domenica 13 dicembre 2015

Sinistra è Amore

Sinistra è amore
Carissimi compagni,
è un mondo strano quello che stiamo vivendo; alla vigilia di una guerra globale che potrebbe segnare in modo irreversibile il destino di questo nostro straordinario pianeta e non solo per il disastro e le distruzioni che essa inevitabilmente causerebbe, ma anche per il progressivo imbruttimento, veramente già in atto da tempo, dei rapporti tra i popoli del mondo, tra le differenti culture e il divario sempre più incolmabile tra i ricchi e i poveri della terra. Sembra quasi che tutti, e con tutti intendo anche noi che crediamo in valori universali di fratellanza e solidarietà, abbiamo perso la bussola della speranza che un mondo migliore possa essere possibile.  Ecco, la speranza, ossia quella grande forza interiore che ha spinto sempre milioni di uomini a guardare oltre i propri confini, verso un infinito dove l’amore per le cose belle della vita possa in qualche modo costituire quell’eden dove sia finalmente possibile quella coesistenza armoniosa tra tutti gli esseri viventi, la natura e le infinite cose belle che ci è stato consentito poter ammirare durante questa nostra vita. Il più bel regalo che il destino potesse farci: consentirci di ammirare questo interminabile insieme di cose di una straordinaria bellezza.
La speranza appunto, cosa se non la speranza spinge ancora oggi i migranti di terre martoriate dalla fame e dalle distruzioni ad affrontare viaggi senza una meta, viaggi che si perdono nel tempo e che per tanti, per troppi purtroppo, alla fine del viaggio altro premio non c’è se non il crudele destino della morte? E per coloro che ce la fanno, cosa riserva la terra promessa se non l’inizio di un ulteriore calvario tra l’indifferenza, la diffidenza, il rifiuto e la vergogna di essere guardati e trattati alla stregua di ladri da coloro cui essi si erano rivolti credendo fratelli?
Non so voi, ma io non riesco più neanche a mangiare, ne a pensare, ne a vivere un attimo di spensieratezza senza che gli occhi non si inumidiscano di lacrime per quanto grande è il male che la bruttezza che avvolge i nostri cuori sta causando a questo nostro pianeta.
Il tempo della personalizzazione della vita ci ha spinti a cercare con sempre più insistenza cose effimere e materiali; con esse abbiamo sostituito la semplicità che invece era il dono che ognuno di noi possedeva e che permetteva un rapporto di reciproco rispetto tra esseri umani. Il culto della persona ha fatto si che l’uomo acquisisse l’abitudine di mirarsi allo specchio per gioire della propria bellezza esteriore ed ignorare la bruttezza cui si è spinti proprio da questo affannoso inseguire dell’ego.  Quanti di noi in tutta onestà possono affermare oggi con assoluta certezza di conoscere il proprio vicino di casa, quello che abita sullo stesso pianerottolo, se vive con spensieratezza o il dramma di una vita fatta di rinunce, di bollette non pagate e di utenze staccate? E chi di noi può dire di essere in grado di accorgersi dei malesseri che vive il proprio compagno di lavoro, o il pensionato col quale ci si è fatto una briscola fino alla sera prima e scoprire il giorno dopo che si è impiccato perché un governo ha deciso che andava salvata una banca e bruciati i risparmi di una vita di onesti lavoratori?
Sono entrato nel mondo della sinistra che ero un bambino; ho avuto grandi maestri; da essi ho imparato che non è bello quello che possiamo comprare e portare a casa come un giocattolo, è bello quello che non possiamo comprare ma possiamo conquistare con la lotta e con la speranza; è bello guardare la gioia negli occhi di coloro che si tende la mano; è bello guardare i compagni di lavoro stringersi la mano ed è bello svegliarsi al mattino e guardare all’orizzonte questa nostra straordinaria terra e commuoversi al pensiero di quanto siamo stati fortunati di poterla mirare.

Tonino Ditaranto

martedì 8 dicembre 2015

Il buon seminatore

Il buon seminatore.
Una delle parabole del Vangelo più belle che si possono leggere è quella del buon seminatore: Gesù, parlando ai suoi discepoli si rivolge raccontando loro la storia della semina del grano che poi alla fine altro non è che quella della nostra vita. Dice Gesù che parte dei chicchi di grano durante la semina finiscono tra le pietre e un terreno arido e vengono beccati dagli uccelli, parte tra le spine e pur germogliando vengono alla fine soffocati, mentre parte finisce in un terreno fertile e ben lavorato e alla fine darà buoni frutti, non prima però di essere passato da chicco a germoglio e a pianta e solo con l’aiuto del sole e della fertilità del terreno potrà alla fine portare un buon raccolto.
Cosa centra tutto questo con ciò che mi appresto a scrivere? Non so, forse nulla: sta di fatto che pur non essendo io un credente non disdegno di prendere le cose buone che arrivano dall’insegnamento di valori che arrivano da un mondo che non la pensa come me.
Non so se altri abbiano le mie stesse sensazioni, sta di fatto che più passa il tempo e più mi convinco che per quanto ci si possa sforzare di fare delle buone semine, quasi tutti i chicchi di grano che il mondo della sinistra cerca di seminare finiscano quasi esclusivamente sul terreno arido e tra le spine. Le recenti elezioni francesi ci porterebbero a pensare che il mondo venga spinto sempre più verso destra: se cosi fosse forse vorrebbe dire che vi è una nuova consapevolezza nelle persone che li porta a pensare in un modo diverso dal nostro. La cosa che a me invece lascia perplesso è il fatto che invece le persone continuano comunque ad avere pensieri positivi, solo che per una serie di circostanze, diciamo pure per la mancanza di una progettualità reale della semina che si intende fare o perché no anche dalla paura per la drammaticità del momento le gente si affida a coloro che spingono sui mal di pancia e sulle insicurezze per cercare quella tranquillità che la politica non riesce più a dare. Mal di pancia e insicurezza, ossia terreno arido e spine che soffocano i germogli.
Oggi mi sento un tantino religioso e cosi mentre scrivo mi torna in mente il libro dell’Esodo e delle tante volte che Mose deve intervenire per impedire che il popolo liberato dalla schiavitù egiziana possa tornarsene con la coda tra le gambe proprio verso quella schiavitù dalla quale aveva impiegato secoli per potersi affrancare.
Questa se ci pensiamo è la storia recente del nostro mondo: le grandi lotte dell’800 e 900 avevano affrancato i popoli, quelli europei in particolare, dalle oppressioni del capitalismo e del feudalesimo. Le più grandi conquiste in materia di diritti per i lavoratori, in termini di salari, orari e condizioni di lavoro, istruzione, sanità, emancipazione, sono avvenute durante i due secoli scorsi. Se qualcuno pensa che il tutto sia stato possibile grazie ad una passeggiata si sbaglia di grosso: Il terreno delle battaglie è rimasto intriso di sangue, non solo quello dei tanti lavoratori ma anche quello di tanti dirigenti che non hanno esitato a mettere la loro vita a disposizione del bene comune: i buoni seminatori.
In questa ultima frase a mio avviso sta il segreto della buona semina che ancora oggi non riusciamo più a fare. Come pensiamo di fare un buon raccolto se non siamo disposti anche a sacrifici più estremi per il bene della causa comune?
Ho assistito negli ultimi decenni a diversi tentativi di ricostruzione di una entità politica che guardi ai valori storicamente di sinistra: tutti miseramente falliti e non perché non ci fossero delle buone premesse o delle buone intenzioni, ma fondamentalmente perché un po per la fretta, un po per la natura egoistica che negli anni ha conquistato anche il nostro modo di pensare ci ha portati a mettere al primo posto le ambizioni personali e spesso quelle dei nostri orticelli. Qualcuno mi ha detto che sarebbe necessario fare un reset della politica e ricominciare da zero; personalmente sono convinto che il vero reset di cui abbiamo bisogno è il nostro modo di pensare. Ecco, liberiamo le nostre menti dalle cose effimere, le ambizioni che ognuno di noi può avere sono nulla in confronto di un mondo più bello che potremmo lasciare ai nostri figli. Ritorniamo a guardare negli occhi i nostri simili e impariamo a leggere le loro angosce e i loro disagi. Vi garantisco che sentirsi utili a qualcuno più che ha se stesso da soddisfazioni molto più grandi e per quanto possa sembrare non abbia prodotto nulla nell’immediato alla fine ci porterà al raccolto più grande che è quello dell’idea che prima di qualunque cosa vengono i rapporti umani.

Tonino Ditaranto

domenica 15 novembre 2015

Colpire l’ISIS nel loro punto debole: accoglienza e integrazione.


Colpire l’ISIS nel loro punto debole: accoglienza e integrazione.
Quello che forse non è ancora del tutto chiaro dello scenario terroristico cui assistiamo negli ultimi tempi è il fatto che non ci troviamo di fronte a gruppi armati classici che usavano l’arma del terrore per minare dall’intero il sistema statutario di una nazione; quello che poteva valere per le BR in Italia, o per l’IRA in Irlanda, gruppi “terroristici” percepiti e ritenuti dalle rispettive intelligenze nazionali bande delinquenziali da combattere con le normali strutture poliziesche e non militari, ha continuato ad avere un senso anche con Al Qaeda e il suo leader storico Osama Bin Laden, che se pure in uno scenario diverso ed allargato con interventi anche oltre confine, era rimasto circoscritto ad azioni mirate contro poteri di Stati costituiti al solo scopo di innescare momenti di panico e di tensione o di colpire per ritorsione quegli Stati ritenuti colpevoli di aver in qualche modo defraudato dei loro averi le popolazione arabe. Le azioni di natura terroristica odierne si innescano in un contesto molto più raccapricciante e pericoloso, in quanto non sono semplicemente concepite  a colpire per ritorsione, ma hanno come obbiettivo primario quello di mandare il messaggio di una grande potenza di fuoco ai musulmani sparsi nel mondo che faticano nell’avviamento di un vero processo di integrazione culturale con i paesi ospitanti e quindi possibili adepti dello stato islamico che si intende costituire. Appunto lo stato islamico, o per meglio dire la riproposizione del califfato del settimo-ottavo secolo dopo Cristo, fondato da Maometto e cessato di esistere nel 1924 con il dissolvimento dell’Impero Ottomano. Gli stessi protagonisti di questo progetto tanto velleitario quanto pazzesco per gli obbiettivi che si propone in un mondo di natura completamente diversa rispetto a quello di alcuni secoli fa, non a caso sono due personaggi, un giordano il primo, Al Zarqawi che dopo un periodo di addestramento nei campi di Al Qaeda in Afganistan si trasferisce in Iraq e fonda il primo stato islamico definito ISI (stato islamico dell’Iraq) proprio perché in contrapposizione con l’idea di Bin Laden che preferiva la guerra agli USA mentre il giordano era per la guerra agli stati sciiti del medio oriente, e Abu Bakr al Baghdadi che divenuto capo del gruppo terroristico armato alla morte di Al Zarqawi, approfitta del caos lasciato dal ritiro degli americani dall’Iraq e della guerra settaria tra sunniti e sciiti per proclamarsi califfo del nuovo stato islamico di Iraq e Siria, dando cosi inizio ad una vera e propria guerra di conquista territoriale cominciata con la conquista di Fallujah e continuata con l’occupazione dell’intera area della cintura di Baghdad allo scopo di isolare il Governo della fragile democrazia imposta dagli americani. La differenza tra il terrorismo classico inteso sino a qualche anno fa e quello attuale del nuovo stato islamico, sta proprio nel fatto che Al Baghdadi non si limita agli attentati terroristici o alle decapitazioni dei cosiddetti infedeli, lo fa dimostrando una grande conoscenza dei meccanismi moderni di comunicazione per lanciare la sua campagna di proselitismo nel mondo e lo fa anche con una vera e propria guerra di occupazione dei territori che una volta si estendevano dal Nilo al Giordano per ridisegnare i confini del medio oriente. Il suo esercito avanza dimostrando una grande padronanza dell’uso delle armi, occupa territori, scaccia o trucida le popolazioni che non intendono sottomettersi alle leggi della più rigida tradizione sunnita ma nel contempo dove arriva costruisce strade, garantisce energia elettrica e offre una serie di piccoli privilegi fin’ora completamente interdetti al popolo dai governi filo occidentali o dittatoriali corrotti. Al Baghdadi ha dimostrato fino ad ora di saper dosare bene l’uso del bastone e della carota ed è in questo modo che intende continuare con il suo progetto di realizzazione del nuovo califfato.  Il dilemma di noi occidentali oggi è quello che di fronte ad una tale dimostrazione di capacità organizzativa dello stato islamico, non dimentichiamo che al momento può contare su un vasto territorio, quello siriano, ricco di pozzi petroliferi che gli garantiscono guadagni per oltre due milioni di dollari al giorno e di centrali elettriche, il dilemma dicevo è che non sappiamo se possa essere più funzionale una azione di guerra diretta contro le milizie di Al Baghdadi o continuare con l’appoggio esterno e il foraggiamento di armi e munizioni al governo siriano, a quello iraqeno e ai gruppi di dissidenti che combattono sia i governi istituzionali che le milizie sunnite dello stato islamico. Io credo che in entrambi i casi lo scopo non potrà mai essere raggiunto se nel contempo non si avvia una vera azione di ridistribuzione delle ricchezze, ma anche di diritti ai popoli del medio oriente. Quello che non va mai dimenticato è che ci troviamo di fronte a popolazioni costrette a vivere ai limiti della decenza umana, popoli che sentono forte la carenza di dignità e sovranità nazionale cosi come la possibilità di poter essere protagonisti nelle scelte e nelle decisioni dei propri governi. Per questo  tanti, soprattutto tra quelli che vivono fuori dagli stati arabi,  vedono nella costruzione di un nuovo califfato la possibilità (sbagliando)di poter essere finalmente protagonisti del proprio destino ed esultano anche di fronte a stragi di persone innocenti negli attentati di Beirut,  l’abbattimento dell’aero russo o gli attentati di Parigi. L’unico punto debole fino adesso dimostrato da Al Baghdadi e che lui non aveva previsto è il fatto che di fronte alla sua avanzata nella occupazione di nuovi territori, la stragrande maggioranza delle persone scappa e non accetta di sottomettersi a leggi di una estrema crudeltà ed inciviltà per i tempi moderni; scappano per venire da noi e trovano muri invece che ponti. A noi oggi la scelta, continuiamo ad innalzare pareti e darla vinta a quelli dell’ISIS o invece tendere la mano ai nostri fratelli e vincere per davvero questa assurda guerra?

Tonino Ditaranto

"14 Novembre"



Non alzerò barriere,
ne le finestre della mia casa
si adorneranno di fili spinati;
piangerò i morti
col dolore che viene dal cuore
e tramuterò la rabbia
in nuova consapevolezza.
Non c’è guerra che non possa
essere fermata dal desiderio
di pace di un popolo.


sabato 14 novembre 2015

LIBERO: I BASTARDI SIETE VOI

Sconfiggere la cultura dell’odio.

Il quotidiano Libero titola a tutta pagina “BASTARDI ISLAMICI” in riferimento alle terribili stragi di Parigi.
Stragi che sconvolgono noi tutti e che ci sprofondano in un grandissimo senso di rabbia e di impotenza di fronte a si tali azioni e attacchi alla nostra quotidianità. Questo però non deve mai farci perdere La ragione e affidarci alla generalizzazione nella ricerca dei colpevoli e della parte dalla quali arrivano i pericoli. Sotto gli attacchi del terrorismo oggi non è solo Parigi o il mondo occidentale; l’atroce notizia naturalmente ci scuote molto da vicino e ci colpisce nell’intimo al punto da spingerci verso sentimenti di reazione immediata. Non va dimenticato però che oltre a noi europei e cittadini del cosiddetto mondo occidentale, sotto gli attacchi del fondamentalismo e del fanatismo, ci sono da anni milioni di persone di cultura diversa dalla nostra, arabi e musulmani che vengono trucidati negli attacchi quotidiani nelle città del medio oriente, della Turchia e dell’Africa, gente che pure crede nello stesso Dio al quale si rifanno i terroristi, ma che vengono allo stesso modo massacrati e cacciati dalle loro terre. Quello che sta accadendo è solo frutto della cultura dell’odio e non è per nulla riconducibile a nessuna credenza religiosa di nessun popolo, popoli che al contrario sono le prime vittime di questa assurda mattanza. Chi non comprende fino in fondo tutto ciò è solo succube di una violenza culturale in atto o peggio come nel caso di Libero fautore della politica dello sciacallaggio e dell’odio che mira alla contrapposizione tra i popoli e le loro culture. Signori di Libero, i veri “BASTARDI “ siete voi. Coloro che si macchiano del sangue di vittime innocenti sono criminali ai quali non si può dare giustificazione alcuna e vanno combattuti con ogni mezzo e senza tentennamenti, ma quelli che si comportano come voi, che fomentano odio e incitano alla cultura del disprezzo e dell’intolleranza appartengono alla peggiore specie di vermi viscidi e striscianti.
Questa guerra si vince solo con la fraternizzazione tra i popoli e delle loro culture; la risposta migliore che La Francia poteva dare al terrorismo è venuta stanotte stessa dai suoi cittadini che hanno aperte le porte per accogliere le persone che scappavano dalla morte, senza guardare in faccia se fossero francesi o persone di altre nazioni.

Tonino Ditaranto

domenica 8 novembre 2015

Sinistra italiana al teatro Quirino? Ennesima operazione di paracadutismo.

Sinistra italiana al teatro Quirino? Ennesima operazione di paracadutismo.
Strano, ma rivedere nuovamente sullo stesso palcoscenico Vendola e Ferrero, mi riporta indietro nel tempo alla notte dei lunghi coltelli di Chianciano, quando al congresso di Rifondazione che doveva sancire l’ascesa di Vendola al posto di segretario nazionale, fu proprio Ferrero a togliergli la gioia con una rocambolesca operazione di altissima strategia, alleandosi con l’inimmaginabile al solo scopo di impedirne l’ascesa.
Vendola e Ferrero nuovamente insieme, e con loro i Fassina e i fuorusciti dal PD, quelli stessi cioè che dopo aver assistito inermi o partecipandovi anche da protagonisti con il loro voto complice in Parlamento, alla demolizione della nostra carta costituzionale, oggi paventano ripensamenti al solo scopo, a  mio avviso, di ricrearsi delle posizioni di rendita su altri lidi diversi da quelli del PD nel quale negli ultimi anni si sono inesorabilmente chiusi i rubinetti dai quali abbeveravano. Sinistra italiana, sinistrati o trombati, quella del teatro Quirino, altro non è che l’ennesimo tentativo di calare (paracadutare) dall’alto un soggetto politico che serve solo a scopi ed interessi personali  che nulla hanno a che spartire con la necessità e la domanda del popolo di sinistra di potersi finalmente riconoscere, nuovamente, in una comune casa del popolo.
Da tempo sostengo che non si può rifondare un soggetto della sinistra se prima non si riscoprono e si fanno propri i due valori fondamentali del nostro popolo che sono solidarietà e fratellanza. Lo stesso inno dei lavoratori, nelle parole iniziali del suo testo, recita “su fratelli e su compagni”; fratelli e compagni, ossia sentirsi parte di una grande famiglia ed essere disposti a dividere con gli altri il proprio pane, cosi come per decenni è stato e ci è stato insegnato nel mondo della sinistra dell’800 e del ‘900. Vedete qualcosa che possa essere riportato a fratellanza e solidarietà nella decisione dell’ex governatore pugliese di abolire i vitalizi per i consiglieri regionali a partire dal 2016, garantendo in questo modo per lui stesso l’accessibilità a quei vitalizi e ad un congruo gruzzolo di euro di buona uscita? Parliamo di qualche centinaio di migliaia di euro per intenderci. Un esempio stupido potrà pensare e dire qualcuno, ma un esempio che la dice lunga sull’attaccamento al denaro di questi presunti nuovi o vecchi paladini delle cose di sinistra. Un altro esempio? Che dire di quel Nicola Frattoianni, l’uomo dalla faccia d’angelo di SEL, che al congresso fondativo di Sinistra Ecologia e Libertà di Firenze fece valere tutto il suo potere che gli veniva dato dal maggior numero di iscritti in Puglia per monopolizzare il congresso e la successiva nomina degli organi decisionali alla faccia della rappresentatività di tutto il territorio italiano tanto decantato dallo stesso Vendola nei due interventi di apertura e di chiusura del Congresso? Frattoianni, non dimenticare che c’ero e proprio su questa questione avemmo una bruttissima discussione dietro le quinte del congresso. E che dire di quel Paolo Cento, mandato dallo stesso Vendola in Emilia per imporre alleanze con il PD ad Imola, e diversi altri comuni emiliani nonostante interi circoli si fossero espressi all’unanimità contrari a quelle alleanze dimostratesi poi disastrose? Con questi uomini non può esserci futuro per una nuova sinistra; questi sono uomini cresciuti all’insegna dell’arrivismo e della sete di potere. La loro attenzione ai problemi degli ultimi è solo una finzione. La loro unica paura è perdere posizioni di privilegi acquisiti e poter continuare a mantenere quei privilegi facendosi scudo di problemi che attanagliano il paese. Le formazioni politiche che si richiamano all’area di centro destra ho sempre saputo quali fossero e quindi nei loro confronti ho potuto avviare la mia azione politica con estrema lealtà; da qualche tempo, forse perché finalmente sono riuscito a togliermi la fetta di prosciutto che mi oscurava la vista, ho imparato a riconoscere anche coloro che si travestono da eroi ma che nulla hanno di eroico se non l’impavida ostinazione e l’abilità dimostrata nel defraudare il popolo dei propri sentimenti per usarli sciacallescamente per i propri interessi. Questo lo fanno quotidianamente Grillo e Casaleggio, ma anche tanti che si autodefiniscono comunisti o di sinistra ma che con il comunismo e la sinistra non hanno nulla a che spartire e dai quali dovremmo imparare a stare lontani.

Tonino Ditaranto

sabato 24 ottobre 2015

Via Gramsci: una rotatoria estremamente pericolosa.

E’ passato ormai più di un mese dall’inaugurazione della  nuova rotatoria di via Gramsci ma mi accingo solo oggi a scrivere alcune mie considerazioni al riguardo; non perché non avessi avuto da subito la netta sensazione che qualcosa non andasse, ma perché al fine di evitare che quelle sensazioni fossero il frutto di un qualsivoglia pregiudizio, ho voluto constatare nel tempo e con il suo quotidiano utilizzo se effettivamente i miei dubbi fossero dovuti ad una mia eventuale predisposizione negativa o veramente si trattava di qualcosa di più concreto.
Non voglio in alcun modo rivolgere critiche, ne agli amministratori ne a coloro che l’hanno progettata, di sicuro lo avranno fatto con le migliori intenzioni; di certo però sta il fatto che effettivamente qualcosa non funziona. Sono costretto a passare per quella rotatoria diverse volte al giorno per via del mio lavoro e non vi nascondo che ogni volta che mi accingo ad entrarvi sono attraversato da una sorta di patema come se potesse succedere qualcosa. Sono da sempre un sostenitore delle rotatorie, grazie al loro posizionamento in punti ed incroci nevralgici si sono aumentati gli standard di sicurezza e dato fluidità ad un traffico che spesso intasava la nostra cittadina per via dei numerosi semafori una volta presenti. Purtroppo non posso dire la stessa cosa della rotatoria in questione. Tralasciando aspetti tecnici sulla larghezza della carreggiata, sulla quale non voglio addentrarmi ne aprire una inutile discussione, mi preme sottolineare l’estrema pericolosità del passaggio pedonale che attraversa da parte a parte la rotatoria. La logica della rotonda vuole che il flusso del traffico venga incanalato correttamente all’interno di un percorso viario e una volta incanalato possa scorrere agevolmente senza creare ulteriori ingorghi ne potenziali pericoli. Qualcuno mi sa dire per favore quale logica vuole che una volta entrati in una rotonda uno poi debba essere costretto a fermarsi dopo solo dieci metri perché ci sono pedoni in attraversamento o peggio ciclisti della domenica che non hanno ancora capito che sulle strisce zebrate bianche si deve attraversare con la bicicletta portata a mano? Che senso ha un attraversamento pedonale che taglia in due una rotatoria di non più di quaranta metri quando a monte e a valle, a destra e sinistra vi sono passaggi pedonali notevolmente più sicuri?
Tutto questo sarà forse una mia masturbazione mentale? Non lo so, ma in attesa di poterlo scoprire vorrei esortare gli amministratori fidentini a valutare la possibilità di chiudere quell’attraversamento pedonale a mio avviso estremamente pericoloso, prima che qualcuno si faccia male sul serio.

Tonino Ditaranto

mercoledì 9 settembre 2015

Fidenza e il filo d'Arianna

Il filo di Arianna.
O Arianna Principessa di Creta, risorgi, dona anche a me umile mortale il tuo gomitolo di filo acché anch’io possa come il tuo amato Teseo ritrovare la strada in questo lugubre labirinto nel quale si è trasformata la nostra una volta ridente cittadina Fidenza.

Legherò un capo del filo a Coduro e cercherò di raggiungere l’altra parte della città seguendo ingannevoli cartelli indicatori che ti conducono da tutt’altra parte rispetto al posto in cui volevi arrivare e se come stamattina alla fine mi condurranno su una strada bloccata senza alcuna segnalazione (rotatoria Conad via Salsomaggiore), almeno potrò seguire il tuo filo e tornare sulla strada maestra.

lunedì 6 luglio 2015

Grazie Grecia

Grazie Grecia
Eccomi, sono rientrato adesso dopo una lunga giornata di un’afa indimenticabile; non ho ancora letto nulla di ciò che è successo oggi, a parte delle dimissioni di Varufakis da ministro delle finanze del Governo Tsipras. Senza volermi informare di niente, ho voluto mantenere per intera per tutta la giornata la grande emozione che la notte greca ha suscitato in me; una emozione di cui da tempo avevo dimenticato il sapore e che mai avrei pensato di poter rivivere cosi intensamente. Ieri sera guardavo in diretta gli aggiornamenti che arrivavano sull’esito del referendum greco e non nascondo che vedere quel 60 più sugli schermi per diverse volte mi ha riempito gli occhi di lacrime e il cuore pieno di gioia. Eppure la Grecia, per quanto vicina all’Italia, mi è sempre parsa un tantino lontana. Possibile che proprio da questa piccola nazione di poco più di dieci milioni di abitanti dovesse arrivare una risposta cosi forte alle tante mie frustrazioni degli ultimi decenni che spesso mi hanno anche portato a pensare che fossi io ad essere fuori dai tempi? Scelsi nel ’91 di restare fedele ad una idea che aveva contraddistinto la mia giovinezza, e con quella idea ho continuato negli anni ad inseguire un sogno che ogni giorno che passava mi appariva sempre più lontano ed irraggiungibile.  I miei discorsi periodici e il richiamo continuo alla dignità che ogni essere umano non deve mai perdere, cosi come la mia ostinazione al non chinare la testa che mi ha portato spesso a subire ritorsioni anche pesanti  al punto da dover lasciare la terra dove sono nato e che amo, mi apparivano negli ultimi anni privi di significato e qualche volta il frutto di un pazzo visionario fuori dalla realtà. Non so a voi, ma a me la grande lezione di democrazia e di grande dignità venuta fuori dalle urne del popolo greco, mi hanno riportato al presente e soprattutto hanno ridato un senso alle cose in cui ho creduto e per le quali mi sono speso anche a costo di rinunce personali e dell’intera mia famiglia in tutti questi anni. Sarà perché la mia terra, la Lucania, è anche la culla della Magna Grecia, sarà perché dopo anni in cui ho visto, anche a sinistra, solo squallidi personaggi attenti solo ai propri orticelli, oggi ho potuto ammirare il gesto di un grande uomo, Yanis Varufakis, che per il bene del suo popolo non ci ha pensato un istante a mettere da parte le sue pur giuste ambizioni personali, sarà per la miriadi di emozioni che sento attraversare il mio corpo per questa grande vittoria della democrazia, ma io oggi mi sento veramente di dire grazie a questo piccolo grande popolo che sconfiggendo la paura oggi ha detto al mondo intero che è possibile non chinare la testa.

Grazie Grecia. 

domenica 5 luglio 2015

Lettera aperta di un albero secco al Sindaco di Fidenza

Lettera aperta di un albero secco al Sindaco di Fidenza.
Caro Sindaco, sono anni che aspetto in queste condizioni che arrivi il mio turno di essere tagliato per poter finalmente ultimare il percorso per il quale sono stato piantato, cioè finire in un accogliente caminetto e dare cosi un caloroso tepore a qualche gentile famiglia. Purtroppo come può notare dalla foto che allego, nonostante le mia ormai esaurita salute, mi tocca rimanere li dritto in piedi, perdendo qualche ramo durante gli inverni a causa del vento, e questo solo perché, come si suol dire, non ho santi in paradiso che raccolgono firme e fanno petizioni perché ormai io non sporco più i tetti di nessuno, ne tra i mie rami nidificano uccelli che poi sporcherebbero di escrementi le macchine parcheggiate.
Alcuni mesi fa mi siete passati di fianco, avete tagliato e potato rami delle piante a me vicine, eppure per me nessuna attenzione. Oggi mi dicono che state tagliando altri alberi più giovani e robusti di me che potrebbero attendere  ancora per anni il loro turno e invece io rimango qui in attesa di un nuovo inverno a patire il freddo e la neve. E che diamine, finiamola una buona volta con le raccomandazioni, credo che io abbia più diritto di altri, dato le mie condizioni, di poter aspirare di finire in un caminetto.

Egregio Sindaco, confido nella sua bontà e grande magnanimità affinche quanto prima Lei metta fine alle mie sofferenze e mi dia il mio giusto meritato riposo.

sabato 4 luglio 2015

Piante malate o bufala?
In Salento le piante di ulivo risorgono, smascherando clamorosamente la bufala della Xilella e le tante perizie, alla luce dei fatti chiaramente fasulle, che ne ordinavano l’abbattimento ad ogni costo. Eppure stiamo parlando di perizie di rinomati studi agronomici e università europee che sembrerebbero al di sopradi ogni sospetto.
A chi giovava l’abbattimento di decine di migliaia di piante di olivo che ha spinto la comunità europea a spendere fior di milioni in perizie smentite dalla natura stessa?
Ho voluto riportare la notizia della risurrezione degli ulivi del Salento solo come esempio e per ricordare a noi tutti e prima degli altri a me stesso, che quello che molte volte prendiamo per oro colato o come verità assoluta, in effetti alla fine si rivela essere un clamoroso errore umano o degli strumenti che abbiamo a disposizione. La scienza è piena di esempi di errori clamorosi, dalla medicina a tutti gli altri settori della sua applicazione, per questo il buon senso suggerisce, ove non vi siano evidenti casi di reale urgenza, di ripetere analisi e verifiche o acquisire pareri di altri studiosi al fine di evitare errori irreparabili come nel caso dell’abbattimento di dieci straordinari esemplari di cedro atlantico di Via Antelami.
L’analisi visiva dei monconi di tronchi rimasti, la loro consistenza, l’assenza evidente di funghi e la misurazione del diametro delle piante, di misura di gran lunga superiore a quelle riportate nella perizia che ne ordina l’abbattimento,  a me che sono inesperto ma anche a tutti coloro che abitano nelle immediate vicinanze o che sono passati in processione ad osservare lo scempio, ha dato una impressione diversa rispetto a quella di piante malate e meritevoli di abbattimento; allora era davvero necessario intervenire con tale tempestività anche senza alcun evidente segnale di pericolo reale? Non si poteva al limite intervenire con una semplice messa in sicurezza con una normale potatura dei rami secchi ed attendere altri pareri? La storia dell’Italia è piena di situazioni in cui nessuno sa darsi risposte di fronte a scelte cui non riusciamo a capire, ma è anche piena di fatti, e le ultime vicende della nostra capitale lo dimostrano, dove poi si scopre che spesso il bene comune diventa oggetto di uso improprio e a beneficio esclusivi di interessi di parte. Sicuramente non sarà il caso di Fidenza, ma come si dice, quando uno si scotta con l’acqua bollente, alla fine anche poi ha paura anche dell’acqua tiepida e dal momento che lo scempio di via Antelami non è unico nella storia fidentina ma è solo il prosieguo di analoghi episodi degli anni precedenti e che hanno visto avvicendarsi amministrazioni di diverso colore, allora il dubbio che ci possa essere qualche regia che esula dalle stesse amministrazioni e che il taglio sistematico di piante possa nascondere progetti di altro tipo diventa ogni anno che passa sempre una ipotesi più concreta. Io
 naturalmente non sono in grado di individuare chi possa stare dietro una regia di questo tipo, ne quali possano essere tali progetti, ne voglio avanzare accuse verso alcuno, ritengo tuttavia che sia dovere civico di ognuno di noi e di chi gestisce la cosa pubblica, avere un approccio meno semplicistico verso il bene comune e prima di arrivare ad atti estremi adoperarci in tutte le maniere per la sua salvaguardia.

Tonino Ditaranto

martedì 30 giugno 2015

Il motosega!!!

Se qualcuno non se ne fosse accorto visivamente, di sicuro però avrà avuto modo di prestare orecchio al rumore assordante dei motosega in azione che in questi giorni stanno devastando il patrimonio arboreo fidentino. Pare che tutto sia nella regola; delibere di giunta, ordinanze sindacali e fin'anche relazioni tecniche che comprovano il precario stato di salute delle piante che vengono abbattute. Io non sono un esperto in materia, ma alcune cose di certo le conosco, come le conoscono anche i bambini delle scuole elementari.
1) da che mondo è mondo nessuna pianta può essere abbattuta o anche semplicemente potata durante il periodo della nidificazione degli uccelli;
2) a vista evidente dei tronchi delle piante abbattute, esse non presentano alcun sintomo di marciume interno;
3) nelle immediate vicinanze dei tronchi non si rilevano rigonfiamenti del terreno circostante o crepe nella sede dei marciapiedi o delle strade al punto da ipotizzare un immediato pericolo di cedimento delle piante;
4)da informazioni raccolte personalmente, pare che la stragrande maggioranza degli abitanti di via Antelami fossero completamente all'oscuro dell'imminente taglio delle piante di quella zona e che gli stessi sono stati informati esclusivamente con un divieto di sosta temporaneo per lavori in corso;
5) sempre a detta di alcuni cittadini di via Antelami, le uniche lamentele al riguardo nei confronti di quelle piante sarebbero state quelle della polvere gialla che sporcava i balconi di qualcuno;
6) in via Costa, all'altezza della biblioteca comunale, con la regolarità di una o due piante all'anno, sono state eliminate diversi alberi in fila, al punto che qualcuno ipotizzava che l'intero tratto adesso sarebbe indicato per eventuali parcheggi.
Mi fermo qui per il momento, con una riflessione che mi porta ad affermare che forse ci sarebbe meno bisogno di delibere, ordinanze sindacali, o relazioni tecniche molto discutibili, ma più attenzione alla sensibilità che noi tutti essere umani dobbiamo dimostrare verso l'ambiente che ci circonda.
Tonino Ditaranto

mercoledì 10 giugno 2015

Ciao Enrico

Ciao Enrico,
son passati 31 anni da quel infausto giorno del giugno dell’84 quando decidesti di lasciarci; già tanto tempo dicono in tanti; poco più di una generazione dico io invece che guardo al tempo con gli occhi della storia. Eppure nonostante fu ieri l’altro che ti detti l’ultimo saluto in quella piazza gremita di milioni di uomini, questo ultimo trentennio ha sovvertito il corso naturale della storia con cambiamenti epocali che neanche una mente futurista come la tua avrebbe mai potuto ipotizzare. Ricordi, fu alla festa dell’Unità alla mostra d’oltremare di Napoli nel 76, quella festa che tu tanto volesti, affinché con il lavoro volontario di noi comunisti, Napoli e i napoletani potessero nuovamente godere di uno spazio interminabile abbandonato da oltre trent’anni. Ritenevi appunto che non si poteva essere un partito di popolo se non si fosse disposti a donare qualcosa anche con il nostro lavoro a quel popolo. Fu appunto durante il comizio di chiusura di quella straordinaria festa che facesti uno dei più forti richiami ai diritti dei popoli, alla necessità che tutto il mondo progressista si levasse a baluardo di tali diritti esprimendo nel contempo la ferma condanna per le oppressioni del popolo Palestinese e del popolo Kurdo. Ironia della sorte, lo avresti immaginato che neanche vent’anni dopo sarebbe stato un giovane rampante che era sul palco al tuo fianco, un tal Massimo D’Alema, a consegnare nelle mani dell’oppressore turco il capo del popolo Kurdo Ocalan? Lo so non potevi immaginarlo, altrimenti saresti stato tu stesso a sbatterlo fuori dal nostro partito a calci nel sedere. Come non avresti mai potuto immaginare che un altro che con te era nella segreteria nazionale del PCI un giorno sarebbe diventato Presidente della Repubblica e che durante il suo mandato, anche grazie alla sua complicità, la nostra Costituzione, i diritti dei lavoratori per i quali tu non avevi esitato a picchettare davanti ai cancelli di Mirafiori solo alcuni mesi prima della tua morte, sarebbero stati completamente cancellati nei loro valori più eccelsi e puntualmente da te e da noi sempre difesi da qualunque attacco reazionario, anche con grande sacrificio di sangue di tanti nostri compagni. Vedi Enrico, il tempo è volato via da quell’11 giugno dell’84 e col tempo purtroppo sono volate via anche tante nostre speranze. Denunciavi al Parlamento il rischio che la corruzione e il mal’affare potesse impadronirsi dei partiti ma non potevi immaginare che sarebbero stati proprio i partiti a divenire tutt’uno con corruzione e mal’affare ma anche con mafia, camorra e qualunque altro tipo di criminalità organizzata. Durante un altro comizio ricordo che avevi citato l’episodio di un compagno segretario di una sezione che era rimasto ucciso perché si era opposto ad una rapina in una banca; lo portasti ad esempio perché era cosi che volevi che fossimo noi comunisti; persone per bene che potessero essere modello di vita per l’intera società. Ecco Enrico, era questo che mi affascinava di te, la tua capacità di infondere nei nostri cuori il desideri di sentirci veramente utili e poter dare qualcosa, anche con i più semplici comportamenti quotidiani  a  questa nostra nazione.
Sai Enrico, mi sono sempre chiesto se tu un giorno potessi tornare se anche tu come me avresti provato quel grande senso di vomito che oggi io provo quando guardo ciò che è divenuto quello che un giorno era il nostro partito. Avverto spesso un senso di grande sconforto; vien voglia di mollare, non una resa ma semplicemente di dire vabbè lasciamo le cose come stanno, ma poi mi torni alla mente quando durante il terremoto dell’80, insieme a noi, li tra i morti e le macerie dell’Irpinia distrutta ci desti la più grande lezione di vita e ci insegnasti che dopo ogni caduta bisogna sempre rialzarsi.

Grazie Enrico, solo chi non ti ha mai conosciuto non potrà mai capire cosa era il PCI.

venerdì 1 maggio 2015

Viva il Primo Maggio

Carissimi amici, carissimi compagni,
sono appena tornato dal corteo del Primo Maggio, come ogni anno, ma con una rabbia maggiore dentro che ti spinge a riflettere una volta di più su ciò che vuol dire Primo Maggio.
Mi rendo conto del grandissimo rischio di essere apostrofata come una giornata piena di retorica che corre la festa dei lavoratori e diversamente non potrebbe essere se si considera lo spaventoso buco nero in cui è caduto l’intero mondo del lavoro; del resto stiamo vivendo la continuazione di un ventennio in cui le truppe delle grandi lobbie finanziarie hanno portato con veemenza uno dei più feroci attacchi al mondo del lavoro e al sacrosanto diritto dei lavoratori di vivere con dignità la propria vita del frutto del proprio lavoro.
E non potrebbe del resto che definirsi retorica se ci fermassimo solo a guardare la passerella dei tanti bei cortei con tanto di banda musicale e primi cittadini con la fascia in testa al corteo  pronti ad imbellettarci di frasi fatte e scontate, divenute nel tempo irritanti e privi di contenuto.
Questo è il grande rischio che corre il Primo Maggio ma è anche, purtroppo, la sensazione che in tanti ormai avvertono.
Ieri sera qualcuno ha postato la foto di un Primo Maggio di trenta anni fa; alcune bandiere rosse e tante facce di lavoratori con sul volto scolpito i segni della fatica, (alcuni dei quali purtroppo non più presenti tra noi), ma con il sorriso sulle labbra fieri di essere li nella piazza a testimoniare quanto grande fosse per loro il simbolo del diritto al lavoro e alla libertà. Una foto che mi ha inorgoglito, che ha rigenerato in me quella volontà di continuare a combattere e rifiutare la resa.
Se c’è un Primo Maggio che non deve sapere di retorica è questo Primo Maggio.
Accettare di far passare il Primo Maggio per una semplice commemorazione è sinonimo di resa che non possiamo permetterci ed è giusto quello che i nemici dei Lavoratori vogliono per renderci schiavi e aumentare il loro potere ricattatorio sul mondo del lavoro che annienta la dignità delle persone.
Non possiamo arrenderci, lo dobbiamo alle migliaia di giovani disoccupati, a coloro che lavorano con contratti capestro per poche centinaia di euro al mese con la spada di Damocle del non rinnovo del contratto fissa sulla testa; lo dobbiamo a coloro che un lavoro ce l’hanno ma che grazie al job act voluto dal Governo agli ordini dei padroni si ritrovano oggi anch’essi con il rischio reale di essere licenziati dall’oggi al domani. Lo dobbiamo ai tanti giovani che con grandi sacrifici hanno conseguito una laurea e che hanno come unica prospettiva quella di dover espatriare per non cadere nel vortice avvinghiante della disoccupazione dove altrimenti sarebbero condannati; lo dobbiamo a quei giovani che sono stati assunti con la misera paga di quattro euro all’ora per lavorare alla passerella dell’expo dove Governo e grandi catene alimentari mondiali si fanno la bella faccia alle spalle di poveri cristi.
Lo dobbiamo ai lavoratori e le lavoratrici delle cooperative, che oggi risultano essere tra i più maltrattati in assoluto solo perché anche il mondo della cooperazione si è piegata alla logica della concorrenza sleale e spesso della corruzione; lo dobbiamo a quei lavoratori e lavoratrici della scuola e del servizio pubblico che vedono a rischio ogni giorno il loro lavoro perché qualcuno si è inventato il sistema delle privatizzazioni per poter costruire un servizio di collocamento parallelo dove la meritorcrazia e il bisogno vengono messi da parte e al primo posto prevale la logica delle assunzioni dell’amico e dell’amico dell’amico.
Amici e Compagni, questo è stato possibile perché per oltre un ventennio abbiamo smarrito l’orientamento; abbiamo fatto si che il Primo Maggio divenisse la passerella di servi al servizio di coloro che vogliono il lavoro un privilegio e non un diritto fondamentale per l’emancipazione dell’uomo.
Il Primo Maggio è roba nostra, è il rinnovare il nostro impegno a non farci calpestare da nessuno.
Non lasciamoci defraudare, viva il Primo Maggio.

Tonino Ditaranto

lunedì 27 aprile 2015

DIFENDIAMO LA DEMOCRAZIA

Stando alle dichiarazioni dell’On Arturo Scotto, capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà alla Camera dei Deputati, sarebbe in atto in queste ore un vero atto intimidatorio da parte di deputati renziani che con telefonate ricattatorie ad altri colleghi Deputati cercano di impedire che l’italicum vada sotto nelle votazioni previste nei prossimi giorni. Definire vergognoso un simile atteggiamento non rende giustizia alla vera natura di ciò che sta accadendo; è in atto un vero e proprio colpo di stato che mette a rischio la Democrazia e l’intero ordinamento democratico della Repubblica nata con il sacrificio di migliaia di giovani partigiani che hanno pagato con la morte l’amore per la libertà.
Noi cittadini italiani abbiamo il dovere di difendere con ogni mezzo la Democrazia da questo ulteriore attacco reazionario che vuole ricacciare l’Italia indietro nel tempo e renderla schiava della peggiore specie di avidi balordi interessati esclusivamente ai loro loschi affari.
Se il ricatto del nuovo ducetto dovesse andare a buon fine per l’Italia si aprirebbe una fase di oscurantismo che non possiamo assolutamente permetterci.
Democratici e antifascisti italiani, è ora di scendere nelle piazze; difendiamo la Democrazia e la Repubblica nel nome della resistenza e dei giovani Partigiani che sacrificando la loro vita ci hanno regalato la libertà.

Tonino Ditaranto

giovedì 23 aprile 2015

25 Aprile! Resistenza è:


25 Aprile, resistenza è:
Difendere la Democrazia e la Costituzione;
Combattere La corruzione;
Combattere la mafia;
Combattere le logiche spartitorie e il pagamento di cambiali elettorali;
Accogliere le persone che fuggono dalla fame e dalle guerre;
Impedire il massacro di gente inerme da parte della grande finanza assetata di denaro;
Combattere i terroristi e chi li finanzia;
Assicurare a tutti il diritto allo studio, alla sanità, ad una vecchiaia tranquilla attraverso strutture pubbliche ripudiando le logiche che vogliono oggi una scuola, una sanità e case protette affidate a privati che al primo posto mettono il loro guadagno;
Garantire la dignità di tutti gli esseri umani attraverso il lavoro, il diritto a vivere la propria vita alienato da qualunque forma di razzismo che di fatti ne limitano la libertà individuale.


Fino a quando avremo un Governo che calpesta sistematicamente Democrazia e Costituzione;
Fino a quando avremo un sistema che favorisce mafia e corruzione;
fino a quando avremo Amministrazioni pubbliche gestite da politici che favoriranno la privatizzazione della scuola, della sanità, affideranno i nostri anziani alla mercè di ditte private attente solo ai loro interessi;
Fino a quando assisteremo inermi alla morte di migliaia di disperati nei nostri mari o sterminati dai mercanti di morte nei loro luoghi di origine;
Fino a quando non impareremo a rispettare i nostri simili, ad accoglierli ed aiutarli come altri hanno fatto con noi in passato;
Fino a quando il lavoro sarà oggetto di ricatto e l’uomo sarà schiavo dei pregiudizi e dei luoghi comuni che ci fatti annientano la sua dignità;
Fino a quando non avremo ripudiato e messo al bando con i fatti concreti tutto questo, allora non ci potrà essere 25 Aprile, e i nostri Partigiani saranno morti invano.


Tonino Ditaranto

mercoledì 22 aprile 2015

T ni sciut luntan.... (pensieri di Nicola Luberto)

PENSIERI E RICORDI
T ni sciut luntan..ma
I t'aspett quà
sott a stu cil scur
pur se non iè staser
tu da quà i passà
fors a na passà i mis... l'ann
ma semp quà mi cchià
i non m mov da quà
o sacc ca m sint
t'aspett pchè na teng nint da fà
i pozz aspttà
u sapim nui pcchè
Te ne sei andato lontano..ma
io t'aspetto quà
sotto a questo cielo scuro
anche se non è stasera
tu da quà devi passare
forse passereranno i mesi gli anni
ma sempre quà mi devi trovare
io non mi muovo di quà
lo so che mi senti
ti aspetto perchè non ho nulla da fare
io posso aspettare
lo sappiamo noi perchè
(tratto da Canio Loquercio musicista lucano)
La perdita è lacerante...con tutti gli sforzi possibili e immaginari, c'è sempre un vuoto incolmabile.
I pensieri in questi giorni sono come i nuvoloni che oscurano il cielo e insieme ai tuoni che
lanciano saette, prima di trasformarsi in pioggia scrosciante come le lacrime che ci riempiono gli
occhi...
Le disquisizioni sulla vita e sulla morte, discusse tante volte insieme, adesso preferisco lasciarle ai
filosofi, ai santoni, agli sciamani, perchè nel dolore e in mancanza di razionalità è difficile
distaccarsi e cercare di colmare la voragine creatasi nella perdita.
I ricordi si accavallano, partendo dall'infanzia vissuta parallelamente, quasi in simbiosi perchè
costretti dagli eventi che hanno determinato la vita della nostra famiglia .
Papà, Innocenzo, Girolamo e Giuseppe, Pietro già emigrati in una terra lontana, e noi con mamma
ad aspettare l'estate o il Natale che ci avrebbe portato i regali nelle enormi valige o nelle prime
macchine tedesche...ricordi la prima bicicletta con i freni a pedale???
non si era mai vista a "lu puzz di vign"...
Le serate intorno alla stufa a legna nel cucinino con mamma che preparava la cena....l'impasto
mattutino del pane che serviva per 15 giorni,..il sequestro delle scarpe d'estate per non consumarle,
e a piedi scalzi a scorazzare sulla strada a malapena asfaltata che bruciava come la pece calda, con
le carrozze fatte con le tavole e con i cuscinetti meccanici...alla mattina a vedere i primi film in
bianco e nero in televisione a casa di cumma Tares , tutti seduti per terra in silenzio per non dare
disturbo.
Mamma ci mandava a fare la spesa da cumpà Antonio Raciupp o da Pzzchin con il libretto per
segnare il conto e saldarlo quando arrivavano i soldi dalla Germania.
La vergogna di andarci a tagliare i capelli..sempre alla "Umbert" da Pitr Mscon...e mentre
aspettavamo il nostro turno.. c'era sempre gente che giocava a dama, a scopa, discuteva...e prima di
cominciare ci domandava sempre a chi appartenevamo e noi a rispondere..
sim i figh d Catarin e Manuel u brasles.
I ricordi di quando andavamo a trovare Mammarann Bruna che ci raccontava del Brasile dove erano
emigrati e intercalava sempre qualche parola di portoghese..
Tattarann Giuseppe che scavava con il pico a grott, la cantina di arenaria, con il suo viso arcigno
sogghignava quando ci vedeva, ma difficilmente ci sorrideva.
Lo sposalizio di Bruna con Pietro con l'esposizione in casa del corredo, i mscuttl, biscotti fatti in
casa e il rosolio di tanti colori a raffreddare sulla finestra, la festa al forno di Toruccio e
Maria...precocemente siamo diventati zii..le scorribande con il passeggino con Leonarda prima e
Franco subito dopo..lanciato nelle discese e ripreso al volo
La scuola popolare di musica fatta da "mest Luig u falgnam", dove abbiamo cominciato ad
apprezzare un'arte che ci ha fatto da colonna sonora e accompagnato negli anni...e il rientro a casa
suonando per le vie
Il ritorno definitivo di Innocenzo dalla Germania che da subito aveva assunto le veci di papà, sia
prima che dopo la sua morte. Certo ci costringeva a mangiare a forza le cotiche di maiale ( i scurzl)
tanto odiati, ma facevano parte dell'economia di casa...il maiale come ricchezza per la famiglia,
comprato alla fiera di Sant'Innocenzo e allevato alla casedda costruita da papà con il tetto di canne
e fango e noi facevamo a turno a portargli da mangiare..(.a trumbat) , un secchio pieno con sempre
arricchito di erbe selvatiche "a saltuscn", che avrebbe dato sapore alla carne..tagliando in mezzo ai
campi per fare prima e tornare a giocare in strada...il rito della macellazione e la prova iniziatica del
più piccolo a mantenere la coda per vincere la paura, la trasformazione della carne che diventava
una festa con il soffritto delle interiora ....
Con il senno di poi era una grande lezione morale di dignità, in una società di sprechi come quella
di oggi. Cenzino ci spronava a studiare, per capire e arricchirci culturalmente, avvicinandoci alla
politica attiva, leggendo e diffondendo l'Unità alla domenica, i primi incontri in sezione con i più
anziani compagni che ci guardavano un pò storti perchè si cominciava a portare i capelli lunghi.
Alla domenica ci dava sempre dei soldi per non farci sfigurare con gli altri amici...guai a
fregarglieli dal cassetto chiuso..si incazzava come una belva
L'impatto terribile con la malattia e la morte precoce di papà....noi ragazzini che abbiamo dovuto
crescere forse più in fretta di altri.
Ci ha lasciato un vuoto incredibile....ma eravamo ammaliati dalla sua inventiva...la prima moto
Aermacchi 250...la 600 Multipla per fare il noleggiatore, il camion per i trasporti di sabbia e pietra
dal fiume, le gite al mare a Scanzano da zia Amabile o i ferragosti con le scorte di cibo, pasta al
forno, i mulugnam ripien, carne da arrostire e un immancabile enorme anguria( u mlon), partendo
presto per trovare sempre un buon posto dove accamparci "a lu placc" o al santuario
"d Sant'Antun"....rimasto nel tempo luogo preferito di rifugio per brevi scampagnate al nostro
ritorno a Grassano, anche solo per una birra e un pò di fresco a contemplare panorami sconfinati e
mutanti nelle stagioni...
Il percorso scolastico e i fine settimana a fare i camerieri per essere autonomi e non pesare
sull'economia precaria della nostra famiglia.... alla sala Pontillo ( u pciut), a Castelmezzano, al
Parck Hotel di Potenza con Pasqual zac zac....ma anche e soprattutto l'attività politica..tu a Matera e
io a Potenza...la nascita della cellula del FGCI, orgogliosi che era una delle più forte e numerosa
della provincia....quante volte vi ho sgridato a te, Pinuccio, Pasquale Rocco e altri...perchè non si
studiava mai abbastanza Gramsci..Lenin....le manifestazioni e le scritte a grassano contro
Almirante...quando in forma teatrale abbiamo impedito al ministro Colombo di parlare in piazza
mettendo in scena il lamento delle vedove bianche..o dell'antica tradizione delle Prefiche
"i chiangiamurt".
La nascita del gruppo teatrale con Carmine, Piero Centolanza, Fascella....tutti a casa di Margherita a
bivaccare, come forma di collettivo politico per il recupero della memoria e della storia lucana che
si disperdeva man mano che i treni pieni di Grassanesi partivano per Torino, Milano.....
Le messe in scena e rappresentazioni nei paesi con la figura del banditore "u scetta bann"
(ti ricordi quando papà gli fischiava dalla finestra e si nascondeva???) ad annunciare il racconto di
una storia " a terr ngè e nann a voln dà" realmente vissuta dai nostri contadini..
Memoria e storia che ci apparteneva perchè papà prima con le occupazioni delle terre e Innocenzo
poi con il suo impegno nel sindacato sono stati sempre in prima fila a difendere la dignità e i diritti
calpestati degli ultimi.
I pomeriggi con gli zaini a spalla a girovagare per gli uliveti a raccimolare i resti della raccolta e che
ci permetteva di fare sempre una macinata di olio a " lu trappit"
Il tempo vola..sembra ieri che mi hai raggiunto a Parma per studiare Veterinaria, ma sono passati 35
anni...le serete al macello occupato..all'osteria della Rosa...le scorribande con la mia Vespa 150 a 3
marce, il venerdì che passavo a prenderti in casa albergo e andavamo a mangiare il pesce...i fine
settimana tutti a San Vitale Baganza dove mi ero trasferito da solo prima e con Mila dopo..con
Giuseppe il siciliano, Zaccaria e i tanti che passavano e intorno al camino con l'immancabile pasta
asciutta a discutere di problemi sociali, di Palestina, del fronte democratico di Habbass piuttosto
che di Arafat, con la Renault 4 di Ombretta ad accerchiare la centrale nucleare di Caorso...le nebbie
che ci facevano piangere e rimpiangere i colori brulli e aridi della nostra lucania...
Parafrasando Bertol Brecht...
"da subito ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati"....
Tra un servizio da cameriere da Cosimino al Faro, a Villa Ceci a Collecchio con Euro che si
incazzava e ci invidiava perchè il Cavaliere privileggiava noi due facendoci fare i servizi alla carta,
piuttosto che servire ai matrimoni.
Le vacanze in Corsica a dormire in tenda con i cinghiali intorno...la sbronza di pastis che abbiamo
preso a Corte con i militanti del fronte di liberazione corso...e i bagni nell'acqua gelata
nell'entroterra corso arido e brullo come la nostra Grassano.
La passione per andare a trovare i funghi ad Albareto, come momento per stare insieme,
coinvolgendo anche Girolamo, nostra spina nel fianco, perchè quasi sempre isolato nei rapporti con
gli altri... e tua suocera la Mina che ti prendeva in giro perchè io ne trovavo quasi sempre di
più...finiva sempre con una pastasciutta con i funghi freschi, l'immancabile bottiglia di lambrusco
di Maurino, il bargnolino di annata e il resto dei funghi che davamo a Girolamo già secchi per la sua
scorta.
I lunghi viaggi in macchina quasi sempre fuori stagione a trovare mamma, dove non smettevamo di
chiacchierare con il sottofondo musicale, un mix di jazz, Paolo Fresu, Andrea Parodi, Daniele Sepe,
Enzo Avvitabile, Paco de Lucia e Gaetano Veloso, Cesaria Evola e il Fado nostalgico di ricordi
lontani che si attutiva in noi quando cominciavamo a respirare aria di casa..
La telefonata di sorpresa che gli facevamo quando mancavano pochi chilometri e sistematicamente
andava in agitazione perchè a suo dire non aveva niente in casa da mangiare.
Le discussioni mattutine, lei ancora a letto e noi seduti sopra "u cascion" con il caffè fatto sempre
con l'aggiunta del cucchiaino di orzo mischiato alla miscela normale....retaggio dei ricordi di
quando lo tostava in casa sulla stufa.
Il Vangelo, i Valdesi, la curiosità sorniona di mamma di voler sapere e conoscere i nostri pensieri sul
mondo..il rito della spesa e le litigate perchè non volevamo la carne e invece preferivamo che ci
cucinasse le pietanze antiche " cavatidd e rap..faf e cicorie...past e fasul".. e mangiare nel cucinino
dentro "a spas" di terracotta..e la frase che immancabilmente ci ripeteva..." la gent s mang la lecc
e la mecc e vui nint".
I giri al cimitero diventavano una rivisitazione della storia delle persone e delle famiglie da noi
conosciute o no..
I mesi che mamma trascorreva a Parma in via Gramsci con le porte aperte sullo stesso pianerottolo
dove abitavi con Franco, Assam, Marinella e Pino Conversano.
Certo ci siamo incazzati, litigato, avuto incomprensioni ripianate con uno sguardo o frutto di lunghe
discussioni...
Noi due, i più piccoli, a volte ci siamo assunti responsabilità enormi nella famiglia per cercare di
risolvere i problemi che nascevano... Franco con tutti i casini che ha creato, i litigi tra Cenzino,
Giuseppe e Girolamo per i confini e noi a cazziarli per la loro stupidità nel mettere da parte i
sentimenti che ci univano...ma quando le poche volte che ci si trovava a Grassano e giravamo
schierati fianco a fianco in Meridionale per lo struscio, la gente si girava a guardarci, i vi i braslis...
L'esperienza terribile della malattia di Cenzino, la rabbia per non aver potuto intervenire prima, ma
anche la consapevolezza di avergli alleviato la fine...le interminabili discussioni sui libri
accompagnate da pinte di birra tedesca..
Il sorriso che abbiamo trovato sul viso di mamma quando è morta, come a coronare il suo sogno di
morire in casa sua, aspettando la chiamata del suo Signore Gesù Cristo e non disturbare nessuno..
Ci vorrà tempo per accettare un distacco traumatico e violento, ma credo che forse questi pensieri e
ricordi servono a rimettere in fila il senso della vita vissuta parallelamente....
" Chi semina vento raccoglie tempesta"....... non sempre è così
Non hai potuto vedere quanta gente si è stretta intorno a noi, a manifestare incredulità, sgomento,
dolore, con le lacrime che scrosciavano e i pugni chiusi sotto le note di Bella Ciao o il suono mesto
del Sax che ha accompagnato la tua sepoltura.
Il riconoscimento di una vita non banale nei rapporti con e tra la gente che ci lascia anche una
eredità, un impegno a portare avanti le tematiche a te care, l'ambientalismo, la stupidità della
guerra, il razzismo, l'abbattimento dei recinti che ci permettono di arricchirci e contaminarci con le
altre culture, contro l'indifferenza e la mancanza di indignazione...ma anche e soprattutto il riscatto
per la dignità delle persone per cercare di vivire in un mondo migliore....
Sarà dura ma te lo meriti.
Buon viaggio fratello verso quell'ignoto mai abbastanza esplorato
Nicola

venerdì 10 aprile 2015

Ciao Rocco

Si dice che il tempo lenisce i dolori, non so quanto potrà essere vero, sta di fatto che non riesco proprio a capacitarmi che tu non ci sei più.  Ho sperato più volte in questi giorni di potermi risvegliare da un bruttissimo sogno e di chiamarti per poter prendere un caffè e insieme ridere e scherzarci sopra come spesso abbiamo fatto e continuare a prenderci in giro cosi come tanto ci piaceva fare. Era il nostro modo di dimostrarci quanto grande era l’affetto che ci legava, un legame che affonda le proprie radici nei lontani anni settanta e che nel tempo è cresciuto al punto di essere diventato una grande quercia che intemperie e avversità non sarebbero mai riuscite a scalfire.
In tanti in questi anni mi hanno chiesto che senso ha continuare ad avere un ideale come punto di riferimento; ecco oggi la risposta mi viene naturale: avere la fortuna di aver avuto come compagno di lotta uno come Rocco Luberto ti ripaga di tutte le delusioni, le amarezze e le mazzate sulla schiena che la politica ci ha riservato e che ogni volta puntualmente ci siamo messi alle spalle consapevoli che l’emozione che si prova nel combattere  per un mondo migliore è la gratificazione più alta che l’uomo possa ricevere.

Arrivederci Rocco, vai per la strada che il destino ha voluto tracciarti, un giorno ci rincontreremo, ma fino ad allora continuerò la battaglia anche per te e se mai dovessi avere dei tentennamenti mi basterà ricordare l’amico, il fratello, il compagno che sei stato.
Tonino

sabato 21 febbraio 2015

Proposta di costituzione di osservatorio ambientale cittadino

Abbiamo parlato spesso negli ultimi tempi delle problematiche legate all'ambiente che si sono verificate  a Fidenza. Quelli relativi a Solveko, con le analisi fuori norma dell'estate scorsa, e l'incidente del mese scorso che ha visto due donne fidentine ricorrere alle cure del pronto soccorso per problemi respiratori, non sono gli unici problemi legati all'ambiente che coinvolge la nostra collettività; vi sono altri casi meno eclatanti ma riguardevoli anch'essi di uguale considerazione e che spesso vengono presi sotto gamba anche perchè i tagli del Governo centrale alla spesa degli enti preposti al controllo ambientale non consentono un monitotaggio ottimale dello stato di salute del nostro territorio.
E' per questo,  senza alcuna polemica o eventuali retro pensieri, che mi accingo a lanciare la proposta della costituzione di un comitato cittadino, che veda coinvolte alche le forze politiche e associative, che si assuma il compito di affiancare le Istituzioni preposte nel monitotaggio del territorio fidentino al fine di ottimizzare, anche con contributi di medici e tecnici volontari esterni, il lavoro degli enti preposti alla salvaguardi della salute del nostro territorio.
Mi auguro vivamente che questa mia proposta possa essere in qualche modo accolta e elaborata in primo luogo dall'Amministrazione comunale e da tutto il panorama consigliare al fine di fare fronte comune per la tutela dell'ambiente in cui viviamo.
Tonino Ditaranto

sabato 7 febbraio 2015

il peso dell'omertà

MAFIA
Ti sveglierai un giorno con la schiena curva
senza alcuna caduta, senza alcuna malattia,
senza riuscire ad alzarti
tanto forti saranno le sferzate ricevute.
Eppure non le avevi cercate,
ne qualcosa avevi fatto per meritare
una tale vile punizione.
La prima volta vennero con fare gentile,
con caritatevole parola si appellarono
alla tua grande bontà.
Li aiutasti convinto che fosse la cosa buona,
cosi non fu,
ma il primo atto del loro infame tradimento.
Si offrirono di essere i tuoi protettori,
e tu colpevolmente accettasti,
non prima però di aver visto il fuoco
divorare il frutto del tuo sacrificio.
A nulla valsero i rifiuti
a nulla valsero le preghiere,
Cedesti una volta
e continuasti a cedere per sempre.
Quello che un giorno era tuo,
oggi tuo non è più,
e a te non resta che una  schiena piegata
sotto al peso dell’enorme macigno
della tua colpevole omertà.

venerdì 6 febbraio 2015

I cravattari

Tutto come previsto; la BCE, la Troika e la Germania in testa si affrettano a richiamare Tsipras e la Grecia al mantenimento degli accordi, senza alcuna dilazione sulla restituzione dei prestiti e dichiarando di fatti carta straccia i bond ellenici e neanche cinque minuti dopo il nostro bamboccio nazionale, leccaculo dichiarato della grande finanza europea, si rimangia le aperture di credito espresse a Tsipras neanche 24 ore prima e si affretta a prendere posizione a favore della politica usuraia imposta dalla Merkel.

Carissimo presidente del Consiglio, potevi anche evitare di regalare una cravatta a Tsipras, prima perché la Grecia non ha bisogno di stupidi regali, a stringere la cravatta al collo dei greci ci pensa già la BCE, poi perché il popolo greco è cosi preso per il collo che ha bisogno di soldi e solidarietà vera, non quella che esce dalle bocche di balordi che non hanno mai avuto problemi di morire di fame. Sia ben chiaro, se salta la Grecia, salta l’Italia e a ruota tutti i Paesi dell’area del Mediterraneo. Lo stesso Obama, parlando al Congresso americano ha dichiarato che non si può continuare a spremere come dei limoni quei popoli che sono già fortemente compromessi da una economia in recessione, mentre noi italiani, che siamo senza ombra di dubbio il popolo più vicino per cultura, tradizioni, storia e arte a quello greco, vergognosamente ci tiriamo indietro e rifiutiamo di aiutare questo popolo nostro fratello. La troika sta affamando il Mediterraneo e invece di fare fronte comune con Grecia, Spagna e Portogallo per evitare lo strozzinaggio della Germania, noi preferiamo metterci sotto le ali della troika per continuare ad avere qualche briciola di privilegio che poi paghiamo a caro prezzo. La Comunità Europea era nata per rafforzare lo spirito di solidarietà tra i popoli e non per spremere i popoli più deboli per rafforzare quelli più forti. Se l’Europa unita deve significare quello che stiamo assistendo in questi giorni, allora tanto vale venirne fuori perché con la nostra cultura e la nostra inventiva sapremo sicuramente camminare da soli meglio di quanto oggi non lo facciamo su una strada tracciata da gente che con l’Italia e la sua storia non hanno nulla a che spartire.

giovedì 5 febbraio 2015

Mafia è annientamento della dignità!!!

Non può esserci lotta alla mafia se non c’è il rispetto per il bene comune.
In Emilia 160 arresti per associazione di stampo mafioso tra affiliati alle cosche della ndrangheta, politici e imprenditori in una delle più grandi operazioni di polizia degli ultimi decenni. Credo che il vaso di pandora sia stato solo leggermente scoperchiato e spero che quando il coperchio sarà tolto del tutto la società civile potrà tirare un sospiro di sollievo. Questo però non deve farci abbassarla guardia, ne smettere di continuare in una lotta contro la criminalità organizzata che non può avere tentennamenti ne cali di pressione. I fatti dell’Emilia sono stati ispirazione di una parte del discorso di insediamento del Capo dello Stato Sergio Mattarella martedì scorso davanti alle Camere riunite; nulla da eccepire, se non il fatto che la lotta alla mafia non può prescindere da una ricerca costante della cultura della legalità e del bene comune profondamente compromessa negli atteggiamenti quotidiani ormai di buona parte della società civile.
Si diceva una volta che la mafia per uccidere usava la pistola; oggi alla pistola si è aggiunta la penna stilografica. Una semplicissima metafora per dire che mafia non è più solo quello che una volta poteva essere identificata con la strategia dell’intimidazione per appropriarsi di un territorio, oggi, sempre più spesso l’azione criminale si identifica con la gentilezza dei modi di coloro che intrecciano rapporti d’affari e di scambi di favori con parte di quella società istituzionale che invece dovrebbe garantire uguali diritti e opportunità a tutti i cittadini. In una società dove i diritti individuali e il bene comune non sono più garantiti dalle Istituzioni democratiche, la ricerca di un by pass al fine di raggiungere uno scopo, sia pure legittimo come la ricerca del lavoro, si insinua in maniera culturale nel modo di pensare anche delle persone normali al punto da spingerli a sentirsi legittimati all’uso di scappatoie anche illegali pur di raggiungere un proprio diritto. Questo senso ormai comune a tanti che la legalità si può anche scavalcare, fa si che anche chi mafioso non lo è mai stato possa accettare con indifferenza tutto ciò che gli succede intorno e permette l’incrementare della azioni della mafia e la collusione con apparati della società civile che invece dovrebbero essere i baluardi della legalità e del rispetto del bene comune.  Gli unici due scopi che perseguono le associazioni criminali, sono il denaro e il potere, denaro e potere che neanche a farlo apposta sono oggi gli stessi scopi che oggi interessano i comitati d’affari che si sono impadroniti dell’intero panorama politico italiano, non escluso quelle zone, come l’Emilia che per la loro natura sociale erano state per anni la roccaforte della legalità contro l’azione mafiosa.  Sono anni ormai che si parla di infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna, forse anche per questo i fatti della scorsa settimana non hanno meravigliato nessuno e per quanto possano essere stati definiti da qualcuno come un mezzo terremoto, la gente comune li ha accolti con molta indifferenza. Non è un caso infatti che nel pensiero comune ormai da tempo vi è una sorta di rassegnazione verso un modo di fare di buona parte delle Istituzioni. Non c’è appalto o lavoro pubblico o assunzione che non susciti nel pensiero comune il sospetto dell’imbroglio anche quando tutto si è svolto regolarmente, cosi come nessuno più si indigna per la squallida pratica dei sub dei sub appalti o l’utilizzo di manovalanza a basso costo magari con l’ausilio di caporali reclutatori di poveri cristi, che si è impadronita del mondo del lavoro e quello che più è peggio anche di quei settori dell’economia nati per contrastare il lavoro nero ma diventati anch’essi primi utilizzatori, come il mondo della cooperazione.

Non passa giorno che non si apprende dai giornali di qualche cooperativa finita sotto inchiesta per comportamenti di estrema scorrettezza nella gestione delle proprie risorse o nel trattamento riservato ai propri dipendenti o peggio fallite per azioni truffaldine come successo alla Coop. Edile G. Di Vittorio di Fidenza. Forse non centrano nulla con le azioni di infiltrazioni di carattere mafioso, ma non sono esse meno colpevoli solo perché non hanno collegamenti con qualche ndrina; sono esse stesse parte di un sistema che truffa lo Stato e i suoi cittadini, mortifica le maestranze e annienta la dignità delle persone. La mafia per assicurarsi il potere lo fa attraverso l’annientamento della dignità, per questo tutto ciò che è palesemente contro la dignità delle persone non può essere altro che mafia, sia essa organizzata in maniera classica, sia essa nascosta dietro la maschera della politica, dei comitati d’affare e spesso anche delle Istituzioni. 

sabato 31 gennaio 2015

Buon lavoro Presidente

Quante volte in questi ultimi decenni, mi sono ripetuto che avvertivo fin’anche nostalgia e quasi rimpianto per quei politici democristiani che tanto avevo combattuto ma nei confronti dei quali provavo comunque stima per la loro condotta ideologica e morale decisamente più elevata rispetto ad una classe dirigente anche di centrosinistra che si è rivelata non solo fallimentare ma in molti casi collusa con i poteri mafiosi e con le grandi lobbies finanziarie? Bene, oggi un uomo di quella Democrazia Cristiana, quella di Moro e Zaccagnini, quella che, superando le grandi difficoltà interne alla DC,  ritenne possibile una intesa anche con i Comunisti per sconfiggere il terrorismo e rilanciare la lotta alla Mafia,è salito al Quirinale.
Potrebbe sembrare da queste prime considerazioni che io sia contento della scelta fatta dal Parlamento, cosi non è; rimango pur sempre un comunista e vedere un democristiano al Quirinale non mi farà fare certamente salti di gioia, come d’altronde non posso far finta di dimenticare le azioni che hanno visto protagonista il Presidente Mattarella in un passato non tanto lontano sia sulla vicenda del suo non riconoscimento della relazione esistente trà malattie tumorali leucemiche e uranio impoverito, sia il coinvolgimento stesso dell’Italia nella guerra dei Balcani con Mattarella Ministro della Difesa. A sua discolpa però va il fatto che fosse un Ministro di Governi cosiddetti di centro sinistra ( D’Alema e Amato) ai quali vanno imputate le colpe di quella sciagurata avventura italiana. Da Mattarella però non mi aspetto grandi cose, mi aspetto invece, e credo che su questo lui abbia tutte le qualità che servono per poterlo mettere in pratica, quel ritorno al rispetto delle Istituzioni e della Costituzione italiana che la politica ha fortemente messo in discussione negli ultimi anni e che Napolitano non è stato in grado di garantire. Un giudice costituzionalista e un uomo fortemente ferito negli affetti famigliari da un vile attentato mafioso, dovrebbero essere garanzia affinchè l’azione del Parlamento e del Governo siano improntate alla emanazione di leggi e provvedimenti che vadano nella direzione del massimo rispetto della Costituzione e della Legalità. Non faccio salti di gioia dicevo, ma non posso neanche non riconoscere il grande messaggio politico che viene oggi dal Parlamento con la scelta del Presidente. Nei numeri certamente, Mattarella raccoglie quasi i due terzi dei suffragi, ma anche e soprattutto nel modo in cui si è arrivati alla sua elezione e che a mio avviso segna uno dei pochi lati positivi della politica degli ultimi decenni. Tutti si affrettano a riconoscere i grandi meriti di Renzi nella vicenda e la sconfitta di Berlusconi; Forza Italia ha accusata certamente il colpo, ma io non sarei tanto sicuro che il vincitore assoluto di oggi sia proprio il nostro Premier. Se mai, ritengo sia giusto il contrario. Erano altri i nomi su cui puntava Renzi, questo è noto da tempo, come altre erano le aspettative politiche, visto che è impegnato in un progetto di riforme proprio con Berlusconi e oltretutto se c’è un uomo oggi nelle istituzioni che può mettergli i bastoni tra le ruote proprio su quelle riforme a cominciare dalla legge elettorale, quello è proprio Mattarella. Allora perché questo improvviso cambio di rotta da parte di Renzi? E’ risaputo ormai da diversi mesi che l’indice di gradimento del nostro premier, dopo l’apice raggiunto con le elezioni europee, è in caduta libera negli ultimi periodi, non solo nel Paese, ma anche nelle sue stesse truppe cammellate; il suo continuo forzare la mano su provvedimenti mal visti dal suo stesso partito, ha portato il PD ad una forte spaccatura nelle ultime settimane che lo ha costretto ad accettare voti determinanti da Forza Italia per approvare la riforma elettorale al Senato che in caso contrario avrebbe significato una caduta certa del Governo; ultima considerazione non meno importante delle prime è la grande vittoria di Tsipras in Grecia che non ha solo ricostruito una sinistra in quel Paese, ma ha dimostrato all’Europa che opporsi ai diktat della troika e della Germania è possibile ed è anche indispensabile se si vuole rilanciare un futuro per i Paesi del sud Europa. Per queste ragioni, quello che molti critici si affannano a definire il grande capolavoro di Renzi, io ritengo sia di fatti la sua waterloo; la sconfitta di quella politica dell’arroganza e dello strapotere cui ci aveva abituati Berlusconi, cosi follemente imitata da Renzi e la rivincita della politica del dialogo. Se proprio dovessimo  dare dei riconoscimenti in questo momento per il risultato ottenuto con la elezione di questo Presidente della Repubblica, credo che tali riconoscimenti andrebbero dati a Pier Luigi Bersani che ha saputo mantenere compatti gli uomini del PD che a lui fanno riferimento e che di fatti ha costretto Renzi a scegliere l’unità del partito e ha rompere il patto del Nazareno.

Tonino Ditaranto

giovedì 22 gennaio 2015

SOLVEKO: CI RISIAMO!!!!!

Solveko: ci risiamo!!!!
Ci risiamo, dopo le analisi con valori alle stelle dell’estate scorsa, in questi giorni è ancora la Solveko di Rimale a tenere i cittadini di Fidenza con il fiato sospeso.
Dalle voci che si fanno sempre più insistenti, pare ormai certo che alcuno giorni fa nella fabbrica che tratta rifiuti speciali, si è verificato un incidente; sembra che per problemi ad una valvola di sicurezza, un notevole quantitativo di liquidi si sono riversati nei terreni circostanti e che si è dovuto ricorrere ai vigili del fuoco per la messa in sicurezza dell’area mediante aspirazione dei liquidi fuoriusciti e successivo posizionamento di sabbia al fine di bonificare l’area interessata. Sembra anche che alcuni cittadini abitanti nei pressi dell’impianto hanno avvertito malori e sono dovuti ricorrere alle cure mediche.
Questa la notizia; rimane il rammarico per la colpevole faciloneria con la quale l’Amministrazione provinciale Bernazzoli, e la giunta Cantini autorizzarono nel 2009 il raddoppio della produzione alla ditta Solveko e altrettanto rammarico per la fretta con cui fu archiviato da parte dell’attuale Consiglio Comunale il problema dei valori alle stelle dell’estate scorsa.
Ma si possono trattare problemi relativi all’ambiente e quindi alla salute pubblica con tanta irresponsabilità?
E’ notizia di alcune settimane addietro anche il fatto che il Consiglio Comunale ha bocciato una mozione presentata dal Movimento Cinque Stelle che chiedeva di opporsi alle trivellazioni per la ricerca di Idrocarburi nel territorio di Fidenza, previsto con il piano energetico inserito nella legge “sblocca Italia”e la ragione “singolarissima”, a detta dello stesso segretario e capogruppo del PD, era esclusivamente dettata dal fatto che non potevano approvare una mozione dei 5 stelle. Signori, questo non è fare politica, qui si gioca con la salute della gente.
Mi auguro che questo nuovo episodio faccia riflettere un po’ tutti, consiglieri comunali e cittadini, perché con la salute delle persone non si può scherzare.

Tonino Ditaranto