domenica 10 aprile 2016

Le ragioni di una scelta

Le ragioni di una scelta.
Manca ormai una settimana al referendum di domenica 17 aprile quando noi tutti italiani saremo chiamati ad esprimere il nostro parere sulla possibilità di mantenere o meno in vigore la norma che consente di continuare le estrazioni petrolifere in mare entro le dodici miglia oltre la scadenza dei contratti di concessione e fino ad esaurimento dei giacimenti; una settimana nella quale ci è dato ancora tempo per riflettere sul quale debba essere il nostro comportamento e la nostra scelta elettorale.
Non sono mai stato contrario a priori allo sfruttamento delle risorse del nostro sottosuolo o di quello che può esserci sotto i nostri mari; non lo ero nel 2011 quando con una lettera al Sindaco di Montescaglioso gli chiedevo di opporsi al piano del governo per la ricerca di idrocarburi nella zona dei tre confini, non lo ero nel 2014 quando diedi vita al gruppo face book  “NON SIAMO COMITATINI SIAMO IL POPOLO LUCANO”, non lo ero nel novembre del 2014 quando scesi a Matera per la grande manifestazione contro le trivelle e non lo sono ancora tutt’oggi nonostante il mio fermo schieramento a favore del SI al referendum.
Allora se non ero e non sono contrario alla possibilità di sfruttare questo genere di risorse, perché tutto questo mio impegno in questi anni contro le trivelle e per le ragioni del SI?
Ieri ho trascorso una splendida giornata a Vigevano (PV) ospite del circolo Lucano “Rocco Scotellaro” che proprio al nostro grande conterraneo poeta contadino e a Carlo Levi aveva dedicato la giornata con l’inaugurazione di una mostra di splendidi lavori del nostro artista Nicola Filazzola; durante la serata e proprio dalle parole contenute nel Cristo si è fermato ad Eboli di Levi ho trovato la risposta giusta a quello che già sapevo ma che ancora non riuscivo a collegare. Carlo Levi, parlando delle nostre terre, parla di terre sconfinate che mai diventano campagna.  Ecco, la terra che mai diventa campagna, quella terra arida arsa dal sole che non porta frutti perché la povertà delle genti lucane non aveva mai consentito quel salto di qualità per farla diventare vera campagna, ossia quella campagna in grado di produrre prodotti della terra che portassero ricchezza e sviluppo economico. Questo però appartiene al passato mi sono detto; da Levi e Scotellaro sono passati decenni, decenni nei quali i nostri contadini, con caparbietà e anche lasciando il sangue sul terreno, Novello fu ucciso nella lotta per quelle terre, nel corso degli anni hanno trasformato quelle terre aride che tanto avevano impressionato Carlo Levi, nella più bella e florida campagna al punto da meritarsi l’appellativo di California d’Italia. Si può sacrificare tutto questo, il sudore di anni di sacrifici dei nostri uomini e delle nostre donne solo perché qualcuno invece che la California ci ha voluto vedere il Texas? Io ritengo che si sarebbe stata anche la possibilità di una convivenza tra una agricoltura avanzata e intensiva come quella di diverse zone della Lucania e lo sfruttamento di risorse del sottosuolo, se solo queste ultime avessero rispettato la prima con l’occhio di chi guarda al vicino non come una rivalità ma come una possibilità
Cosi non è stato, e non poteva essere diversamente in uno Stato dove il potere politico, quasi sempre si è intrecciato con quello economico al solo fine di trarre vantaggi per esso e per pochi eletti senza scrupoli disposti a tutto, anche a portare la morte, pur di salvaguardare i propri interessi.  L’inchiesta dei giudici lucani di questi giorni lo di ce chiaramente, non è il petrolio in se che ha arrecato avvelenamenti delle nostre acque e delle nostre terre, bensì il mancato rispetto delle più elementari regole di civile convivenza nel trattare i rifiuti solidi e liquidi per quelli che erano.  Di questo non sono responsabili solo i petrolieri che estraggono e non rispettano le regole ma lo sono al loro pari anche tutta la classe politica regionale e nazionale che avrebbero dovuto sorvegliare ed impedire questi comportamenti criminosi e che invece con loro si sono collusi in una associazione a delinquere di carattere criminoso. Se solo in tutti questi anni si fossero effettuati controlli reali ed approfonditi, se solo si fosse dato ascolto ai contadini del posto che lamentavano incongruenze nei loro terreni, se solo si fosse prestato attenzione alle tante voci che dal popolo denunciavano tutto quello che non andava, se solo si fosse appunto, non saremmo arrivati a questo punto e si sarebbe potuto correre ai ripari. Invece non lo si è fatto; Ai pastori che denunciavano la moria di pecore si è risposto che tutto andava bene; il funzionario pubblico che ha fatto analisi per conto suo per dimostrare che non andava per nulla bene è stato licenziato e condannato per divulgazione di segreti d’ufficio; la ricercatrice che ha tentato di dimostrare con dati alla mano che i valori erano decine di volte fuori norma è stata calunniata e fatta oggetto dei più biechi e sporchi attacchi menzogneri.
Questa è la situazione in Basilicata e questa è la situazione anche in tutte le altre aree italiane sia di terra che di mare dove si estraggono petrolio o gas naturale.  Andare a votare e votare SI al referendum non vuol dire rinunciare allo sfruttamento delle nostre risorse naturali, ma continuare a farlo nel rispetto dell’ambiente che ci circonda, della salute dei nostri cittadini, della nostra agricoltura, della nostra industria della pesca, del nostro turismo e soprattutto della salute di quei lavoratori che qualcuno vuol farci credere rischierebbero il posto di lavoro ma chi di fatti oggi rischiano la vita perché respirano i veleni che ammorbano l’aria del loro posto di lavoro.

Tonino Ditaranto