domenica 1 ottobre 2017

Polemica inutile

Polemica inutile.
Volutamente non sono intervenuto nella vicenda della posa di un monumento all’aeronautica da parte del comune di Fidenza in occasione del centenario della nascita di Luigi Gorrini, pilota dell’aviazione italiana, che l’8 settembre del 43 fece la scelta di aderire alla repubblica sociale di Salò, come del resto buona parte del disfatto esercito italiano, mentre un’altra parte consistente si ritirò sulle montagne aderendo alle formazioni partigiane. Quali che fossero i credi politici di Gorrini, sia durante la guerra che successivamente durante la Repubblica, importano poco a mio avviso di fronte al fatto che un militare abbia servito lealmente l’esercito per il quale si era schierato ed aveva giurato, senza macchiarsi dei crimini che i capi politici di quella fazione avevano imposto ai loro sottoposti. Se il fascismo e la successiva repubblica di Salò si macchiarono delle più grandi atrocità, le colpe non possono ricadere su incolpevoli militari, vittime essi stessi, di un regime che si fondava sull’odio.  Questo riconoscimento viene dalla storia nel momento in cui la Repubblica antifascista, nata dalla sconfitta del fascismo e del nazismo, decide di insignire Gorrini, e tanti altri ufficiali dello stesso esercito che aveva servito l’Italia durante il fascismo, della onorificenza della medaglia d’oro per meriti militari, per il loro comportamento ed azioni nel servire con lealtà l’esercito per il quale avevano combattuto. La guerra portò lutto e distruzione da ambo le parti, ma le colpe rimangono esclusivamente di chi quella guerra la volle a tutti i costi e non di chi fu costretto a combatterla.
Ora che il comune di Fidenza abbia voluto ricordare questo combattente fidentino che durante la seconda guerra mondiale si trovò a combatterla dal lato sbagliato, come dimostrato dalla storia, non toglie nulla al profondo antifascismo insito nel dna dei fidentini, ne alla memoria dei tanti giovani fidentini partigiani fucilati dai fascisti e dai repubblichini dopo l’8 settembre del 43, al contrario, ne rafforza i valori che da quella brutta pagina di storia sono nati e cresciuti nelle convinzioni di quanti la guerra la ripudiano e suonano da monito per quanti volessero un giorno ricondurci ad inseguire un mondo di odio.

Tonino Ditaranto

IL CERCHIO SI CHIUDE

Il cerchio si chiude.
Con l’affondo di DiMaio ai sindacati, “autoriformatevi o lo faremo noi”, il cerchio a poco a poco si sta chiudendo. E’ sin dalla nascita del movimento cinque stelle, da quando cioè dieci anni fa debuttava con i “vaffaday” che cerco di mettere in guardia, non solo io per la verità, dai pericoli reazionari che l’ascesa di tale movimento significherebbe per il nostro Paese. Che Grillo e Casaleggio, nelle loro intenzioni di sempre, abbiano espresso una predilezione per una società neoliberista e lavorato in questi anni in tal senso, non è un segreto per gli stessi aderenti al movimento; quello che invece fino ad oggi non era chiaro, almeno per gli stessi grillini, plagiati dal linguaggio forbito e forcaiolo del loro capo, (la lega ai suoi albori esordiva con Roma ladrona, il movimento ha esordito con parlamento ladrone), è che dietro i proclami pro popolo da parte del plenum supremo cinque stelle, si sia sempre nascosto di fatto il progetto di imbavagliare la protesta popolare e incanalarla in una via senza uscita che conduce esattamente al punto di partenza, ossia all’indebolimento del mondo dei lavoratori al fine di permettere ai grandi capitali e alla grande finanza di poter schiavizzare il lavoro nascondendo il tutto dietro all’ammaliante slogan della meritocrazia, come se la meritocrazia fosse la soluzione di tutti i mali e non invece lo strumento per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri.
Ecco quindi che il neo eletto candidato premier del movimento e neo capo politico dello stesso, Luigi DiMaio, nella sua prima uscita pubblica dopo la proclamazione, non perdere tempo ne cercare di dare addosso ai sindacati, lo stesso Renzi lo aveva fatto qualche tempo addietro, per addossare loro la colpa della situazione disastrosa in cui versa l’Italia e il mondo del lavoro.
E’ vero, i sindacati hanno molte colpe per la situazione attuale e per la perdita di tanti diritti dei lavoratori negli ultimi anni, ma questo, per ragioni opposte a quelle sostenute da Renzi e DiMaio, cioè per aver dimenticato spesso e volentieri quale dovrebbe essere il suo ruolo nella eterna battagli tra lavoratori e grande capitale. Se c’è una colpa oggi del sindacato quella sta proprio nel fatto che le classi dirigenti, a partire dalle sedi centrali, per arrivare a quelle periferiche e spesso anche agli rsu, si sono di fatto autoriformate proprio nella direzione auspicata dall’ex premier e dall’attuale candidato grillino e che con il loro lassismo e anche complicità hanno impedito che il sindacato facesse sindacato portando i lavoratori ad opporsi, anche in maniera dura quando occorre, allo smembramento del sistema del lavoro e alla perdita di quei diritti conquistati con anni di lotte e sangue versato nelle piazze e nei posti di lavoro.
Non è un caso che DiMaio oggi decide di mettere nel mirino il sindacato, e lo fa nel momento in cui in Italia qualcosa si sta muovendo nella direzione della ripresa delle battaglie per il lavoro e per i diritti; la stessa ascesa di Landini alla segreteria nazionale della CGIL, è un segnale importante, ma ancora più significativi sono i segnali che arrivano dalle diverse situazioni sparse un pò ovunque dove   gli USB, o altri sindacati di base autonomi, Cobas, SiCobas o altri, non solo resistono ma proliferano e costruiscono un argine importante alla offensiva padronale, facendo breccia anche tra gli stessi elettori del movimento cinque stelle, molti dei quali cominciano a vedere in questa ritrovata combattività sindacale la strada per ritornare a sperare in un mondo di diritti. Un fatto questo che la grillo-casaleggio associati, ma io direi i loro diretti padroni, ossia l’alta finanza, non può assolutamente permettersi ed ecco quindi che si corre ai ripari con un affondo senza precedenti proprio all’unico movimento associativo, i sindacati, che se fa per davvero il proprio mestiere può mandare per aria i piani del grande capitale di creare un mondo di schiavizzati.

Tonino Ditaranto