mercoledì 26 gennaio 2011

SE DIMENTICHIAMO IL NOSTRO PASSATO NON POTREMO COSTRUIRE IL FUTURO-PER NON DIMENTICARE

NEGAZIONISMO E REVISIONISMO STORICO, CI SPINGONO A DIMENTICARE, MA NOI NON DIMENTICHEREMO (di Franco Bifani)

Brutti, sporchi e cattivi.
 Tali sono  considerati, ancora oggi, gli ebrei o giudei, dai tempi  più recenti dei Protocolli dei Savi di Sion e di Assalonne Mordivò, da quelli più lontani, in cui i pastori di anime cristiani li inviavano sul rogo, a morire a fuoco lento, perchè più atrocemente soffrissero; o quando, rivolti ai fedeli, dall'altare, sospiravano ed invocavano: “Oremus et pro perfidis Judaeis!”, preghiamo anche per i perfidi giudei.  Lo ha di recente

martedì 25 gennaio 2011

VOLEVO DIRE COSE

Spettacolo culturale-politico-musicale organizzato da FabbricaBEST, la fabbrica di nichi della bassa est parmense. Racconti di una creatività musicale come spazio per comunicare e mobilitare una coscienza comune.

Venerdì 28/1 - ore 21.30 A Colorno, da Fio

Cinque cantautori si incontrano e suonano le loro canzoni spiegandoci come sono nate, raccontandoci le loro riflessioni e le loro emozioni, e attraversando cinque aspetti della nostra vita: ambiente, persone, emarginazione, rabbia, speranza...

www.volevodirecose.org - Il book con tutti testi: http://www.box.net/shared/ztbcgyqho8

venerdì 21 gennaio 2011

Può la politica nascondere meschinità? (riflessioni personali)

Sinceramente ragazzi, non mi ero accorto che il blog dei miei grandi amici "piazzisti" era sparito dai motori di ricerca; era da tempo immemorabile che, aimè, non avevo più il piacere di visitarlo, da quando usai la scortesia di chiamarli amichevolmente "pescivendoli" e "quaqquaraqquà".
Quindi immaginate la sorpresa di apprendere dalle pagine del Giò prima, poi dal fidentino e da diario, che il blog di questi miei carissimi amici, ormai è storia passata.
Ma ancora più grande la sorpresa, ormai sulla bocca di tutti, è stato l'apprendere, che a quanto pare, vox popoli, dietro l'anonimato impenetrabile, sia dei post, che dei commenti, si nascondeva la mano addirittura di "qualche noto esponente politico di primissimo piano", cosi come riportato dal Giò, e stando alle voci sempre più insistenti, questo esponente apparterrebbe al PD, se non al Consiglio Comunale.
Ora io conosco quasi tutti gli amici di primo piano del PD, ma sinceramente faccio fatica ad immaginare chi eventualmente possa essere tale esponente. Faccio fatica e mi rifiuto di pensare che tutto possa risultare vero, perchè se cosi non fosse, allora vorrebbe dire che fino ad oggi non ho capito un cavolo ne di amicizia, ne di rapporti personali, dal momento che quasi tutte le persone di primo piano del PD mi hanno sempre parlato dei piazzisti come di persone indegne.
Se tutto risultasse vero, cosa che naturalmente io non credo, allora l'ipocrisia di tali persone sarebbe davvero ineguagliabile.
Una cosa però non mi spiego, se queste voci sono arrivate a me, e dato che sono sulla bocca di tutti, possibile che non siano arrivate al PD? e se sono arrivate , come mai non sono ancora usciti con un comunicato per smentirle e ridare credibilità alla politica e di conseguenza al Consiglio Comunale?
Ma questa è una domanda stupida che mi pongo, perchè non potrò mai darmi una risposta, dal momento che non ragiono con la testa del PD.
Una buona notte a tutti, e scusate se queste mie riflessioni del tutte personali le ho fatte ad alta voce.

mercoledì 19 gennaio 2011

INVIDIA!!!! (di Franco Bifani)


Acidoacida

“Acido, come di più non si può. Acido sempre, acido per me, acido per te, acido cos'è? Acido dentro, acido con chi acido non è!”, così cantavano i friulani Prozac+. Calunniando, resterà sempre qualche cosa di ignobile appiccicato alla vittima, perchè la calunnia è come un grosso e micidiale calabrone; se ti si posa addosso, bisogna restare completamente immobili, a meno di non essere sicuri di poterlo schiacciare al primo colpo; e ti rimane, comunque, la mano lorda ed invischiata dei suoi umori viscerali. E più una malignità è inverosimile, più gli imbecilli -ossia la più ampia maggioranza del genere umano- la credono reale, la ripetono, se la rimbalzano l'un l'altro e la ricordano, in ciò colpevole e condannabile sia chi la pronuncia, sia chi l'ascolta, nella medesima misura. La calunnia è immortale; come sta scritto, per altri e più nobili motivi, ne “I Sepolcri”, vi sarà sempre qualche anima pia che la tramanderà ai posteri, ad imperitura memoria ed infamia. Aveva gridato Amleto alla povera Ofelia: “Pur se tu sia casta come il ghiaccio e pura come la neve, non sfuggirai alla calunnia!”. E Cimbelino ne aveva definito il filo più tagliente di quello di una spada e la lingua più velenosa di tutti i serpenti del Nilo. I Gerioni nostrani in miniatura, i Giani bifronti di paese, in fondo, compiono, inconsapevolmente, un'opera buona: non è possibile, infatti, dir male di una persona se non se si è anche sicuri di compiacere chi ascolta le tue maldicenze. A volte, mi tornano alla memoria severe e seriose citazioni di grandi poeti e letterati, che mi consigliano: “...lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla già mai per soffiar de' venti”. C'è chi dice che si dovrebbe rispondere all'immondo frastuono delle calunnie con il silenzio: il silenzio degli innocenti. Ma forse è vero che non essere oggetto di nessuna chiacchiera è ben peggio che vivere nell'oblìo; però, è una magra e dura consolazione, anche perchè è molto più facile rimediare al mal fatto che al mal detto e la calunnia è una menzogna molto semplice da inventare, ma assai difficile da smentire e da distruggere. La poetessa Alda Merini aveva scritto: “La calunnia è un vocabolo sdentato, che, quando arriva a destinazione, mette mandibole di ferro”. Ed altri ancora lamentò che “voce dal sen fuggita poi richiamar non vale”, che “nescit vox missa remitti”, ed ancora che “non ritorna mai la parola ch'è detta, sì come la saetta che va e non ritorna”. Ma agli abili, fantasiosi e pirotecnici tessitori di tele venefiche, più atroci, nei loro nefasti effetti, della camicia di Nesso, a costoro del Tasso, di Orazio, di Shakespeare, di Brunetto Latini e di Dante e via discorrendo, non ne può importare di meno; calumniari necesse est, vivere non est necesse. Ed i loro strali, più letali di quelli scagliati da Febo Apollo nel campo dei prenci Argivi, sotto le mura d'Ilio dalle cento porte, volano stridendo per l'aere maligno, facendo strage dei poveri figli di Niobe, inermi ed innocenti. La calunnia è spesso mossa da invidia e da gelosia; se appena vali qualche cosa in più di una vile moneta di rame, procuri al prossimo disturbi fastidiosi, come un foruncolo nell'interno del naso o dell'orecchio, un occhio di pernice tra le dita dei piedi , un calazio nella palpebra, delle emorroidi, violacee e gonfie, o un sassolino aguzzo in un paio di scarpe strette. Una giovane sconosciuta ha dialogato con me, di recente, su un blog, ricordandomi i suoi generosi, utopistici ideali di amore, fraternità e solidarietà per il prossimo, di un sapore tra l'evangelico dei primordii ed il francescano più candido e disarmante; l'ho ringraziata di avermeli citati e riportati a galla, nel gran lago della memoria, giacchè furono i miei, di un tempo così lontano da risultare quasi immemorabile. Ma, nell'augurarle miglior fortuna della mia, le ho ricordato anche di come farisei e scribi, gesuiti e pie donne, benpensanti e perbenisti, frequentatori di oratorii, sagrestìe e parrocchie risultino le bieche termiti ed i tarli più temibili e rovinosi nel distruggere, sistematicamente, in modo subdolo e silente, i più fulgidi ideali. Questi Savonarola da strapazzo, che splendidamente predicano dai loro pulpiti improvvisati, dai blog e dai mass-media, sui forum e sui quotidiani, una volta da essi ridiscesi, razzolano poi nel fango e nel brago dove cercano di trascinare i medesimi che hanno appena finito di dilaniare con le loro calunnie. Se solo potessero, farebbero altrettanto e forse ancor peggio di coloro contro i quali tuonano e fulminano. Dedicato a tutti quelli che...

Franco Bifani

lunedì 17 gennaio 2011

Intervento di T.Ditaranto al congresso regionale di SEL

Intervento al congresso regionale

Alcuni anni fa, ero solito festeggiare il natale con amici a casa mia, mi piaceva pensare al natale come ad un momento di condivisione di valori, anche quello dello stare insieme, del trascorrere intorno ad un tavolo momenti di solidarietà, in cui ci si ritrova e si rinnova l’affetto, il volersi bene, il sentirsi disponibili e sentire allo stesso tempo la vicinanza degli altri.

Quell’anno trà gli invitati soliti, avevo ospite un mio carissimo amico della costa d’avorio, un giovane per bene, laureato, musicista ineguagliabile e professionista, ma aveva un difetto: aveva la pelle di un colore diversa dalla nostra.

Alcuni miei amici quell’anno si rifiutarono di trascorrere il natale con noi, non accettavano quella presenza imbarazzante.

Fu allora che decisi di scrivere una delle mie più belle canzoni: Sogno.

Un sogno che ripetutamente faccio quasi ogni notte, immagino un’aquila bianca che vola su un mondo nuovo, diverso, il girotondo di tanti bambini, di ogni colore; immagino un bianco che tende la mano ad un nero in cui ha trovato un amico sincero; e la televisione che annuncia alla terra che in tutti i paesi è finita la guerra, e l’amore che scoppia tra tutte le genti.

Immagino bambini che muoiono di fame giocare felici su montagne di pane, spiagge pulite senza siringhe, una porta che si apre davanti ad un barbone, una nigeriana che si ribella per non far più la puttana.

Poi suona la sveglia e l’incanto finisce, e ti rendi conto che il tuo sogno è irreale, la televisione ti riporta ad una triste realtà, notizie che in fondo non fan più scalpore, in Palestina ancora si muore, un overdose ha finito un drogato, un tunisino è stato ammazzato.

Questo purtroppo è solo quello che conta, è la storia che piace a tutti i potenti, a chi non importa se di fame si muore, perché ha il portafogli al posto del cuore.

Ho voluto aprire questo mio intervento con questo mio sogno, per un motivo molto semplice,

io questo sogno lo rivivo ogni giorno in un progetto che affascina migliaia di uomini, di donne, e di giovani, che partendo da chianciano, fino ad arrivare al congresso di Firenze ci ha visti impegnati in uno sforzo grandioso e sublime, per ridare all’Italia la speranza, la speranza che tutto è possibile, che è possibile sconfiggere la solitudine, l’ipocrisia, i drammi quotidiani di migliaia di persone, abbandonate dall’indifferenza, al loro triste destino di emarginati da una società che non ha più valori, che è possibile far rinascere la solidarietà, la capacità di guardarsi negli occhi come dei fratelli ritrovati, pronti a saper cogliere i bisogni degli altri e farsi carico, con un comune obbiettivo,di affrontare e risolvere i problemi.

Guardarsi negli occhi, è questo quello che manca agli uomini di oggi.

Quando parliamo di berlusconismo, e della necessità di sconfiggerlo, bisogna avere ben presente che non ci troviamo di fronte ad un modo di fare politica voluto da un uomo, imposto alla nazione, ma ad una cultura che pian piano, in nome della modernità e della globalizzazione, si è radicata nel nostro modo di pensare, non solo negli uomini solitamente conservatori e di destra, ma anche e in modo molto pericoloso in quella sinistra che ha smarrito i valori fondamentali per i quali ha combattuto per buona parte del secolo scorso, portando i lavoratori a grandissime conquiste.

Mi riferisco in particolar modo al mondo sociale e solidale della sinistra del novecento; alla nascita della cooperazione come strumento per combattere lo sfruttamento padronale, per una più giusta ed equa distribuzione dei profitti e del plus valore alle persone che lo producono, e di pari passo all’affermazione del concetto marxista che l’uomo non può vivere solo per il lavoro, ma che ha bisogno del proprio spazio, per la propria crescita sociale, il tempo da dedicare ai suoi cari, alla propria istruzione e al proprio divertimento, in poche parole il passaggio dallo stato di schiavitù ottocentesca ad un mondo di libertà fatto di doveri ma anche di diritti.

In questo smarrimento di valori, in questa continua e frenetica corsa ad una falsa modernità, fa ancora molto più tristezza constatare oggi, che la dura legge della concorrenza e della produzione ad ogni costo e con ogni mezzo, vede proprio nel mondo della cooperazione, i primi utilizzatori di quelle leggi, che impongono a centinaia di migliaia di giovani lavoratori precari, e a donne addette ai servizi assistenziali e ospedalieri, contratti capestro, assunti e licenziati ogni mese, sempre con il continuo ricatto di essere lasciati a casa, persone che devono timbrare il cartellino per potersi recare in bagno, e sottoposti a veri e propri ritmi di cottimizzazione del lavoro.

Fa tristezza constatare che nella stragrande maggioranza dei cantieri edili, anche della rossa Emilia Romagna, anche in quei cantieri gestiti dal sistema cooperativo, è sempre più presente l’infiltrazione malavitosa di caporali, che sfruttano la manovalanza da basso macello di poveri cristi extracomunitari, sottopagati e costretti a lavorare in condizioni di estrema insicurezza, e ogni giorno che passa, sono sempre più i poveri diavoli che ci lasciano le penne, guarda caso sempre al primo giorno di lavoro, e nei casi più fortunati, in caso di infortunio, vengono rispediti alle loro case senza passare per il Pronto Soccorso, vedere come il mondo del lavoro perde, giorno dopo giorno, il sacrosanto diritto ad un lavoro più umano e dignitoso, e che, in nome di quella modernità, anche coloro che oggi dovrebbero fare barriera , i sindacati, i partiti stessi del mondo del lavoro, si piegano all’ignobile ricatto di faccendieri senza scrupoli, ai Marchionne, agli affamatori di popolo, che ancora una volta fanno ricadere sulle spalle dei lavoratori i costi di una crisi economica di cui loro e i loro complici banchieri sono gli unici colpevoli.

Vedete, compagni, tutto quello che oggi ci vogliono vendere come indispensabile per la modernizzazione della società altro non è che il tentativo della destra liberista e capitalista di nascondere il vero obbiettivo, che è quello, come spesso ci ricorda il compagno Vendola, di livellare verso il basso i salari e i diritti dei lavoratori, in una società globalizzata dove i profitti e gli interessi di parte sono gli unici traguardi da raggiungere, a discapito dell’istruzione, della cultura, della sanità, a discapito del sacrosanto diritto di ognuno di noi di aspirare ad una vita e a condizioni di lavoro migliori.

In questo contesto si collocano le tante controriforme di quindici anni di governi antipopolari, che di fatto hanno snaturato gli stessi principi della nostra costituzione e la cancellazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori.

Non crediamo però che tutto sia farina del sacco dei governi di centro destra, molte colpe, e mi dispiace dirlo, ricadono su governi che hanno visto i partiti del centro sinistra protagonisti.

Come dimenticare, che il via alla precarizzazione del lavoro è stato dato proprio da un governo di centro sinistra, il governo D’Alema, con l’introduzione dei contratti a termine, cococo, cocopro, e via dicendo, e come potevamo sperare che le leggi sul precariato, la legge Biagi, potessero essere cancellate dal governo Prodi, se i primi utilizzatori di quelle leggi sono proprio quelle cooperative protette dallo stesso PD?

Vedete compagni, non possiamo sconfiggere il berlusconismo, se non sconfiggiamo prima il berlusconismo che è dentro di noi.

Abbiamo pensato, per anni, che il problema fosse Berlusconi, con i suoi guai giudiziari e di conseguenza le sue leggi ad personam, ci siamo accaniti nel sostituirci alle rubriche televisive o alle testate giornalistiche nella denuncia degli scandali, che pur giustamente andavano denunciati, ma abbiamo perso di vista il vero problema; la sinistra intera ha perso di vista quelle che erano le reali domande che venivano dalla società,

Ci è mancata quella progettualità necessaria per dare le giuste risposte ai tanti problemi di una società che cambia velocemente, ai cittadini del Nord che ponevano i problemi derivanti dall’arrivo di tanti extracomunitari, ai lavoratori che vedevano messo a rischio il proprio posto di lavoro dall’offerta di manodopera a basso costo, abbiamo risposto che erano razzisti, senza capire fino in fondo che, se vogliamo veramente che la parola integrazione non sia solo una parola gettata nel vento, va affrontata senza pregiudizi e senza neanche falsi buonismi, dando con l’accoglienza, la giusta solidarietà che occorre dare a chi lascia il proprio paese per venire in Italia in cerca di fortuna, ma anche con la dovuta fermezza nell’affermare il principio che l’ospitalità, che viene offerta, deve anche essere meritata e rispettata, come rispettate devono essere le leggi, e la cultura del paese ospitante.

Abbiamo lasciato che di questo se ne occupasse la Lega, abbiamo permesso che un problema, così serio e preoccupante, venisse trattato in modo strumentale e demagogico, da un pugno di squallidi individui, pieni di odio razziale, xenofobi e anti-italiani, che, cavalcando la paura delle popolazioni, ha fomentato al punto da spingere il governo all’approvazione di una delle leggi più vergognose che mai stato democratico abbia conosciuto:

la legge che istituisce il reato di immigrazione clandestina, in pieno contrasto con l’art. 3 della costituzione che pone l’uomo al centro dello Stato, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua o di religione.

Ogni uomo, ogni cittadino, ogni libero pensatore, di questa nazione, dovrebbe indignarsi davanti ad una tale vergogna.

Ecco, compagni, qui sta il vero problema di questa nostra nazione, nella nostra incapacità di reagire e creare i presupposti per costruire un progetto di governo, capace di interagire con le problematiche diverse, che ridia, ad ognuno dei cittadini il senso di appartenenza ad una società civile, nella quale potersi nuovamente riconoscersi.

Le lobbies, i gruppi di malaffare, un sempre più costante e pericoloso connubio tra la politica e le cosche mafiose, il personalismo imperante, anche nei partiti storici della sinistra, e come spesso è dato sapere, anche nel nostro giovane partito, il servilismo di alcuni movimenti sindacali, fanno sì che si crei uno scollamento evidente e sempre più irrimediabile, tra i cittadini e le istituzioni; la gente non si sente più rappresentata, i lavoratori si sentono sempre più indifesi e abbandonati, anche da coloro che per un secolo sono stati i baluardi delle lotte per i diritti, e si affidano a nuove forme di lotta, più esasperate ed individuali. Sempre più spesso assistiamo a lavoratori, che spinti dalla disperazione per la perdita del posto di lavoro, salgono sui tetti delle fabbriche o sulle grù, per dare visibilità ai loro problemi, abbandonati anche da un sistema televisivo e giornalistico, che rincorre il gossip o il Grande Fratello e che non si cura minimamente dei problemi reali che vive la società.

Questo scollamento produce solitudine, emarginazione, indifferenza, incapacità di leggere, negli occhi anche del proprio collega di lavoro, del vicino di banco, il dramma che vivono le famiglie italiane, sempre più impoverite e costrette a vivere di stenti. Come di stenti e di freddo se ne andato, non più di qualche giorno addietro, quel povero bimbo neonato, nella civilissima Bologna.

Vedete compagni, spesso a parlare di questo, si ha l’impressione di parlare di cose distanti da noi, come se non ci riguardassero, ma proviamo a chiedere a quelle famiglie alle quali staccano la luce o il gas in pieno inverno, proviamo a chiedere a quella sterminata fila di persone davanti agli sportelli di Equitalia, che si vedono bloccare la macchina o pignorare la casa, perché non hanno pagato il canone della Tv che cosa ne pensano?

Ma non avevamo detto che occorreva combattere l’usura, che i tassi di interesse non dovevano superare una determinata soglia? Ed allora come mai per primo lo Stato applica more e raddoppi inspiegabili delle cartelle di pagamento, a tutte quelle famiglie in difficoltà che non ce l’hanno fatta a pagare la rata dell’immondizia o della televisione?

Se è vero che l’usura è combattuta per legge, allora perché si permette ad una banda di cravattari aguzzini, con sede in uno di quei paradisi fiscali, come l’Equitalia, di affamare e gettare sul lastrico centinaia di famiglie italiane?

Sì, compagni, sono le famiglie, i lavoratori che hanno perso il lavoro, i cassintegrati, i piccoli artigiani e commercianti a farne le spese, perché i grandi, i veri evasori, loro la fanno sempre franca, coperti come sono da un sistema di corruzione e dall’avvallo di politici e funzionari compiacenti.

Nuovo progetto di governo, vuol dire innanzitutto lavorare per una società meno indifferente, più solidale, una società in cui ognuno di noi si senta figlio di un padre giusto e premuroso, e lo Stato si senta il padre di questa grande famiglia in cui tutti gli uomini e le donne siano i figli prediletti da accudire e proteggere e far crescere. Un padre che non bada all’istruzione dei propri figli, non è un buon padre, cosi come non è un buon padre uno Stato che taglia i fondi per l’istruzione pubblica e limita la crescita di migliaia di giovani, che si vedono tolto qualunque futuro. Abbiamo bisogno di guardarci dentro, ognuno di noi, di fermarci davanti allo specchio e provare a non avere vergogna, per le tante volte che guardiamo le sofferenze degli altri con gli occhi dell’indifferenza e dell’egoismo; occorre saper mettere da parte, quando occorre, le pur giuste aspirazioni personali, per il bene comune, sapendo che il bene comune alla fine porta del bene anche per noi stessi e le nostre famiglie.

Bisogna saper sconfiggere le ipocrisie, la voglia di megalomanie, l’arroganza, occorre lavorare per l’affermazione del rispetto: il rispetto per la vita, per coloro che incontriamo per strada, per il nostro avversario politico e per coloro che sono diversi da noi, sapendo che l'odio e il rancore rendono ciechi e ci impediscono di guardare oltre, verso il futuro.

Il rispetto dell’altro è la base fondamentale per una società sana, non può esserci libertà e democrazia, se non impariamo che la nostra libertà finisce dove comincia quella degli altri e che noi stessi siamo i fautori della nostra democrazia.

Ci siamo dati un compito arduo compagni, riaprire la partita, ci siamo detti a Firenze, abbiamo le capacità e gli uomini giusti per farlo, allora compagni, diamoci da fare e facciamo sì che questa partita ci possa portare a fare in modo che quel sogno, di cui parlavo all’inizio del mio intervento, possa diventare una splendida realtà

sabato 8 gennaio 2011

siamo tutti colpevoli!!

Siamo tutti colpevoli

Fai in modo che non passi per pazza e neanche il marito per insensibile. Invita tutti a riflettere sul vuoto e l’angoscia che invade ognuno di noi. Quella donna sono io, è tua moglie, è una qualunque di noi che non ce l’ha fatta a vivere.”

Sono le parole di un sms che mi ha inviato oggi una cara amica, dopo aver appreso dalla tv della tragedia che ha sconvolto la nostra cittadina.

Parole umili, ma anche pesanti, parole che suonano come un’accusa e si perdono nell’aria inascoltate, coperte da quello che può sembrare un normalissimo fatto di cronaca, in un contesto dove fatti di cronaca sono alla portata di ogni momento.

Ma la tragedia di Claudia, Antonio e Paola, non è semplicemente un fatto di cronaca, è la punta di un malessere più diffuso che investe la nostra società.

Oggi, a tragedia consumata, siamo tutti bravi nel dimostrare dolore e stupore per quanto accaduto, dolore e stupore che ci porteremo ancora per qualche giorno, forse per qualche settimana, fino a quando altri fatti di cronaca o la nostra quotidianità non ci porteranno a dimenticare anche quest’ultimo dramma, pronti per nuovi dolori ed altri stupori per altri drammi che potranno avvenire.

Chi di noi ricorda che non più tardi di qualche mese fa la nostra cittadina venne sconvolta da un’analoga tragedia che coinvolse un’altra donna trentenne?, e qualche mese ancora prima era stata la volta di un pensionato?, Possibile che fatti del genere accadono in una cittadina dove tutti ci conosciamo, con una frequenza cosi impressionante, che nessuno di noi si ponga il problema dello scollamento sociale che stiamo vivendo?

E’ facile individuare la colpa nella depressione, o in un attimo di pazzia, è facile perché noi tutti vogliamo che sia cosi facile, forse perché non osiamo guardare oltre la punta del nostro naso, e cercare di capire come mai ormai non ci si conosce più neanche tra vicini di pianerottolo, o amici dello stesso bar.

Una persona non arriva a prendere decisioni estreme senza aver prima lanciato una miriade di messaggi o richieste di aiuto, solo che ormai siamo cosi ciechi che quelle richieste non riusciamo più a percepirle, e anche quando le percepiamo, preferiamo ignorarle.

Li chiamiamo drammi della solitudine o della depressione, ma altro non sono che i risultati dello smisurato egoismo di una società che ha smarrito i valori della solidarietà.

Conoscevo di vista Paola, e conosco di vista Salvatore, passo diverse volte al giorno davanti al portone di casa loro, di una cosa oggi posso essere certo, che ogni volta che passerò ancora li davanti, non potrò fare a meno di ripetermi che in fondo è anche un po’ colpa mia.