giovedì 28 giugno 2018

Su fratelli, su compagni.



Abbiamo toccato il fondo; naturalmente non parlo del fondo toccato da quello che siamo abituati ad identificare come il panorama politico della sinistra italiana; quella non esiste più da tempo, non esiste più da quando le nostre attenzioni si sono rivolte alla difesa di una economia neoliberista , al servizio della grandi lobbi finanziarie europee e sotto lo stretto controllo di una Germania ritornata più forte dello stesso periodo hitleriano dopo la caduta del muro di Berlino. Abbiamo toccato il fondo nella incapacità di porci davanti ai pressanti problemi causati dalle politiche globalizzatrici con umanità e senso di solidarietà verso uomini e donne che faticano ogni giorno ad assicurarsi di che vivere di una vita dignitosa. Cinque milioni di italiani vivono sotto la soglia di povertà; cinque milioni, di cui almeno un milione di bambini non hanno di che nutrirsi, non hanno di che garantirsi cure mediche, ne di potersi assicurare una frequenza scolastica o la condivisione di rapporti sociali con i propri coetanei. A questi vanno aggiunti le centinaia di migliaia di persone che ogni anno varcano le frontiere d’Europa perché scappano dalla fame e dalle guerre che insanguinano il terzo mondo, e dove milioni di disperati abbandonano le loro case perennemente sotto la pioggia incessante di bombe prodotte in Europa e in Italia. Col solo costo di una di quelle bombe si potrebbero sfamare centinaia di persone o creare posti di lavoro direttamente nei luoghi di origine dando un senso compiuto all’idea che i popoli del terzo mondo vadano aiutati a casa loro. Questo purtroppo non sarà possibile fino a quando gli interessi degli stati e della politica coincideranno con la logica dell’arricchimento sconsiderato e ad ogni costo di coloro che determinano le politiche dei governi del mondo occidentale e dell’Europa in particolare. Globalizzare vuol dire uniformare i mercati, creare ossia un cartello globale che determini non solo i prezzi dei beni al consumo, ma anche e soprattutto il costo del lavoro che tanto più diventi basso, tanto più gli introiti per le grandi compagnie finanziarie diventeranno alti, a discapito di sicurezza sul lavoro, a discapito delle condizioni igieniche nei posti di lavoro e a discapito della stessa garanzia di un lavoro dignitoso senza del quale il lavoratore è sottoposto a continui e pressanti ricatti che fanno del lavoro non più lo strumento per l’emancipazione economica e sociale degli uomini, ma il solo mezzo per la propria sussistenza.
Chi pensa che tutto ciò sia la diretta conseguenza di una crisi economica globale sbaglia; tutto ciò è la conseguenza di un crisi creata e voluta di proposito per giustificare l’imposizione di condizioni di lavoro disumane e creare un mercato che veda il livellamento della forza lavoro al ribasso.  In parole povere, se la forza lavoro mondiale è composta da tre miliardi di persone, di cui mezzo miliardo nei paesi più ricchi, e gli altri due miliardi e mezzo nei paesi più poveri, risulterà più facile e remunerativo portare gli stipendi dei lavoratori dei paesi più ricchi verso quelli dei paesi più poveri, piuttosto che aumentare gli stipendi o garantire condizioni di lavoro migliori a due miliardi e mezzo di persone. Naturalmente la chiave principale perché fosse stato possibile aprire un simile percorso era quella di creare necessariamente attriti tra gli stessi lavoratori, nella consapevolezza che da una guerra tra poveri gli unici a trarne vantaggio sarebbero stati i ricchi e lo stesso progetto di acuire le disparità tra chi più ha e chi meno possiede.  Si calcola che in Italia, le dieci persone più ricche guadagnano mediamente molto più di quello che spendiamo per l’accoglienza e la gestione dell’intero flusso migratorio che ogni anno arriva in Italia. Le ultime settimane sono state caratterizzate dalle polemiche scaturite dalla chiusura dei porti alle navi delle ong e di conseguenza alle centinaia di disperati da esse raccolti sui gommoni alla deriva nel mediterraneo; Non entro nel merito delle decisione del Governo, dal quale, per la natura dichiaratamente razzista e xenofoba di alcuni suoi ministri era naturale aspettarselo; la cosa che invece deve farci riflettere è il fatto che ad entusiasmarsi per delle decisioni cosi chiaramente inumane e contrarie a qualunque principio di solidarietà e di legalità, non siano solo persone dichiaratamente avvezze ai valori  di solidarietà tra i popoli e tra gli esseri umani, ma si entusiasmano facilmente e in maniera anche più determinata, persone che fino a ieri sarebbero stati felici di aprire le loro porte a dei fratelli che chiedono aiuto; si entusiasmano persone tradizionalmente di sinistra, o persone che in passato hanno militato nello stesso partito comunista.
Sono per caso diventati razzisti tutto di un colpo anche loro? No compagni ed amici, non lo erano ieri e non lo sono diventati oggi, semplicemente sono persone o compagni che cercano risposte anche ai loro dolori di pancia e danno l’unica risposta che in questo determinato frangente sembra essere la più credibile o forse la più realizzabile. Dolori di pancia appunto, dolori di pancia ai quali altri parlano, magari in maniera sciacallesca o vomitevole, dolori di pancia di cui la sinistra non vuole neanche sentir parlare come se fosse un tabù che non si possa infrangere. Ma fatemi di grazia, non è forse un dolore di pancia una bolletta che non si riesce a pagare? Non è un dolore di pancia dover aspettare mesi per un esame radiologico?, non è un doloro di pancia svegliarsi di notte e trovare nel proprio appartamento dei ladri che stanno rovistando nei tuoi cassetti?  E allora di che cavolo stiamo parlando. Se gli altri parlano alla pancia con proclami e promesse magari irrealizzabili, se gli altri parlano di sicurezza paventando leggi sull’uso di armi per autodifesa, se altri parlano di reddito di cittadinanza o di chiusura dei porti, o di prima gli italiani, noi che dovremmo essere i detentori dei valori di solidarietà, di giustizia e di fratellanza, a quelle pance in che modo abbiamo parlato? Nulla, il vuoto assoluto. Alle pance vuote abbiamo detto stringete la cinghia, a chi non poteva pagare le bollette ed è dovuto emigrare per vivere gli abbiamo tassato l’energia della casa che ha dovuto lasciare facendo passare delle catapecchie per seconde case di lusso e imponendo 47 euro di bolletta fissa bimestrale, anche a fronte di un consumo reale uguale a zero. Non meravigliamoci se oggi le persone danno ascolto ai proclami di Salvini o alle chiacchiere di DiMaio, la verità è che loro alle pance ci parlano mentre noi alle pance vuote che rumoreggiavano per la fame abbiamo risposto parando il culo alle banche, regalando soldi al raket delle slot machine, acquistando super aeroplani da mandare nelle zone di guerra e regalando contributi alle fabbriche di armi che esportano la morte. Abbiamo toccato il fondo si compagni e lo abbiamo fatto nel modo più vergognoso inimmaginabile possibile, diventando noi stessi peggiori di coloro che per una vita abbiamo combattuto e calpestando quei valori per i quali altri compagni prima di noi avevano lottato e dato la vita. Oggi che tutto è andato a puttane ci nascondiamo dietro cervellotiche analisi cercando colpevoli cui attribuire le colpe del disastro, quando invece sappiamo benissimo che i colpevoli siamo tutti indistintamente, chi ha operato in maniera indegna, e chi complice ha lasciato che il tutto avvenisse sotto gli occhi dell’indifferenza. Non ci sono giustificazioni per lenire le colpe dei nostri disastri, non esistono argomenti che possano giustificare in qualche modo la bramosia di potere, il personalismo, l’arrivismo di cui si sono macchiate le nostre classe dirigenti con la nostra colpevole complicità. Abbiamo permesso che strutture di azionariato sociale come le cooperative di produzione e lavoro, divenissero aziende nelle mani di pochi e utili solo ai propri tornaconti e che attuassero politiche del lavoro schiavistiche e disumane che neanche le peggiori aziende a conduzione padronale mai si erano permesse di attuare. Abbiamo lasciato che il sindacato si rendesse complice delle classe padronali con l’accettazione di contratti capestro e avallando le politiche di precarizzazione del lavoro che non va mai dimenticato ebbero il loro sciagurato inizio non coi governi di destra e di Berlusconi, ma con i governi di Prodi e D’Alema.  Siamo venuti meno ai nostri doveri di difendere la pace e l’articolo 11 della nostra costituzione, dichiarando guerra alla Bosnia e Partecipando a innumerevoli missini di guerra per conto degli imperialisti americani e vergogna delle vergogne abbiamo tradito la fiducia di un patriota che aveva chiesto la nostra protezione, consegnando Ocalan nelle mani assassine del criminale turco Erdogan. Non ci sono giustificazione per questo nostro comportamento vigliacco e non ci sono giustificazioni per esserci schierati dalla parte dei ricchi condannando i i lavoratori ad una vita di stenti. Non so se e in quanto tempo potrà esserci nuovamente una sinistra in Italia, sicuramente non nei prossimi dieci anni e non con chi è rimasto intriso del fetore di un marciume e di una cancrena che l’ha divorata giorno dopo giorno; so per certo però che come l’araba fenice i valori fondanti del mondo dei più umili non possono morire; c’è una strada lunga e lastricata di spine da percorrere, ma le piante sane dei piedi delle nuove generazioni riusciranno ad avere ragione di spine e carboni ardenti, cosi come riattraverseremo nuovamente il fiume della lotta contro le ingiustizie ponendo una pietra dopo l’altra affinchè nessuno più possa sentirsi solo ma parte di una famigli che non abbandona nessuno e che protegge tutti a partire dal più debole.  La strada è lunga e anche il buio della notte che l’avvolge non lascia intravvedere bagliori, ma io vi dico mettiamoci in cammino. Su fratelli e su compagni.
Tonino