lunedì 18 agosto 2014

Tonino, ho letto, proprio ora, su L'Espresso on-line, che un luculliano banchetto, preparato appositamente, in loco, da un drappello di chef lucani, era stato offerto, presso l’Ambasciata italiana a Bucarest, a cura della Regione Basilicata, guidata dal Governatore, Marcello Pittella, 
per onorare così, il 2 giugno scorso, la Festa della Repubblica, spendendo ben 9 mila 514 euro. A scoprirlo, recentemente, è stato il consigliere regionale di FdI-An, Gianni Rosa. L’occasione era intesa come inserita nella manifestazione “Eccellenze lucane nei Balcani”, organizzata dalla “Asociatia lucani nei Balcani”, finanziata sempre dalla Regione Basilicata, con altri 16 mila 770 euro, di cui 11 mila 700 per l’associazione. Più di 27mila Euro, con quale scopo, con quale ritorno economico per la Regione, in un'epoca di ristrettezze e di crisi? Il governatore Pittella aveva giustificato l'iniziativa come «un’occasione per dar spazio ai nostri prodotti, che portano alto 
il nome della Basilicata nel mondo». Ma, come contesta Rosa, «in un periodo di disagio economico, impegnare denaro in questo modo non è proprio il massimo», e, in un’interrogazione, chiede al governatore di far «conoscere in quale contesto di marketing si inserisce il banchetto e qual è il ritorno per la Basilicata». Franco Bifani

mercoledì 13 agosto 2014

Di Vittorio: riflessioni a voce alta

Da più parti negli ultimi giorni mi viene chiesto un giudizio sulla vicenda che coinvolge la Cooperativa edile Di Vittorio e sulla possibilità che la politica possa intervenire in qualche modo; non so se io sono la persona più indicata per esprimere un giudizio in merito, non essendone socio ed avendo avuto in passato una esperienza lavorativa con una ditta appaltatrice in un cantiere della Di Vittorio, che si eclissò a metà lavoro lasciando me e tutti gli altri operai con diversi stipendi da percepire e dei quali la Di Vittorio se ne lavò le mani, cosa che non fece però nei confronti dei vari fornitori.  Cercherò comunque, come mia abitudine, di non farmi condizionare da questioni personali e dare un giudizio obbiettivo sulla vicenda.
La Di Vittorio, cooperativa edile aderente al gruppo della Lega delle Cooperative, ha segnato la storia dell’edilizia fidentina e in particolare quella legata alla costruzione di alloggi soggetti a normative di edilizia economica e popolare, al fine di dare la possibilità a centinaia di lavoratori, soci, di poter ambire ad un alloggio che altrimenti mai avrebbe potuto ottenere stando ai normali prezzi di mercato. Questo è lo spirito con il quale nacquero le cooperative di edilizia convenzionata e quindi lo spirito della nascita della stessa Di Vittorio. Per anni la cooperazione in Italia, anche grazie alla forte spinta che veniva dalla sinistra e dal mondo sindacale, ha significato il modo più genuino che il mondo dei lavoratori potesse opporre alla logica dell’arricchimento smodato che era proprio della grossa imprenditoria e delle immobiliari della grande finanza. Per anni un ferreo controllo da parte dei partiti della sinistra e dello stesso sindacato, ha garantito una gestione sempre corretta e coerente con lo spirito per il quale il mondo delle cooperative era stato concepito. Purtroppo, la storia insegna, che la rivoluzione ideologica e politica seguita alla caduta del muro di Berlino e dell’intero sistema delle repubbliche socialiste dell’est, era destinata ad avere ripercussioni, anche drammatiche, sull’intera sinistra italiana e sul mondo sindacale, acuite dalla prematura scomparsa di Enrico Berlinguer e del conseguente scioglimento del PCI.
Il tracollo ideologico abbattutosi sulla sinistra italiana, anche a seguito della scoperta del sistema di tangenti messo in piedi da Bettino Craxi, non poteva non coinvolgere il sistema cooperativo, che fino a quel momento aveva retto proprio grazie alle ferree regole imposte dal centralismo democratico che vigeva nel Partito Comunista Italiano. Gli anni novanta e questo primo decennio del XXI° secolo hanno visto man mano che gli anni si susseguivano un continuo ed inesorabile arrembaggio da parte di faccendieri ed avvoltoi economici a ciò che rimaneva della sinistra e soprattutto a quel grande potere economico che intorno alla sinistra si era sviluppato e che era costituito dal mondo delle cooperative.
La domanda da porsi è la seguente: ma è ancora valido lo spirito di solidarietà sociale con il quale le cooperative erano state concepite? In tutta onestà, a leggere la storia di questi ultimi vent’anni direi proprio di no. Come dimenticare il tentativo di OPA da parte dell’UNIPOL alla banca Antonveneta   che vide coinvolto lo stesso segretario del Partito Democratico della Sinistra, nato dalle ceneri del PCI? E come non mettere in relazione le leggi sul precariato volute da D’Alema proprio per rafforzare il potere contrattuale delle cooperative nei confronti dei propri dipendenti lavoratori? Torniamo alla Di Vittorio, ecco, essa non è altro che una delle tante cooperative, che in virtù di ciò che è successo un po’ ovunque, è stata oggetto di un arrembaggio sfrenato da parte di faccendieri senza scrupoli che hanno visto nella Di Vittorio un posto dove poter meglio lucrare. La cooperativa, nata per tutelare gli interessi dei lavoratori e dei propri soci alla fine si è trasformata in una impresa che ha attuato metodi simili se non peggiori di quelle imprese per le quali era nata per contrastare. E i soci? I soci hanno un’unica colpa, quella di aver pensato in tutti questi anni che il PCI non fosse mai morto e che i dirigenti del PDS-PD fossero ancora i compagni fratelli cui erano abituati a conoscere. A questi soci, persone oneste che io amo ancora definire compagni, non solo deve andare la nostra solidarietà umana per la drammatica condizione ma soprattutto il nostro rispetto per aver affidato in custodia i propri averi alla cooperativa non perché  fruttassero interessi, ma in virtù di un grande ideale in cui credevano fermamente. Non ci sono scusanti per coloro che hanno portato la Di Vittorio alla drammatica situazione attuale, essi non solo hanno ridotto sul lastrico un’azienda, ma hanno soprattutto rubato i sogni di quanti hanno creduto che con l’unione si potesse sconfiggere la bramosia di denaro della grande speculazione edilizia. Oggi la Di Vittorio è sotto concordato preventivo e null’altro si può fare se non seguire le direttive imposte dal Tribunale; un intervento delle pubbliche Istituzioni non è neanche ipotizzabile e anche se fosse possibile esso non sarebbe neanche giusto nei confronti dei tanti cittadini che non fanno parte della cooperativa; questo per quanto riguarda le Istituzioni in quanto tale. Ma le istituzioni sono anche politica e la politica non può esimersi dall’interrogarsi sul quanto essa stessa sia colpevole di ciò che stanno vivendo centinaia di famiglie fidentine. Certamente la politica non può dare risposte, ne può intervenire economicamente per sanare la crisi della Di Vittorio, ma essa però ha il dovere di provare a mettere insieme gli attori di questa drammatica situazione per chiamare ognuno alle proprie responsabilità, non solo morali, ma anche economiche che hanno nei confronti delle centinaia di persone che hanno investito i propri averi e che rischiano di non riavere più indietro. Coinvolgimento degli attori vuol dire soprattutto chiamare alle proprie responsabilità la Lega delle Cooperative, responsabile in prima persona secondo il mio punto di vista per non aver visto o per non aver voluto vedere quello che succedeva nella Di Vittorio e nei cantieri in cui essa era coinvolta insieme ad altre imprese aderenti alla stessa Lega. Accertare se ce ne sono anche responsabilità di tipo personale o eventuali distrazioni di fondi, il tutto sotto lo stretto controllo del nuovo consiglio di amministrazione, il tutto però accettando il dialogo con grande umiltà e trasparenza con coloro che sono gli attori principali: i soci e i loro comitati di rappresentanza che sono gli unici che rischiano di rimetterci le penne.

Tonino Ditaranto

martedì 12 agosto 2014

Scampato il pericolo Solveko ci pensa la fogna ad ammorbare l’aria di Fidenza.

Scampato il pericolo Solveko ci pensa la fogna ad ammorbare l’aria di Fidenza.
Almeno per questo mese d’agosto i cittadini di Fidenza possono stare tranquilli, la Solveko è chiusa per ferie e nel frattempo la ditta approfitta per mettere a posto l’impianto, stando alle comunicazioni date nell’ultimo consiglio comunale (a proposito, se i dati relativi agli ultimi prelievi sono nella norma, qualcuno mi spiega perché l’impianto deve essere messo a posto?). Intanto però da qualche giorno ci stanno pensando le fognature (almeno cosi credo) a rendere irrespirabile l’aria del centro storico di Fidenza, nelle aree comprese lungo via Berenini, via Cavour, piazza Garibaldi e zone circostanti. Possibile che nessuno nei due palazzi comunali, amministratori e tecnici compresi non se ne sia accorto? Eppure la puzza di fogna e così forte che mi viene il dubbio che anche i topi siano dovuti correre ai ripari e procurarsi qualche maschera antigas.

Chi è che dovrebbe monitorare lo stato delle nostre fognature? La San Donnino? Emilambiente?, io francamente non ne sono a conoscenza, certo che se non si corre subito ai ripari rischiamo di passare un ferragosto con le mascherine sul naso e sulla bocca nella sciagurata ipotesi che dovessimo decidere di fare una vasca in centro.

venerdì 8 agosto 2014

8/8/2014, la Democrazia è morta. Riportiamo in vita la Democrazia

Può un parlamento eletto da elezioni truccate grazie ad una legge elettorale (porcellum) dichiarata fasulla  dall’Alta Corte Costituzionale italiana approvare una riforma costituzionale come quella che abolisce l’elezione dei Senatori della Repubblica attraverso libere elezioni? A quanto pare, stando a quanto deciso tra Renzi, Berlusconi e Giorgio Napolitano si.
Il Senato ha approvato, con una procedura alquanto antidemocratica, con la imposizione di tempistiche che non hanno permesso una seria discussione sull’argomento, la riforma del bicameralismo perfetto che prevede un Senato non più elettivo ma nominato dai capi partito. La cosa che più ci lascia perplessi però è il fatto che tutto ciò sia avvenuto in un momento in cui l’Italia è governata da un Parlamento illegittimo eletto grazie ad una legge elettorale truffa dichiarata incostituzionale dalla stessa Corte; da un Governo il cui capo non risulta neanche essere stato eletto tra i Deputati o i Senatori; da un Presidente della Repubblica eletto da questo Parlamento e di conseguenza anch’esso illegittimo, il tutto grazie all’accordo con un pregiudicato che ha perso i diritti civili sulla base di una sentenza passata in giudicato da un tribunale dello Stato italiano.
Questa riforma che dichiara di fatto la morte della democrazia italiana altro non è che il frutto di un attacco indiscriminato alle nostre Istituzioni da parte del nuovo fascismo avanzante in Europa e arriva proprio nel giorno in cui l’Istituto nazionale di statistiche annuncia che non solo non c’è stata la ripresa economica tanto ventilata dal bamboccio di Firenze, ma che siamo addirittura in recessione sia in materia di prodotto interno lordo che in materia di esportazione.
Tutto questo avviene nel momento in cui un’altra drammatica statistica, di cui stranamente non danno più notizia i telegiornali e gli organi di informazione ufficiali, e che fissa ormai in oltre un morto al giorno il numero di persone che si tolgono la vita per effetto della crisi economica.
Dobbiamo ancora attendere oltre?
Questo Parlamento, questo Governo e questo Presidente della Repubblica, che stanno affamando l’Italia e che si rendono responsabili di tanti omicidi di stato, non sono i legittimi rappresentanti dello Stato italiano perché non eletti da una legge in sintonia con la nostra Costituzione, pertanto non hanno alcun diritto di continuare a snaturare la nostra legge fondamentale, mentre il popolo ha il dovere di porre fine con tutti i mezzi che ci fornisce la nostra Costituzione a questo inesorabile cammino verso una dittatura dove ci stanno conducendo i fascisti di oggi.
Oggi, 8 agosto 2014, grazie al voto del Senato la nostra Democrazia è morta, a noi sinceri democratici il compito di farla rinascere spazzando via tutti coloro che ne hanno decretato la morte.

Tonino Ditaranto