Le ragioni di una scelta.
Manca ormai una settimana al referendum di domenica 17
aprile quando noi tutti italiani saremo chiamati ad esprimere il nostro parere
sulla possibilità di mantenere o meno in vigore la norma che consente di
continuare le estrazioni petrolifere in mare entro le dodici miglia oltre la
scadenza dei contratti di concessione e fino ad esaurimento dei giacimenti; una
settimana nella quale ci è dato ancora tempo per riflettere sul quale debba
essere il nostro comportamento e la nostra scelta elettorale.
Non sono mai stato contrario a priori allo sfruttamento
delle risorse del nostro sottosuolo o di quello che può esserci sotto i nostri
mari; non lo ero nel 2011 quando con una lettera al Sindaco di Montescaglioso gli
chiedevo di opporsi al piano del governo per la ricerca di idrocarburi nella
zona dei tre confini, non lo ero nel 2014 quando diedi vita al gruppo face book
“NON SIAMO COMITATINI SIAMO IL POPOLO
LUCANO”, non lo ero nel novembre del 2014 quando scesi a Matera per la grande
manifestazione contro le trivelle e non lo sono ancora tutt’oggi nonostante il
mio fermo schieramento a favore del SI al referendum.
Allora se non ero e non sono contrario alla possibilità di
sfruttare questo genere di risorse, perché tutto questo mio impegno in questi
anni contro le trivelle e per le ragioni del SI?
Ieri ho trascorso una splendida giornata a Vigevano (PV)
ospite del circolo Lucano “Rocco Scotellaro” che proprio al nostro grande
conterraneo poeta contadino e a Carlo Levi aveva dedicato la giornata con l’inaugurazione
di una mostra di splendidi lavori del nostro artista Nicola Filazzola; durante
la serata e proprio dalle parole contenute nel Cristo si è fermato ad Eboli di
Levi ho trovato la risposta giusta a quello che già sapevo ma che ancora non
riuscivo a collegare. Carlo Levi, parlando delle nostre terre, parla di terre
sconfinate che mai diventano campagna.
Ecco, la terra che mai diventa campagna, quella terra arida arsa dal
sole che non porta frutti perché la povertà delle genti lucane non aveva mai
consentito quel salto di qualità per farla diventare vera campagna, ossia
quella campagna in grado di produrre prodotti della terra che portassero
ricchezza e sviluppo economico. Questo però appartiene al passato mi sono
detto; da Levi e Scotellaro sono passati decenni, decenni nei quali i nostri contadini,
con caparbietà e anche lasciando il sangue sul terreno, Novello fu ucciso nella
lotta per quelle terre, nel corso degli anni hanno trasformato quelle terre
aride che tanto avevano impressionato Carlo Levi, nella più bella e florida
campagna al punto da meritarsi l’appellativo di California d’Italia. Si può
sacrificare tutto questo, il sudore di anni di sacrifici dei nostri uomini e
delle nostre donne solo perché qualcuno invece che la California ci ha voluto
vedere il Texas? Io ritengo che si sarebbe stata anche la possibilità di una
convivenza tra una agricoltura avanzata e intensiva come quella di diverse zone
della Lucania e lo sfruttamento di risorse del sottosuolo, se solo queste
ultime avessero rispettato la prima con l’occhio di chi guarda al vicino non
come una rivalità ma come una possibilità
Cosi non è stato, e non poteva essere diversamente in uno
Stato dove il potere politico, quasi sempre si è intrecciato con quello
economico al solo fine di trarre vantaggi per esso e per pochi eletti senza
scrupoli disposti a tutto, anche a portare la morte, pur di salvaguardare i
propri interessi. L’inchiesta dei
giudici lucani di questi giorni lo di ce chiaramente, non è il petrolio in se
che ha arrecato avvelenamenti delle nostre acque e delle nostre terre, bensì il
mancato rispetto delle più elementari regole di civile convivenza nel trattare
i rifiuti solidi e liquidi per quelli che erano. Di questo non sono responsabili solo i
petrolieri che estraggono e non rispettano le regole ma lo sono al loro pari
anche tutta la classe politica regionale e nazionale che avrebbero dovuto
sorvegliare ed impedire questi comportamenti criminosi e che invece con loro si
sono collusi in una associazione a delinquere di carattere criminoso. Se solo
in tutti questi anni si fossero effettuati controlli reali ed approfonditi, se
solo si fosse dato ascolto ai contadini del posto che lamentavano incongruenze
nei loro terreni, se solo si fosse prestato attenzione alle tante voci che dal
popolo denunciavano tutto quello che non andava, se solo si fosse appunto, non
saremmo arrivati a questo punto e si sarebbe potuto correre ai ripari. Invece
non lo si è fatto; Ai pastori che denunciavano la moria di pecore si è risposto
che tutto andava bene; il funzionario pubblico che ha fatto analisi per conto
suo per dimostrare che non andava per nulla bene è stato licenziato e
condannato per divulgazione di segreti d’ufficio; la ricercatrice che ha
tentato di dimostrare con dati alla mano che i valori erano decine di volte
fuori norma è stata calunniata e fatta oggetto dei più biechi e sporchi
attacchi menzogneri.
Questa è la situazione in Basilicata e questa è la
situazione anche in tutte le altre aree italiane sia di terra che di mare dove si
estraggono petrolio o gas naturale.
Andare a votare e votare SI al referendum non vuol dire rinunciare allo
sfruttamento delle nostre risorse naturali, ma continuare a farlo nel rispetto
dell’ambiente che ci circonda, della salute dei nostri cittadini, della nostra
agricoltura, della nostra industria della pesca, del nostro turismo e
soprattutto della salute di quei lavoratori che qualcuno vuol farci credere
rischierebbero il posto di lavoro ma chi di fatti oggi rischiano la vita perché
respirano i veleni che ammorbano l’aria del loro posto di lavoro.
Tonino Ditaranto
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