mercoledì 13 agosto 2014

Di Vittorio: riflessioni a voce alta

Da più parti negli ultimi giorni mi viene chiesto un giudizio sulla vicenda che coinvolge la Cooperativa edile Di Vittorio e sulla possibilità che la politica possa intervenire in qualche modo; non so se io sono la persona più indicata per esprimere un giudizio in merito, non essendone socio ed avendo avuto in passato una esperienza lavorativa con una ditta appaltatrice in un cantiere della Di Vittorio, che si eclissò a metà lavoro lasciando me e tutti gli altri operai con diversi stipendi da percepire e dei quali la Di Vittorio se ne lavò le mani, cosa che non fece però nei confronti dei vari fornitori.  Cercherò comunque, come mia abitudine, di non farmi condizionare da questioni personali e dare un giudizio obbiettivo sulla vicenda.
La Di Vittorio, cooperativa edile aderente al gruppo della Lega delle Cooperative, ha segnato la storia dell’edilizia fidentina e in particolare quella legata alla costruzione di alloggi soggetti a normative di edilizia economica e popolare, al fine di dare la possibilità a centinaia di lavoratori, soci, di poter ambire ad un alloggio che altrimenti mai avrebbe potuto ottenere stando ai normali prezzi di mercato. Questo è lo spirito con il quale nacquero le cooperative di edilizia convenzionata e quindi lo spirito della nascita della stessa Di Vittorio. Per anni la cooperazione in Italia, anche grazie alla forte spinta che veniva dalla sinistra e dal mondo sindacale, ha significato il modo più genuino che il mondo dei lavoratori potesse opporre alla logica dell’arricchimento smodato che era proprio della grossa imprenditoria e delle immobiliari della grande finanza. Per anni un ferreo controllo da parte dei partiti della sinistra e dello stesso sindacato, ha garantito una gestione sempre corretta e coerente con lo spirito per il quale il mondo delle cooperative era stato concepito. Purtroppo, la storia insegna, che la rivoluzione ideologica e politica seguita alla caduta del muro di Berlino e dell’intero sistema delle repubbliche socialiste dell’est, era destinata ad avere ripercussioni, anche drammatiche, sull’intera sinistra italiana e sul mondo sindacale, acuite dalla prematura scomparsa di Enrico Berlinguer e del conseguente scioglimento del PCI.
Il tracollo ideologico abbattutosi sulla sinistra italiana, anche a seguito della scoperta del sistema di tangenti messo in piedi da Bettino Craxi, non poteva non coinvolgere il sistema cooperativo, che fino a quel momento aveva retto proprio grazie alle ferree regole imposte dal centralismo democratico che vigeva nel Partito Comunista Italiano. Gli anni novanta e questo primo decennio del XXI° secolo hanno visto man mano che gli anni si susseguivano un continuo ed inesorabile arrembaggio da parte di faccendieri ed avvoltoi economici a ciò che rimaneva della sinistra e soprattutto a quel grande potere economico che intorno alla sinistra si era sviluppato e che era costituito dal mondo delle cooperative.
La domanda da porsi è la seguente: ma è ancora valido lo spirito di solidarietà sociale con il quale le cooperative erano state concepite? In tutta onestà, a leggere la storia di questi ultimi vent’anni direi proprio di no. Come dimenticare il tentativo di OPA da parte dell’UNIPOL alla banca Antonveneta   che vide coinvolto lo stesso segretario del Partito Democratico della Sinistra, nato dalle ceneri del PCI? E come non mettere in relazione le leggi sul precariato volute da D’Alema proprio per rafforzare il potere contrattuale delle cooperative nei confronti dei propri dipendenti lavoratori? Torniamo alla Di Vittorio, ecco, essa non è altro che una delle tante cooperative, che in virtù di ciò che è successo un po’ ovunque, è stata oggetto di un arrembaggio sfrenato da parte di faccendieri senza scrupoli che hanno visto nella Di Vittorio un posto dove poter meglio lucrare. La cooperativa, nata per tutelare gli interessi dei lavoratori e dei propri soci alla fine si è trasformata in una impresa che ha attuato metodi simili se non peggiori di quelle imprese per le quali era nata per contrastare. E i soci? I soci hanno un’unica colpa, quella di aver pensato in tutti questi anni che il PCI non fosse mai morto e che i dirigenti del PDS-PD fossero ancora i compagni fratelli cui erano abituati a conoscere. A questi soci, persone oneste che io amo ancora definire compagni, non solo deve andare la nostra solidarietà umana per la drammatica condizione ma soprattutto il nostro rispetto per aver affidato in custodia i propri averi alla cooperativa non perché  fruttassero interessi, ma in virtù di un grande ideale in cui credevano fermamente. Non ci sono scusanti per coloro che hanno portato la Di Vittorio alla drammatica situazione attuale, essi non solo hanno ridotto sul lastrico un’azienda, ma hanno soprattutto rubato i sogni di quanti hanno creduto che con l’unione si potesse sconfiggere la bramosia di denaro della grande speculazione edilizia. Oggi la Di Vittorio è sotto concordato preventivo e null’altro si può fare se non seguire le direttive imposte dal Tribunale; un intervento delle pubbliche Istituzioni non è neanche ipotizzabile e anche se fosse possibile esso non sarebbe neanche giusto nei confronti dei tanti cittadini che non fanno parte della cooperativa; questo per quanto riguarda le Istituzioni in quanto tale. Ma le istituzioni sono anche politica e la politica non può esimersi dall’interrogarsi sul quanto essa stessa sia colpevole di ciò che stanno vivendo centinaia di famiglie fidentine. Certamente la politica non può dare risposte, ne può intervenire economicamente per sanare la crisi della Di Vittorio, ma essa però ha il dovere di provare a mettere insieme gli attori di questa drammatica situazione per chiamare ognuno alle proprie responsabilità, non solo morali, ma anche economiche che hanno nei confronti delle centinaia di persone che hanno investito i propri averi e che rischiano di non riavere più indietro. Coinvolgimento degli attori vuol dire soprattutto chiamare alle proprie responsabilità la Lega delle Cooperative, responsabile in prima persona secondo il mio punto di vista per non aver visto o per non aver voluto vedere quello che succedeva nella Di Vittorio e nei cantieri in cui essa era coinvolta insieme ad altre imprese aderenti alla stessa Lega. Accertare se ce ne sono anche responsabilità di tipo personale o eventuali distrazioni di fondi, il tutto sotto lo stretto controllo del nuovo consiglio di amministrazione, il tutto però accettando il dialogo con grande umiltà e trasparenza con coloro che sono gli attori principali: i soci e i loro comitati di rappresentanza che sono gli unici che rischiano di rimetterci le penne.

Tonino Ditaranto

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Gentile Sig. Ditaranto,
ho letto con attenzione la sua analisi.
Vedo che lei ha ritenuto di non menzionare tra le cause della crisi Di Vittorio quella che si è abbattuta sul settore immobiliare italiano (e non solo).
Dopo aver condiviso una sua riflessione politica sulla sinistra di questo paese, addita così la Di Vittorio: "essa non è altro che una delle tante cooperative, che in virtù di ciò che è successo un po’ ovunque, è stata oggetto di un arrembaggio sfrenato da parte di faccendieri senza scrupoli che hanno visto nella Di Vittorio un posto dove poter meglio lucrare. La cooperativa, nata per tutelare gli interessi dei lavoratori e dei propri soci alla fine si è trasformata in una impresa che ha attuato metodi simili se non peggiori di quelle imprese per le quali era nata per contrastare".

Personalmente sono certo che la Di Vittorio, come altro ogni organismo economico, sia stata negli anni influenzata da interessi non sempre in armonia tra di essi, unitari e benefici per l'organizzazione. Ma se lei è così certo della presenza di faccendieri senza scrupoli e di derive capitalistiche (immagino lo abbia scoperto adesso altrimenti lo avrebbe denunciato da tempo, giusto?) dovrebbe citarli senza la nuvola demagogica che si crea con le affermazioni generiche. Il "tutti ladri" di stampo grillino, ed i relativi sinonimi, potrebbe essere sostituito da un maggior dettaglio, il ché conferirebbe alla sua analisi valore di contributo reale, persino condivisibile da qualcuno.
La stessa Lega delle Cooperative avrebbe negli anni rilevato e denunciato quanto da lei affermato, a meno che secondo lei essa non abbia svolto un ruolo attivo nella genesi della crisi.
Di responsabilità personali e distrazioni di fondi, personalmente non ne parlerei mai se sprovvisto di evidenze, non tutte le crisi sono necessariamente causate da reati.
Infine, fossi in lei non chiederei al cda in carica di accertare responsabilità degli amministratori dato che molti di essi lo sono stati per anni e, converrà, verificare le proprie responsabilità risulterebbe alquanto conflittuale..
Cordialmente,
Domenico Carnovale

tm ha detto...

Gentilissimo Sig. Carnovale, con molta probabilità Lei legge per la prima volta le cose che scrivo ed in particolare sul mondo della cooperazione credo di aver scritto e denunciato, in tempi non sospetti, le tante distorsioni che stava attraversando. Per quanto riguarda la Di Vittorio Le posso garantire che i pochi rapporti avuti con loro sono stati molto traumatici e in tutta sincerità ho assistito a comportamenti non proprio consoni allo spirito con le quali sono state concepite le cooperative. Ma di questo se e quando ne avrà voglia sarebbe meglio parlarne personalmente in altre circostanze che non siano quelle di un blog.
Cordialmente Tonino Ditaranto