoratori ci aveva lasciate in eredità.
ABD EL SALAM è morto sotto la mano assassina della nostra indifferenza, di quanti come me e quel mondo della sinistra che abbiamo dimenticato il valore fondamentale della lotta nella grande battaglia di classe.
ABD EL SALAM è morto sotto la mano assassina di quella parte del sindacato, e sindacalisti da strapazzo capaci solo di guardare alla sedia dove appoggiare il proprio culo e spesso al soldo dei grandi poteri finanziari.
ABD EL SALAM, un compagno, un lavoratore, è morto per ridare a noi lavoratori la dignità che noi non abbiamo saputo mantenere.
Non ci resta che piangere un compagno, un compagno che non ha esitato a mettere il proprio corpo davanti a quel tir per ridare a noi la speranza che il lavoro torni ad essere uno strumento per vivere e non per morire.
SIAMO TUTTI ABD EL SALAM

Tonino Ditaranto