domenica 13 ottobre 2013

Ma che bella Antimafia, Madama Dorè...

Ho appena saputo che sono stati recentemente scelti i componenti della Commissione antimafia 2013, il cui presidente, probabilmente, sarà Rosy Bindi, per il PD, mentre il Pdl proporrà Donato Bruno. Ma, tra coloro che siederanno sugli scranni di questo organismo, che ha il compito di indagare, approfondire e contrastare il fenomeno mafioso, ho notato nomine che mi hanno lasciato perlomeno perplesso. Giovanardi, recentemente, è diventato il difensore delle aziende emiliane, sospettate di condizionamento mafioso nella ricostruzione dei paesi terremotati; ha portato in aula diverse interrogazioni, per chiedere modifiche alle interdizioni antimafia. Ha addirittura presentato due emendamenti, per modificare questo strumento di prevenzione, anche se sono poi stati bocciati sonoramente. Ha criticato duramente Isabella Bertolini per aver denunciato la presenza, poi verificata come reale, di camorristi, tra gli iscritti del Pdl modenese. La Bertolini è stata però accusata di razzismo verso i meridionali. Carlo Sarro, si batte da tempo per assicurare a centinaia di cittadini la riapertura dei termini del condono edilizio del 2003 ed ha condotto un'aspra polemica contro Libera e Don Luigi Ciotti, per aver sottoscritto una petizione, che si opponeva alla riapertura dei suddetti termini. Vincenza Bruno Bossio, calabrese, ha un marito, Nicola Adamo, imputato di corruzione e altri reati in un'inchiesta, condotta dalla Procura di Catanzaro, sull'eolico in Calabria. Giovanni Bilardi è un senatore del gruppo Gal, indagato dalla procura di Reggio Calabria, per peculato, nell'ambito dell'inchiesta sui rimborsi per le spese dei gruppi regionali. Donato Bruno è il candidato presidente del Pdl per la commissione antimafia. Come avvocato, ha più volte difeso, a spada tratta, i colleghi imputati per collusione con le mafie. Sul 41 bis, nel 2002, aveva precisato che lo avrebbe, personalmente, abrogato. Claudio Fazzone si è battuto contro lo scioglimento, per condizionamento mafioso, del comune di Fondi. Rosanna Scopelliti, deputata calabrese, è un nome importante dell'antimafia sociale, fondatrice dell'associazione “Ammazzateci tutti”, e figlia del giudice Antonino Scopelliti, ucciso da Cosa Nostra, in collaborazione con la 'ndrangheta di Reggio Calabria. Dovrebbe essere una figura di garanzia per la commissione; però, ha criticato la Cancellieri per aver sciolto il consiglio comunale di Reggio Calabria, feudo del governatore Pdl della Calabria, Giuseppe Scopelliti. E proprio lei, ha partecipato alla manifestazione contro i giudici, organizzata dal suo partito il 4 agosto. Non mi pare un'esperienza in linea con il suo vissuto, in mezzo ad una folla che insultava la magistratura; o era solo contro le famigerate “toghe rosse”? Resta fuori solo il nome di Rosy Bindi, l'unica anima pura e candida, che, forse, ma solo forse, si è accontentata di qualche spicciolo, passatole, sottobanco, da Lusi. Certo che, con questi personaggi a comporre l'Antimafia, alla criminalità organizzata nostrana tremeranno, per la paura, gli orli dei pantaloni e delle gonne. Franco Bifani

domenica 6 ottobre 2013

Omaggio al Maestro e a Parma Daily

Dedicato a Parma Daily e agli anonimi cretini che sperando di farci dispetto finiscono per farci pubblicità

Adesso è ora di agire

Adesso è il tempo di agire.

Letta, Boldrini, il tempo del lutto e della commozione è passato ora adoperatevi per cambiare la Bossi-Fini in tempi ristrettissimi altrimenti le vostre lagnanze e le vostre indignazioni per ciò che è successo al largo di Lampedusa altro non saranno che delle commoventi sceneggiate ipocrite come già tante altre abbiamo visto sulla pelle di poveri Cristi che hanno trovato la loro definitiva dimora nelle acque del Mediterraneo.
Sarebbe stato più giusto chiudere questo mio intervento con la frase appena scritto invece ho voluto aprirlo proprio per dire che non vi possono essere giustificazioni ne perdite di tempo di fronte al massacro di migliaia di persone trucidate dagli scafisti prima e dai politici europei dopo nei nostri mari. Non possiamo parlare di disgrazie quando queste disgrazie sono volute e causate da Governi di popoli civili che hanno smarrito il senso della solidarietà e dell’accoglienza. Non possiamo parlare di dramma quando il Presidente del Consiglio dichiara pubblicamente che i morti di Lampedusa sono cittadini italiani e lo stesso giorno i superstiti di quella strage vengono iscritti nel registro degli indagati per il reato di clandestinità. Quella legge. La Bossi-Fini offende la dignità non solo dei coloro che bussano alle nostre porte chiedendo aiuto, ma offende la memoria di tutti gli italiani che nel secolo scorso sono partiti clandestini in cerca di aiuto nel continente americano e di quanti in quel continente non arrivarono mai perché inghiottiti dall’Oceano Atlantico. Non ci sono priorità più urgenti da affrontare di quelle che muoiono e che ancora sono destinate a morire nei nostri mari; il Governo italiano e i Governi della Comunità Europea hanno il dovere morale e civile di porvi rimedio con estrema urgenza con interventi immediati di aiuto nei paesi di origine dei migranti ma anche per sconfiggere con la forza la mafia degli scafisti che traghettano dietro compenso di migliaia di euro i migranti verso le coste italiane. Non sono forse essi uguali se non peggiori dei Talebani di Bin Laden o dello stesso Saddam Hussein? Allora perché nei confronti dei Talebani e di Saddam non abbiamo esitato ad usare la forza, mentre questi criminali scafisti continuano a farla franca da oltre vent’anni nonostante abbiano assassinato decine di migliaia di persone?
Il tempo per piangere i morti è finito, ora deve cominciare il tempo dell’azione, oppure tacciamo perché dimostreremmo di essere meno ipocriti .

Tonino Ditaranto

venerdì 4 ottobre 2013

Lampedusa, Premio Nobel per la Pace

L'accoglienza è un’azione concreta, verso l'umanità sofferente, e non solo fatta di bla-bla, slogans, presidii ed occupazioni di piazze, cortei con bandiere di varia foggia e colore, manifestazioni di parata e di vetrina, da conformisti dell'anticonformismo. Non c’è altro paese al mondo in cui si metta in pratica questo impegno, in modo così costante e determinato, come a Lampedusa, dagli abitanti tutti, ai soccorritori, i medici, i paramedici, i volontari; la gente di Lampedusa continua a portare in salvo, a terra, i sopravvissuti e a raccogliere e comporre, pietosamente, i morti. La gente di Lampedusa aiuta, da anni, gli stranieri, portati dal mare sulle rive dell'isola. Stranieri e clandestini. L’Unione Europea, colpevole assente in questa tragedia sulle sponde del Mediterraneo, dovrebbe, veramente, proporre il Nobel per la pace, da assegnare agli abitanti di quest’isola, esempio umile, silenzioso, modesto, ma ammirevole, di umanità e di fratellanza. Lampedusa, una minuscola isola, dal cuore immenso; uno dei suoi abitanti, che era presente alla tragedia, con altri sette amici, su una barca, nella rada dell’orrore, ha raccontato quanto vide, quella mattina. Fa l'ottico, non è un marinaio, un addetto della Protezione Civile, un esperto bagnino od un sommozzatore. Lui ed i suoi amici hanno, però, salvato ben 50 di quei poveracci, caricandoli sul loro natante, strapieno di profughi. Erano lì, a tirar sera, hanno salvato l'umanità. E gli abitanti di Lampedusa non hanno avuto bisogno, per muoversi a compassione del loro prossimo, degli interventi di certi politici nostrani, come asserisce l'ONU, o di predicozzi ecclesiali, per muoversi a pietà, verso gli ultimi della Terra. Lampedusa, porta dell'Europa, caritatevole e solidale, così vicina all’Africa -non ai Paesi nordici, sussiegosi ed egoisti, i cui rappresentanti siedono nelle stanze dei bottoni, dediti unicamente a controllare affari economici e transazioni finanziarie- ha ancora una volta insegnato che significa essere cristiani, ma non “da pasticceria”, come ha detto Papa Francesco; lasciano le pecorelle chiuse nell'ovile, al sicuro, per correre in salvamento, dai rapaci e dai feroci, delle vittime inermi dell'egoismo mondiale. Il sindaco di Lampedusa ha lamentato che gli abitanti sono stanchi non di allargare le braccia agli immigrati, per accoglierli, in quel loro minuscolo lembo di terra, ma di dover ampliare i Centri di accoglienza e i cimiteri. Sul fondo del mare non giace un dollaro d'argento ed i bimbi non cantano, come nel Sand Creek, cantato da De Andrè; si scorgono invece, innumerevoli scarpette di bimbi, morti affogati, all'alba livida della loro povera esistenza, dimenticati da tutti, ma non da Lampedusa. Politici nostrani e trans-nazionali, che avete profuso caterve di parole, di aria fritta e rifritta, spargendo, per ogni dove, lacrime ipocrite di coccodrillo, smettetela con le contrizioni del giorno dopo; ora, si passi ai fatti: “Basta poco, che cce vo!'', ripeteva, in uno spot umanitario, con Giobbe Covatta, un bimbetto nero, i cui coetanei, a centinaia, si trovano, ora, sotto un muro di acqua salsa, testimoni muti, ma terribili, dell'indifferenza dei ricchi Epuloni europei. Franco Bifani

giovedì 3 ottobre 2013

Dove è nata la pasta?


Molti fanno risalire la nascita della pasta a Marco Polo che l’avrebbe importata dalla Cina, niente di più falso, in quanto nella penisola italica già ne 35 a.C.  Quinto Orazio Flacco, poeta Latino Lucano racconta la sua cena nella satira IV del 1° libro “ inde domum me ad porri et cicero refero laganique catinum” “quindi me ne torno a casa per mangiare una scodella di porri ceci e lagane”.
Cosa siano queste “lagane” ce lo spiega il Forcellini (1688-1768) nel suo Lexicon “ sottili strisce di farina e acqua che cotte in brodo grasso, si condiscono con cacio, pepe, zafferano e cannella”.
Strisce di farina ed acqua quindi, ossia gli attuali tagliolini.
Stando a quanto scritto da Orazio già nel 35 a.C. si può quindi dedurre che in Lucania la pasta era diffusa già molti secoli prima di Marco Polo.

Quinto Orazio Flacco poeta Latino di Venosa (Lucania)