venerdì 13 novembre 2009

Morire dopo un pestaggio in tribunale, si può?

ROMA - Il presunto pestaggio di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni morto il 22 ottobre scorso, sarebbe avvenuto nel sotterraneo del palazzo B della Città giudiziaria di Roma, dove si trovano le celle di sicurezza. A questa conclusione sono arrivati gli inquirenti che oggi hanno emesso sei avvisi di garanzia nel quadro degli accertamenti sulla morte dell'uomo. Secondo quanto riferito oggi in procura, Cucchi sarebbe stato scaraventato in terra. Cucchi, dopo aver sbattuto violentemente il bacino, procurandosi una frattura dell'osso sacro, sarebbe stato colpito a calci. Il tutto sarebbe avvenuto il 16 ottobre, all'indomani dell'arresto dell'uomo per possesso di droga, e prima dell'udienza di convalida del suo fermo.

Tre agenti di polizia penitenziaria e tre medici dell'ospedale Sandro Pertini di Roma sono indagati dalla procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi. I primi tre per omicidio preterintenzionale, i secondi per omicidio colposo. Oggi hanno ricevuto tutti gli avvisi di garanzia.

Gli avvisi di garanzia sono stati notificati in vista della riesumazione della salma di Cucchi, in programma lunedì prossimo. Gli indagati avranno quindi la facoltà di nominare dei consulenti di parte che parteciperanno agli accertamenti disposti per fare luce sulla morte del geometra. Per i tre agenti di polizia penitenziaria l'ipotesi di reato di omicidio preterintenzionale potrebbe essere modificata in lesioni gravi se gli esami medico legali dovessero stabilire che la morte non è avvenuta per effetto del pestaggio. I medici del Sandro Pertini coinvolti, il responsabile del reparto penitenziario e due sanitari, devono rispondere di presunte omissioni e negligenze legate agli interventi eseguiti sul paziente, in particolare per quanto concerne la mancata alimentazione e la disidratazione.

Questa qui sopra la notizia riportata dall'ansa in data odierna circa le motivazioni che hanno portato la Procura di Roma ad emettere sei avvisi di garanzia nei confronti di tre agenti di custodia e di tre medici dell'ospedale Pertini di Roma.

Io non voglio assolutamente anticipare le risultanze delle indagini e l'esito di un eventuale processo a carico degli indagati per i quali vale quanto detto fin'ora in occasioni di altre situazioni e cioè che per il nostro sistema giudiziario vale la presunzione di innocenza fino a prova contraria e ad eventuale condanna dopo i tre gradi di giudizio, però questo episodio per vero o falso che sia ci deve far riflettere sul come spesso vengono trattate delle persone che per un motivo o per un altro vengono a contatto con le nostre strutture carcerarie o semplicemente con caserme delle forze dell'ordine.

E' il caso della caserma Diaz di Bolzaneto dove si consumò uno dei pestaggi più atroci nei confronti di giovani manifestanti no global sia italiani che stranieri e sul quale si è voluto stendere ad ogni costo un velo pietoso per coprire responsabilità di alte cariche delle strutture che dovrebbero garantire la libertà di ognuno di noi a manifestare, ma è anche il caso di una moltitudine interminabile di episodi come quello di Stefano Cucchi che restano nella completa ignoranza solo perchè non ci scappa il morto.

Oggi si parla di giustizia da più parti e della necessità di arrivare velocemente ad una riforma che a quanto pare in questo momento interessa più la prescrizione e la impunibilità dei nostri parlamentari piuttosto che un reale snellimento della burocrazia che attanaglia i palazzi di giustizia, allora se di giustizia si deve parlare lo Stato non può esimersi dall'essere in primo luogo se stesso "giusto" non permettendo più che episodi come quello di Stefano Cucchi avvengano nelle proprie strutture e per mano dei propri uomini.

Ai familiari di Stefano va tutta la mia solidarietà.

tonino

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