domenica 15 novembre 2015

Colpire l’ISIS nel loro punto debole: accoglienza e integrazione.


Colpire l’ISIS nel loro punto debole: accoglienza e integrazione.
Quello che forse non è ancora del tutto chiaro dello scenario terroristico cui assistiamo negli ultimi tempi è il fatto che non ci troviamo di fronte a gruppi armati classici che usavano l’arma del terrore per minare dall’intero il sistema statutario di una nazione; quello che poteva valere per le BR in Italia, o per l’IRA in Irlanda, gruppi “terroristici” percepiti e ritenuti dalle rispettive intelligenze nazionali bande delinquenziali da combattere con le normali strutture poliziesche e non militari, ha continuato ad avere un senso anche con Al Qaeda e il suo leader storico Osama Bin Laden, che se pure in uno scenario diverso ed allargato con interventi anche oltre confine, era rimasto circoscritto ad azioni mirate contro poteri di Stati costituiti al solo scopo di innescare momenti di panico e di tensione o di colpire per ritorsione quegli Stati ritenuti colpevoli di aver in qualche modo defraudato dei loro averi le popolazione arabe. Le azioni di natura terroristica odierne si innescano in un contesto molto più raccapricciante e pericoloso, in quanto non sono semplicemente concepite  a colpire per ritorsione, ma hanno come obbiettivo primario quello di mandare il messaggio di una grande potenza di fuoco ai musulmani sparsi nel mondo che faticano nell’avviamento di un vero processo di integrazione culturale con i paesi ospitanti e quindi possibili adepti dello stato islamico che si intende costituire. Appunto lo stato islamico, o per meglio dire la riproposizione del califfato del settimo-ottavo secolo dopo Cristo, fondato da Maometto e cessato di esistere nel 1924 con il dissolvimento dell’Impero Ottomano. Gli stessi protagonisti di questo progetto tanto velleitario quanto pazzesco per gli obbiettivi che si propone in un mondo di natura completamente diversa rispetto a quello di alcuni secoli fa, non a caso sono due personaggi, un giordano il primo, Al Zarqawi che dopo un periodo di addestramento nei campi di Al Qaeda in Afganistan si trasferisce in Iraq e fonda il primo stato islamico definito ISI (stato islamico dell’Iraq) proprio perché in contrapposizione con l’idea di Bin Laden che preferiva la guerra agli USA mentre il giordano era per la guerra agli stati sciiti del medio oriente, e Abu Bakr al Baghdadi che divenuto capo del gruppo terroristico armato alla morte di Al Zarqawi, approfitta del caos lasciato dal ritiro degli americani dall’Iraq e della guerra settaria tra sunniti e sciiti per proclamarsi califfo del nuovo stato islamico di Iraq e Siria, dando cosi inizio ad una vera e propria guerra di conquista territoriale cominciata con la conquista di Fallujah e continuata con l’occupazione dell’intera area della cintura di Baghdad allo scopo di isolare il Governo della fragile democrazia imposta dagli americani. La differenza tra il terrorismo classico inteso sino a qualche anno fa e quello attuale del nuovo stato islamico, sta proprio nel fatto che Al Baghdadi non si limita agli attentati terroristici o alle decapitazioni dei cosiddetti infedeli, lo fa dimostrando una grande conoscenza dei meccanismi moderni di comunicazione per lanciare la sua campagna di proselitismo nel mondo e lo fa anche con una vera e propria guerra di occupazione dei territori che una volta si estendevano dal Nilo al Giordano per ridisegnare i confini del medio oriente. Il suo esercito avanza dimostrando una grande padronanza dell’uso delle armi, occupa territori, scaccia o trucida le popolazioni che non intendono sottomettersi alle leggi della più rigida tradizione sunnita ma nel contempo dove arriva costruisce strade, garantisce energia elettrica e offre una serie di piccoli privilegi fin’ora completamente interdetti al popolo dai governi filo occidentali o dittatoriali corrotti. Al Baghdadi ha dimostrato fino ad ora di saper dosare bene l’uso del bastone e della carota ed è in questo modo che intende continuare con il suo progetto di realizzazione del nuovo califfato.  Il dilemma di noi occidentali oggi è quello che di fronte ad una tale dimostrazione di capacità organizzativa dello stato islamico, non dimentichiamo che al momento può contare su un vasto territorio, quello siriano, ricco di pozzi petroliferi che gli garantiscono guadagni per oltre due milioni di dollari al giorno e di centrali elettriche, il dilemma dicevo è che non sappiamo se possa essere più funzionale una azione di guerra diretta contro le milizie di Al Baghdadi o continuare con l’appoggio esterno e il foraggiamento di armi e munizioni al governo siriano, a quello iraqeno e ai gruppi di dissidenti che combattono sia i governi istituzionali che le milizie sunnite dello stato islamico. Io credo che in entrambi i casi lo scopo non potrà mai essere raggiunto se nel contempo non si avvia una vera azione di ridistribuzione delle ricchezze, ma anche di diritti ai popoli del medio oriente. Quello che non va mai dimenticato è che ci troviamo di fronte a popolazioni costrette a vivere ai limiti della decenza umana, popoli che sentono forte la carenza di dignità e sovranità nazionale cosi come la possibilità di poter essere protagonisti nelle scelte e nelle decisioni dei propri governi. Per questo  tanti, soprattutto tra quelli che vivono fuori dagli stati arabi,  vedono nella costruzione di un nuovo califfato la possibilità (sbagliando)di poter essere finalmente protagonisti del proprio destino ed esultano anche di fronte a stragi di persone innocenti negli attentati di Beirut,  l’abbattimento dell’aero russo o gli attentati di Parigi. L’unico punto debole fino adesso dimostrato da Al Baghdadi e che lui non aveva previsto è il fatto che di fronte alla sua avanzata nella occupazione di nuovi territori, la stragrande maggioranza delle persone scappa e non accetta di sottomettersi a leggi di una estrema crudeltà ed inciviltà per i tempi moderni; scappano per venire da noi e trovano muri invece che ponti. A noi oggi la scelta, continuiamo ad innalzare pareti e darla vinta a quelli dell’ISIS o invece tendere la mano ai nostri fratelli e vincere per davvero questa assurda guerra?

Tonino Ditaranto

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