mercoledì 27 febbraio 2013

I numeri per una nuova costituente ci sono, vedete di non sprecarli.


I numeri per una nuova costituente ci sono, vedete di non sprecarli.
I risultati del voto di domenica scorsa sono molto chiari; l’Italia vuole cambiare e non essere più succube degli inciuci della vecchia partitocrazia e delle vecchie logiche spartitorie.
Il centro destra, che per un ventennio ha monopolizzato la politica italiana esce dalle urne con una sonora sconfitta che lo rilega ad un misero 30%, cosi come anche quella sinistra che negli anni non ha saputo cogliere l’effettiva voglia di cambiamento che veniva dalla società. Monti che si è rivolto agli italiani nelle vesti di salvatore della patria non è andato oltre un 10% e gli stessi Casini e Fini sono rimasti fuori dal Parlamento, schiacciati dalle loro stesse bugie.
In questo panorama si inserisce una forza nuova: il Movimento 5 stelle cui va il voto di un italiano su quattro, che raccoglie la protesta di quanti in questi anni sono stati mortificati da una politica economica dettata dall’Europa e dalla banche che essa rappresenta.
Un voto di protesta più che un voto sui contenuti quello dato al Movimento di Grillo che non deve però farci cadere nell’antica banalizzazione di quanti hanno scelto liberamente di affidare a questo movimento il proprio grido di rabbia nei confronti di un sistema che ormai fa acqua da tutte le parti.
Personalmente ho scelto di non votare, sia pure con grandissimo turbamento, ma l’ho fatto con la consapevolezza che se da una parte era necessario dare un segnale forte della necessità di cambiamento che occorre all’Italia, dall’altra, da persona che ha vissuto con passione la politica per una intera esistenza, il rinnovamento non può essere affidato alla cieca al populismo di coloro che sparano nel mucchio.
La democrazia è bella perché  ognuno di noi può dire la sua, ma poi il popolo sceglie in maniera autonoma e consapevole, e oggi il popolo ha scelto.
I numeri dicono che alla Camera dei Deputati esiste una maggioranza qualificata mentre al Senato nessuno delle coalizioni può governare da sola.
Un altro dato di cui nessuno fa menzione però è quello relativo all’astensione. Oltre dodici milioni di italiani hanno scelto di affidare al non voto il proprio dissenso verso una classe politica obsoleta e verso un nuovo che avanza che se da una parte da voce ai dolori di pancia dall’altra rischia di dimostrarsi un contenitore pieno di malcontenti dal sapore rabbioso ma vuoto di autentici contenuti ideali.
La situazione non è semplice, ma proprio questa grande incertezza ritengo possa essere il catalizzatore che serve oggi all’Italia per avviarsi verso un nuovo patto tra gli italiani.
Il centro sinistra dimostri realmente quanto il “Bene Comune” utilizzato come slogan durante la campagna elettorale sia veramente l’obbiettivo che si propone, allo stesso modo gli eletti del Movimento 5 Stelle dimostrassero ora nei fatti che il loro è realmente un movimento capace di decidere in modo autonomo e democratico, che non accetta diktat padronali ma che sa leggere e interpretare le aspettative degli otto milioni di italiani che hanno scelto di cambiare dando loro fiducia.
Oggi in tanti sono pronti a salire sul carro dei vincitori, io preferisco andare contro corrente; non ho votato perché ritengo questa sinistra non in grado di rappresentarmi, ma rimango un uomo di sinistra e credo fermamente negli ideali che mi hanno accompagnato per una intera esistenza. Lascio agli altri il diritto di comportarsi come delle banderuole e magari associarsi in strani movimenti che vedono tra i loro aderenti fianco a fianco persone che indossano la maglietta di Che Guevara con quelli che conservano il busto di Mussolini. Voglio rispettare le loro scelte ma allo stesso tempo voglio anche rinnovare il mio quotidiano impegno nel ricordare prima di ogni altro a me stesso che se oggi possiamo gioire della nostra libertà e della nostra democrazia questo lo dobbiamo solo a coloro che hanno versato il loro sangue per potercele offrire.

martedì 19 febbraio 2013

Non perdere il senso della democrazia.


Non perdere il senso della democrazia.
Ultimi giorni di una campagna elettorale anomala; diverse dalle tante passate. Pur non avendovi partecipato, non sono comunque stato assente e nonostante il grande senso di nausea e di rifiuto sempre più forte ogni giorno che passava, i temi e i comportamenti delle varie forze politiche non mi sono stati completamente estranei.
A cinque giorni dal voto rimane sempre fortemente in me l’idea del non voto, o meglio del rifiuto della scheda elettorale. Questo per tante ragioni; la prima naturalmente è quella che nessuno delle forze che si richiamano alle idee della sinistra riesce a rappresentarmi, l’altra è che pur volendo fare un sforzo e turarmi ancora una volta il naso, in tutta onestà non ce la farei proprio a votare con una legge elettorale che non mi consente di scegliere liberamente i candidati cui dare la mia preferenza; il tutto aggravato dal fatto che non c’è un solo partito o movimento della sinistra che non abbia catapultato dall’alto i primi delle liste, infischiandosene altamente degli stessi proclami di democrazia partecipata alla quale nessuno escluso dichiara di volersi attenere. Lo stesso Favia, consigliere regionale grillino in Emilia, espulso dal movimento 5 stelle per le sue battaglie contro la mancanza di democrazia all’interno del movimento, si ritrova capolista della lista Ingroia non per scelta degli aderenti a Rivoluzione Civile, ma perché catapultato dallo stesso Ingroia in quella posizione solo per una questione  di visibilità.
Ho parlato e mi sono confrontato con tanti negli ultimi giorni; in molti prevale questo senso di disgusto che io stesso provo; non tutti però alla rabbia e alla voglia di protesta fanno seguire un razionale ragionamento che li mantenga sul binario della democrazia e della difesa dei principi fondamentali della nostra costituzione. Sono molti quelli che vivono queste elezioni anteponendo il senso di disgusto e il pensiero di mandare a casa la vecchia politica alla effettiva convinzione che se un cambiamento è doveroso esso non può avvenire senza un progetto che si richiami al valore della democrazia.
In tanti voteranno 5 stelle perché Grillo è quello che in questi ultimi tempi ha urlato maggiormente; molti di essi però non sono mai stati ad un incontro del movimento, ne hanno mai sfogliato un loro programma, lo faranno solo perché credono che il cambiamento significhi votare qualcuno che non ci è mai stato senza appurarsi che le idee di questi o le loro capacità vadano nella direzione del cambiamento che ci auspichiamo. Coloro che intendono votare per Grillo in queste elezioni dovrebbero però porsi una domanda: come mai tanti che hanno frequentato il movimento 5 stelle negli anni scorsi oggi stanno abbandonando la barca al punto di averli convinti a costituire un nuovo movimento che si chiama “DEMOCRAZIA IN MOVIMENTO”?
La risposta è una sola e volendola dare con le parole di Favia essa sta nel fatto che nel movimento 5 stelle, al di la del fatto che non esiste alcun programma sulle grandi tematiche sociali e del lavoro, gli aderenti non sono dei soci di un qualcosa di comune, ma dipendenti di una impresa i cui unici azionisti sono Grillo e Casaleggio.
Tutta la campagna grillina, compreso il rifiuto di confrontarsi con la comunicazione di massa e l’apertura a destra, con il riconoscimento di fatto di Casa Pound viene studiata a tavolino dal sig. Casaleggio e gli altri vi si devono attenere come degli autentici burattini.
Vogliamo veramente che l’Italia diventi uno stato dove tutto venga deciso dal burattinaio di turno e che il popolo subisca passivamente le imposizione dall’alto?
A coloro come me, disgustati, arrabbiati, delusi e con una grande voglia di prendere a calci nel sedere la vecchia politica mi va di rivolgere un unico appello: diamo pur sfogo alla nostra rabbia e alla nostra protesta, ma stiamo attenti a non commettere il grossissimo errore di affidare l’Italia nelle mani di un fomentatore illusionario e pazzo che ha come unico scopo quello di affossare la democrazia.
Mussolini nel 1920 salì al potere allo stesso modo di come oggi vorrebbe farlo Grillo; riuscì a portare dalla sua parte tutti i delusi e gli incazzati e i risultati li conosciamo tutti.
I padri costituenti ci hanno dato due grandi strumenti: il voto per poter scegliere liberamente e il non voto per esprimere il nostro sacrosanto disappunto per le scelte sbagliate fatte da tutti. Oggi è il momento del non voto per costringere il Capo dello Stato ad aprire una nuova fase costituente che delinei un nuovo patto tra gli italiani e ridia un senso alla democrazia.

domenica 17 febbraio 2013

Montescaglioso tra i comuni Gioielli d'Italia


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Gioielli d'Italia

logo gioielli d'italiaIl progetto “Gioielli d’Italia” nasce dalla collaborazione istituzionale tra il Dipartimento per gli Affari regionali, il turismo e lo sport e l’Anci. Obiettivo, valorizzare in modo unitario le offerte turistiche dei piccoli Comuni e promuovere le caratteristiche e le tradizioni culturali dei territori in un percorso ideale attraverso l'Italia.
Comuni vincitori della Prima edizione
Sono 21 i Comuni vincitori della prima edizione del concorso. Il Premio è stato consegnato ai sindaci il 12 febbraio 2013 dal ministro Piero Gnudi. Alla cerimonia hanno partecipato il Comitato di valutazione presieduto dal Maestro Ermanno Olmi e  una rappresentanza dell'Anci.  I Comuni premiati potranno fregiarsi del titolo e utilizzare il marchio per gli anni 2012 – 2017, e costituiscono il primo nucleo del circuito “Gioielli d’Italia”.

foto premiazione Sindaci Gioielli d'Italia

Foto Premiazione Sindaci dei Comuni "Gioielli d'Italia" 12.02.2013 

 Il Progetto
L'iniziativa è prevista dall’Accordo-Quadro sottoscritto il 23 settembre 2010 tra il Ministro per il turismo e il Presidente dell’ANCI. Il decreto del Ministro degli affari regionali, turismo e sport, che disciplina il bando, è stato firmato il 10 maggio 2012 e il primo bando di partecipazione per i Comuni è stato pubblicato sul sito del Governo il 14 settembre 2012, con scadenza a novembre. Scopo del progetto è promuovere il "buon vivere" italiano, contribuendo ad incrementare le politiche di destagionalizzazione attraverso la valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale, turistico, storico-urbanistico, architettonico ed enogastronomico del sistema delle Autonomie locali italiane, nell’ottica del recupero e del rilancio dell'immagine dell'Italia.In particolare, l'iniziativa intende promuovere lo stile di vita italiano tra i turisti stranieri o italiani desiderosi di approfondire anche gli aspetti meno noti dell'offerta del nostro Paese.
Queste le buone pratiche riconosciute e promosse dal progetto:

domenica 10 febbraio 2013

Giornata del Ricordo

a Giornata del Ricordo So che quanto sto per scrivere susciterà scandalo e ci saranno stracciamenti di vesti, espressioni verbali e mimiche di orrore, si scaglieranno contro di me scomuniche, anatemi e maledizioni, specie tra quanti, domani, in una seduta straordinaria del Consiglio Comunale, qui a Fidenza, commemoreranno le vittime del massacro delle foibe. Ma io resto sempre convinto del fatto che non si può interpretare la storia a segmenti, scegliendo di mettere in vetrina quelli che preferiamo ed escludendo quelli, invece, che ci procurano pruriti e fastidi. Ed allora, io mi permetto di ricordare che se i morti ammazzati delle foibe sono da onorare e commemorare, come, del resto, la maggior parte dei defunti, bisogna però anche esaminare l'eziologia che scatenò questo eccidio e fare altresì attenzione a quanto poi ne seguì. In Slovenia ed in Croazia, i nostri generali, dal '41 al '43, perpetrarono stragi infami sugli abitanti: parlo di Roatta, Robotti, Orlando, Grazioli, Ambrosio, tanto per citare solo gli alti papaveri dell'esercito regio. Ci furono centinaia di migliaia di morti per stenti nei Lager italiani, come ad Arbe; a Podhum, in Croazia, non fummo certo secondi alle SS, come zelo e solerzia nell'ammazzare dei poveracci. Inoltre, da secoli, gli abitanti della Slovenia e della Croazia erano stati trattati come esseri di seconda scelta e come schiavi dalla Serenissima Repubblica di Venezia. Purtroppo, chi di spada ferisce, di spada perisce e, specie in guerra, la vendetta si abbatte tremenda su chi ha angariato, per tempi lunghissimi, le vittime. Noi italiani avremmo dovuto consegnare ben 1200 criminali di guerra ad Etiopia, Grecia e Jugoslavia, tra i quali l'ineffabile Badoglio. Ma preferimmo seppellire il tutto negli armadi della vergogna, con la complicità di tutti i partiti politici italiani, ognuno per motivazioni proprie particolari, ma convergenti nell'assoluta omertà; non ci fu mai nessuna Norimberga per i generali criminali di casa nostra, che morirono tutti nel loro letto, senza pentimenti né ravvedimenti Se qualcuno ha potuto vedere quanto combinarono gli italiani in Slovenia, nel docu-film della BBC “Fascist Legacy”, uscito solo nel 2004, da noi, per merito di La7, cioè con sessant'anni di silenzio sul groppone, ebbene, allora non mancherà di onorare, come si deve, i morti delle foibe, ma, forse, concepirà anche un briciolo soltanto di comprensione e di giustificazione per quanto perpetrarono i titini e gli sloveni a Trieste ed in Istria, nel '43 e nel '45, con la connivenza silenziosa, fra l'altro, delle truppe alleate, che giocarono, allora, alle tre scimmiette. Quando mai i vincitori non si sono presi la rivincita sui vinti, a base di quantità più o meno abbondanti di sangue? Franco Bifani