giovedì 28 giugno 2018

Su fratelli, su compagni.



Abbiamo toccato il fondo; naturalmente non parlo del fondo toccato da quello che siamo abituati ad identificare come il panorama politico della sinistra italiana; quella non esiste più da tempo, non esiste più da quando le nostre attenzioni si sono rivolte alla difesa di una economia neoliberista , al servizio della grandi lobbi finanziarie europee e sotto lo stretto controllo di una Germania ritornata più forte dello stesso periodo hitleriano dopo la caduta del muro di Berlino. Abbiamo toccato il fondo nella incapacità di porci davanti ai pressanti problemi causati dalle politiche globalizzatrici con umanità e senso di solidarietà verso uomini e donne che faticano ogni giorno ad assicurarsi di che vivere di una vita dignitosa. Cinque milioni di italiani vivono sotto la soglia di povertà; cinque milioni, di cui almeno un milione di bambini non hanno di che nutrirsi, non hanno di che garantirsi cure mediche, ne di potersi assicurare una frequenza scolastica o la condivisione di rapporti sociali con i propri coetanei. A questi vanno aggiunti le centinaia di migliaia di persone che ogni anno varcano le frontiere d’Europa perché scappano dalla fame e dalle guerre che insanguinano il terzo mondo, e dove milioni di disperati abbandonano le loro case perennemente sotto la pioggia incessante di bombe prodotte in Europa e in Italia. Col solo costo di una di quelle bombe si potrebbero sfamare centinaia di persone o creare posti di lavoro direttamente nei luoghi di origine dando un senso compiuto all’idea che i popoli del terzo mondo vadano aiutati a casa loro. Questo purtroppo non sarà possibile fino a quando gli interessi degli stati e della politica coincideranno con la logica dell’arricchimento sconsiderato e ad ogni costo di coloro che determinano le politiche dei governi del mondo occidentale e dell’Europa in particolare. Globalizzare vuol dire uniformare i mercati, creare ossia un cartello globale che determini non solo i prezzi dei beni al consumo, ma anche e soprattutto il costo del lavoro che tanto più diventi basso, tanto più gli introiti per le grandi compagnie finanziarie diventeranno alti, a discapito di sicurezza sul lavoro, a discapito delle condizioni igieniche nei posti di lavoro e a discapito della stessa garanzia di un lavoro dignitoso senza del quale il lavoratore è sottoposto a continui e pressanti ricatti che fanno del lavoro non più lo strumento per l’emancipazione economica e sociale degli uomini, ma il solo mezzo per la propria sussistenza.
Chi pensa che tutto ciò sia la diretta conseguenza di una crisi economica globale sbaglia; tutto ciò è la conseguenza di un crisi creata e voluta di proposito per giustificare l’imposizione di condizioni di lavoro disumane e creare un mercato che veda il livellamento della forza lavoro al ribasso.  In parole povere, se la forza lavoro mondiale è composta da tre miliardi di persone, di cui mezzo miliardo nei paesi più ricchi, e gli altri due miliardi e mezzo nei paesi più poveri, risulterà più facile e remunerativo portare gli stipendi dei lavoratori dei paesi più ricchi verso quelli dei paesi più poveri, piuttosto che aumentare gli stipendi o garantire condizioni di lavoro migliori a due miliardi e mezzo di persone. Naturalmente la chiave principale perché fosse stato possibile aprire un simile percorso era quella di creare necessariamente attriti tra gli stessi lavoratori, nella consapevolezza che da una guerra tra poveri gli unici a trarne vantaggio sarebbero stati i ricchi e lo stesso progetto di acuire le disparità tra chi più ha e chi meno possiede.  Si calcola che in Italia, le dieci persone più ricche guadagnano mediamente molto più di quello che spendiamo per l’accoglienza e la gestione dell’intero flusso migratorio che ogni anno arriva in Italia. Le ultime settimane sono state caratterizzate dalle polemiche scaturite dalla chiusura dei porti alle navi delle ong e di conseguenza alle centinaia di disperati da esse raccolti sui gommoni alla deriva nel mediterraneo; Non entro nel merito delle decisione del Governo, dal quale, per la natura dichiaratamente razzista e xenofoba di alcuni suoi ministri era naturale aspettarselo; la cosa che invece deve farci riflettere è il fatto che ad entusiasmarsi per delle decisioni cosi chiaramente inumane e contrarie a qualunque principio di solidarietà e di legalità, non siano solo persone dichiaratamente avvezze ai valori  di solidarietà tra i popoli e tra gli esseri umani, ma si entusiasmano facilmente e in maniera anche più determinata, persone che fino a ieri sarebbero stati felici di aprire le loro porte a dei fratelli che chiedono aiuto; si entusiasmano persone tradizionalmente di sinistra, o persone che in passato hanno militato nello stesso partito comunista.
Sono per caso diventati razzisti tutto di un colpo anche loro? No compagni ed amici, non lo erano ieri e non lo sono diventati oggi, semplicemente sono persone o compagni che cercano risposte anche ai loro dolori di pancia e danno l’unica risposta che in questo determinato frangente sembra essere la più credibile o forse la più realizzabile. Dolori di pancia appunto, dolori di pancia ai quali altri parlano, magari in maniera sciacallesca o vomitevole, dolori di pancia di cui la sinistra non vuole neanche sentir parlare come se fosse un tabù che non si possa infrangere. Ma fatemi di grazia, non è forse un dolore di pancia una bolletta che non si riesce a pagare? Non è un dolore di pancia dover aspettare mesi per un esame radiologico?, non è un doloro di pancia svegliarsi di notte e trovare nel proprio appartamento dei ladri che stanno rovistando nei tuoi cassetti?  E allora di che cavolo stiamo parlando. Se gli altri parlano alla pancia con proclami e promesse magari irrealizzabili, se gli altri parlano di sicurezza paventando leggi sull’uso di armi per autodifesa, se altri parlano di reddito di cittadinanza o di chiusura dei porti, o di prima gli italiani, noi che dovremmo essere i detentori dei valori di solidarietà, di giustizia e di fratellanza, a quelle pance in che modo abbiamo parlato? Nulla, il vuoto assoluto. Alle pance vuote abbiamo detto stringete la cinghia, a chi non poteva pagare le bollette ed è dovuto emigrare per vivere gli abbiamo tassato l’energia della casa che ha dovuto lasciare facendo passare delle catapecchie per seconde case di lusso e imponendo 47 euro di bolletta fissa bimestrale, anche a fronte di un consumo reale uguale a zero. Non meravigliamoci se oggi le persone danno ascolto ai proclami di Salvini o alle chiacchiere di DiMaio, la verità è che loro alle pance ci parlano mentre noi alle pance vuote che rumoreggiavano per la fame abbiamo risposto parando il culo alle banche, regalando soldi al raket delle slot machine, acquistando super aeroplani da mandare nelle zone di guerra e regalando contributi alle fabbriche di armi che esportano la morte. Abbiamo toccato il fondo si compagni e lo abbiamo fatto nel modo più vergognoso inimmaginabile possibile, diventando noi stessi peggiori di coloro che per una vita abbiamo combattuto e calpestando quei valori per i quali altri compagni prima di noi avevano lottato e dato la vita. Oggi che tutto è andato a puttane ci nascondiamo dietro cervellotiche analisi cercando colpevoli cui attribuire le colpe del disastro, quando invece sappiamo benissimo che i colpevoli siamo tutti indistintamente, chi ha operato in maniera indegna, e chi complice ha lasciato che il tutto avvenisse sotto gli occhi dell’indifferenza. Non ci sono giustificazioni per lenire le colpe dei nostri disastri, non esistono argomenti che possano giustificare in qualche modo la bramosia di potere, il personalismo, l’arrivismo di cui si sono macchiate le nostre classe dirigenti con la nostra colpevole complicità. Abbiamo permesso che strutture di azionariato sociale come le cooperative di produzione e lavoro, divenissero aziende nelle mani di pochi e utili solo ai propri tornaconti e che attuassero politiche del lavoro schiavistiche e disumane che neanche le peggiori aziende a conduzione padronale mai si erano permesse di attuare. Abbiamo lasciato che il sindacato si rendesse complice delle classe padronali con l’accettazione di contratti capestro e avallando le politiche di precarizzazione del lavoro che non va mai dimenticato ebbero il loro sciagurato inizio non coi governi di destra e di Berlusconi, ma con i governi di Prodi e D’Alema.  Siamo venuti meno ai nostri doveri di difendere la pace e l’articolo 11 della nostra costituzione, dichiarando guerra alla Bosnia e Partecipando a innumerevoli missini di guerra per conto degli imperialisti americani e vergogna delle vergogne abbiamo tradito la fiducia di un patriota che aveva chiesto la nostra protezione, consegnando Ocalan nelle mani assassine del criminale turco Erdogan. Non ci sono giustificazione per questo nostro comportamento vigliacco e non ci sono giustificazioni per esserci schierati dalla parte dei ricchi condannando i i lavoratori ad una vita di stenti. Non so se e in quanto tempo potrà esserci nuovamente una sinistra in Italia, sicuramente non nei prossimi dieci anni e non con chi è rimasto intriso del fetore di un marciume e di una cancrena che l’ha divorata giorno dopo giorno; so per certo però che come l’araba fenice i valori fondanti del mondo dei più umili non possono morire; c’è una strada lunga e lastricata di spine da percorrere, ma le piante sane dei piedi delle nuove generazioni riusciranno ad avere ragione di spine e carboni ardenti, cosi come riattraverseremo nuovamente il fiume della lotta contro le ingiustizie ponendo una pietra dopo l’altra affinchè nessuno più possa sentirsi solo ma parte di una famigli che non abbandona nessuno e che protegge tutti a partire dal più debole.  La strada è lunga e anche il buio della notte che l’avvolge non lascia intravvedere bagliori, ma io vi dico mettiamoci in cammino. Su fratelli e su compagni.
Tonino

domenica 1 ottobre 2017

Polemica inutile

Polemica inutile.
Volutamente non sono intervenuto nella vicenda della posa di un monumento all’aeronautica da parte del comune di Fidenza in occasione del centenario della nascita di Luigi Gorrini, pilota dell’aviazione italiana, che l’8 settembre del 43 fece la scelta di aderire alla repubblica sociale di Salò, come del resto buona parte del disfatto esercito italiano, mentre un’altra parte consistente si ritirò sulle montagne aderendo alle formazioni partigiane. Quali che fossero i credi politici di Gorrini, sia durante la guerra che successivamente durante la Repubblica, importano poco a mio avviso di fronte al fatto che un militare abbia servito lealmente l’esercito per il quale si era schierato ed aveva giurato, senza macchiarsi dei crimini che i capi politici di quella fazione avevano imposto ai loro sottoposti. Se il fascismo e la successiva repubblica di Salò si macchiarono delle più grandi atrocità, le colpe non possono ricadere su incolpevoli militari, vittime essi stessi, di un regime che si fondava sull’odio.  Questo riconoscimento viene dalla storia nel momento in cui la Repubblica antifascista, nata dalla sconfitta del fascismo e del nazismo, decide di insignire Gorrini, e tanti altri ufficiali dello stesso esercito che aveva servito l’Italia durante il fascismo, della onorificenza della medaglia d’oro per meriti militari, per il loro comportamento ed azioni nel servire con lealtà l’esercito per il quale avevano combattuto. La guerra portò lutto e distruzione da ambo le parti, ma le colpe rimangono esclusivamente di chi quella guerra la volle a tutti i costi e non di chi fu costretto a combatterla.
Ora che il comune di Fidenza abbia voluto ricordare questo combattente fidentino che durante la seconda guerra mondiale si trovò a combatterla dal lato sbagliato, come dimostrato dalla storia, non toglie nulla al profondo antifascismo insito nel dna dei fidentini, ne alla memoria dei tanti giovani fidentini partigiani fucilati dai fascisti e dai repubblichini dopo l’8 settembre del 43, al contrario, ne rafforza i valori che da quella brutta pagina di storia sono nati e cresciuti nelle convinzioni di quanti la guerra la ripudiano e suonano da monito per quanti volessero un giorno ricondurci ad inseguire un mondo di odio.

Tonino Ditaranto

IL CERCHIO SI CHIUDE

Il cerchio si chiude.
Con l’affondo di DiMaio ai sindacati, “autoriformatevi o lo faremo noi”, il cerchio a poco a poco si sta chiudendo. E’ sin dalla nascita del movimento cinque stelle, da quando cioè dieci anni fa debuttava con i “vaffaday” che cerco di mettere in guardia, non solo io per la verità, dai pericoli reazionari che l’ascesa di tale movimento significherebbe per il nostro Paese. Che Grillo e Casaleggio, nelle loro intenzioni di sempre, abbiano espresso una predilezione per una società neoliberista e lavorato in questi anni in tal senso, non è un segreto per gli stessi aderenti al movimento; quello che invece fino ad oggi non era chiaro, almeno per gli stessi grillini, plagiati dal linguaggio forbito e forcaiolo del loro capo, (la lega ai suoi albori esordiva con Roma ladrona, il movimento ha esordito con parlamento ladrone), è che dietro i proclami pro popolo da parte del plenum supremo cinque stelle, si sia sempre nascosto di fatto il progetto di imbavagliare la protesta popolare e incanalarla in una via senza uscita che conduce esattamente al punto di partenza, ossia all’indebolimento del mondo dei lavoratori al fine di permettere ai grandi capitali e alla grande finanza di poter schiavizzare il lavoro nascondendo il tutto dietro all’ammaliante slogan della meritocrazia, come se la meritocrazia fosse la soluzione di tutti i mali e non invece lo strumento per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri.
Ecco quindi che il neo eletto candidato premier del movimento e neo capo politico dello stesso, Luigi DiMaio, nella sua prima uscita pubblica dopo la proclamazione, non perdere tempo ne cercare di dare addosso ai sindacati, lo stesso Renzi lo aveva fatto qualche tempo addietro, per addossare loro la colpa della situazione disastrosa in cui versa l’Italia e il mondo del lavoro.
E’ vero, i sindacati hanno molte colpe per la situazione attuale e per la perdita di tanti diritti dei lavoratori negli ultimi anni, ma questo, per ragioni opposte a quelle sostenute da Renzi e DiMaio, cioè per aver dimenticato spesso e volentieri quale dovrebbe essere il suo ruolo nella eterna battagli tra lavoratori e grande capitale. Se c’è una colpa oggi del sindacato quella sta proprio nel fatto che le classi dirigenti, a partire dalle sedi centrali, per arrivare a quelle periferiche e spesso anche agli rsu, si sono di fatto autoriformate proprio nella direzione auspicata dall’ex premier e dall’attuale candidato grillino e che con il loro lassismo e anche complicità hanno impedito che il sindacato facesse sindacato portando i lavoratori ad opporsi, anche in maniera dura quando occorre, allo smembramento del sistema del lavoro e alla perdita di quei diritti conquistati con anni di lotte e sangue versato nelle piazze e nei posti di lavoro.
Non è un caso che DiMaio oggi decide di mettere nel mirino il sindacato, e lo fa nel momento in cui in Italia qualcosa si sta muovendo nella direzione della ripresa delle battaglie per il lavoro e per i diritti; la stessa ascesa di Landini alla segreteria nazionale della CGIL, è un segnale importante, ma ancora più significativi sono i segnali che arrivano dalle diverse situazioni sparse un pò ovunque dove   gli USB, o altri sindacati di base autonomi, Cobas, SiCobas o altri, non solo resistono ma proliferano e costruiscono un argine importante alla offensiva padronale, facendo breccia anche tra gli stessi elettori del movimento cinque stelle, molti dei quali cominciano a vedere in questa ritrovata combattività sindacale la strada per ritornare a sperare in un mondo di diritti. Un fatto questo che la grillo-casaleggio associati, ma io direi i loro diretti padroni, ossia l’alta finanza, non può assolutamente permettersi ed ecco quindi che si corre ai ripari con un affondo senza precedenti proprio all’unico movimento associativo, i sindacati, che se fa per davvero il proprio mestiere può mandare per aria i piani del grande capitale di creare un mondo di schiavizzati.

Tonino Ditaranto

sabato 8 ottobre 2016

CINQUE MOTIVI PER DIRE NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE

CINQUE MOTIVI PER DIRE NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE
La riforma costituzionale non abolisce il Senato, abolisce il voto dei cittadini.
Il nuovo Senato della Repubblica, con il nuovo testo, viene nominato direttamente dai consigli regionali; ogni Senatore nominato e non eletto, gode di immunità parlamentare e resta in carica per il tempo di scadenza del suo mandato da consigliere o di sindaco. Situazione quest’ultima che provocherebbe un continuo avvicendamento nella carica di senatore anche nel corso dei lavori stessi del Senato o delle sue commissioni, con aggravio dei tempi di discussione. La nomina dei Senatori da parte dei consigli regionali, potrebbe produrre altresì una maggioranza politica al Senato diversa da quella della Camera.
La riforma costituzionale non riduce in modo sostanziale i costi della politica.
Tutte le strutture senatoriali rimangono attive e con esse i relativi costi di gestione, La riduzione dei costi riguarderebbero esclusivamente gli emolumenti relativi ai senatori, ossia il 5% della spesa complessiva attuale del Senato della Repubblica.
La nuova riforma non semplifica i lavori parlamentari.
La ventilata semplificazione dei lavori parlamentari altro non è che una vera e propria presa per i fondelli; infatti, secondo l’art.70,  la stragrande maggioranza delle leggi da approvare, restano a carico delle due camere, mentre quelle di esclusiva competenza della Camera dei Deputati, devono comunque essere trasmesse al Senato che può proporre modifiche da sottoporre nuovamente all’esame della Camera dei Deputati. Questo comporterebbe, nel caso di maggioranze politicamente diverse nei due rami del Parlamento,  un aggravio sostanziale dei tempi di approvazione delle leggi, che attualmente ha una tempistica media di approvazione di 45 giorni ( la legge Fornero è stata approvata in 16 giorni).
La riforma costituzionale limita la partecipazione dei cittadini alla vita democratica.
Con questa riforma non solo ai cittadini viene impedito di eleggere direttamente i propri rappresentanti in seno al Senato della repubblica, venendo meno al principio fondamentale della costituzione che la sovranità appartiene al popolo, ma ne limita di fatto la possibilità di partecipazione diretta mediante la proposizione di disegni di legge mediante petizione popolare. Infatti secondo il nuovo art.71, il numero di firme necessarie per la proposta di legge da parte dei cittadini passa da cinquantamila a centocinquantamila, impedendo di fatto a quei territori con un limitato numero di abitanti o alle minoranze linguistiche e religiose di poter partecipare alla vita pubblica con proprie proposte da sottoporre all’esame del Parlamento.
La riforma limita di fatto l’autonomia delle Regioni.
Secondo il nuovo titolo V tutta una serie di argomenti che erano di competenza dei consigli regionali passano ad essere esclusiva prerogativa dello Stato, compreso le disposizioni in materia ambientale ed energetica territoriale. Quello che di fatto era stato anticipato con la legge “sblocca Italia” in materia di ricerche di idrocarburi e trivellazioni togliendo la  competenza ai consigli regionali.

Sono questi solo alcuni dei punti della pasticciata riforma voluta dal governo per i quali personalmente ritengo indispensabile che i cittadini esprimano il loro dissenso al fine di garantire il legittimo diritto di tutti i cittadini, di tutte le minoranze e di. tutti i territori alla partecipazione alla vita politica dello Stato, cosi come previsto dalla parte fondamentale della Costituzione

mercoledì 28 settembre 2016

Qui urge un T.S.O.

Qui urge un T.S.O.
Per favore qualcuno chiami il 118; credo sia giunto il momento, abbastanza urgente a mio avviso, che il nostro premier sia sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio, per il suo ed il nostro bene.
Ormai non siamo più al chi la spara più grossa; le balle di berlusconiana memoria, l’ici sulla prima casa, la riduzione delle tasse, la nipote di Mubarak e via dicendo, sono nulla in confronto alle fesserie che ci propina un giorno si e l’altro pure il nostro buffoncello di corte. L’ultima in ordine di tempo, ma sicuramente non l’ultima in assoluto visto l’andazzo, è il ponte sullo stretto di Messina e i centomila posti di lavoro; ora ci manca solo che faccia sorgere il sole a mezzanotte e saremo diventati per davvero il Paese delle meraviglie, non più quello delle banane.
Ma davvero crede che gli italiani siano cosi fessi? E si che siamo un Paese di creduloni, ma di fronte a balle cosi grosse anche il primo degli idioti scoppierebbe in una sonora risata.
Dai, mettetegli la camicia di forza.
Ora scherzi a parte, qui veramente ci troviamo di fronte alla faccia tosta più spudorata che l’Italia abbia mai conosciuto. La Vanna Marchi per davvero a Renzi gli fa un baffo. Ci troviamo di fronte alla più sporca delle azioni che una forza politica, il PD, abbia mai messo in campo per carpire la buona fede degli elettori.
Il quesito referendario dapprima è una truffa anticostituzionale per nascondere dietro ad un ipotetico taglio dei costi della politica il vero obbiettivo di rendere il nostro Parlamento sempre più esautorato dei propri poteri e di conseguenza impedire al popolo di poter esercitare democraticamente il proprio sacrosanto diritto alla sovranità; a seguire le faraoniche e improbabili promesse di elargizioni in moneta ai giovani diciottenni o ai pensionati al minimo, con la ciliegina sulla torta del ponte di Messina a far da dessert ad una vergognosa campagna elettorale che punta solo ad evitare una sonora presa a calci nei fondelli da parte del popolo il prossimo 4 dicembre.
Tutto questo mentre in sordina si aumentano i tiket sulle prestazioni sanitarie, si rendono a pagamento gli interventi di cataratta per gli anziani, si spostano dalla fascia “A” alla fascia “C” centinaia di farmaci fino a ieri ritenuti indispensabili per la salute delle persone, si ipotizzano nuovi tagli alla spesa pubblica, sanità e sicurezza in testa.
Di balle ed elargizioni in questi due anni e mezzo di governo Renzi ne abbiamo sentite tante, ma le uniche elargizioni che al momento sono reali sono quelle fatte alle banche, in maniera diretta con dispendio di denaro pubblico al Monte dei Paschi di Siena e alla banca della famiglia Boschi e indiretta con l’approvazione di una norma che consente alle banche in difficoltà di poter effettuare prelievi forzosi sui conti correnti dei cittadini.
C’è poco da ragionare davanti ad una simile barbaria della politica, questo governo va spedito il prima possibile a casa prima che faccia ulteriori danni. Qui non è in gioco solo il futuro economico dell’Italia e delle prossime generazioni, qui è in gioco la nostra stessa democrazia e la nostra libertà.
Non crediamo che una dittatura sia solo quella che usa il manganello e olio di ricino per sottomettere gli avversari, ve ne una ben più pericolosa che con l’uso di altri strumenti ha il potere di sottomettere un popolo e piegarlo alle leggi dei grandi capitali che mirano ad incrementare il divario tra ricchi e poveri e rendere i lavoratori e le persone schiavi del sistema.
Questo è ciò che non era riuscito ai governi Berlusconiani ma che si sta realizzando con Renzi e il PD al governo. Questo è ciò che dobbiamo evitare ad ogni costo se vogliamo che la dignità dei cittadini italiani non venga svenduta alla mercè degli interessi della grande finanza.
La dignità ha un costo ed è il coraggio di non chinare la testa; di bugie e di promesse non mantenute è piena la nostra storia , ma è una storia che ci racconta anche di un popolo che nei momenti più bui ha saputo ribellarsi al manganello e all’olio di ricino, come ha saputo rispondere ai vari tentativi ripetuti negli anni di affossamento della nostra democrazia e ha saputo rispondere con dignità, sangue e coraggio alla strategia della tensione, alle devianze dei servizi segreti e al terrorismo delle brigate rosse. Lo sappiano bene Renzi e la sua banda di filibustieri, nei momenti che occorre il popolo italiano c’è sempre stato e ci sarà nuovamente il 4 dicembre quando con il NO al referendum prenderà a calci nel culo e manderà a casa una volta per sempre i nuovi fascisti tinti di rosso.

Tonino Ditaranto

giovedì 22 settembre 2016

Olimpiadi e disonestà intellettuale

Olimpiadi di Roma e la saga della disonestà intellettuale
Ho avuto modo di dire come la penso al riguardo già con alcuni post pubblicati sulla mia bacheca di face book; proviamo ora ad entrare un po più nel merito della questione e capire quali sono le ragioni che mi spingono a ritenere che la Sindaco Raggi abbia fatto la scelta giusta.
Lungi da me il voler in qualche modo apparire simpatizzante del movimento penta stellato, non è mai stato per me un punto di riferimento ne credo potrà mai esserlo per tutta una serie di ragioni che non starò qui ad elencare; qualunque siano state comunque le ragioni, di natura strumentale, populista, o di reale analisi economica della situazione finanziaria della propria città, un dato è inconfutabile ed è cioè che il rapporto tra spesa e benefici, oggi, di una eventuale olimpiade nella capitale non consente un dispendio di energie tali da permettere un ulteriore indebitamento per una città già alla prese con forti problematiche o per uno stato che stenta a ripartire e che ha un rapporto deficit-pil estremamente negativo.
Non sono a priori contrario alla organizzazione di grandi eventi; ci mancherebbe. Ritengo però che uno Stato che è attraversato da una forte crisi economica e sociale debba interrogarsi sulle priorità sulle quali intervenire per poter rilanciare l’economia del Paese e nel contempo far si che si affrontino problemi che al momento risultano essere dei veri e propri drammi.
E’ trascorso meno di un mese dal terremoto di Amatrice e sembra che la lezione sia già stata dimenticata. Un paese dove le scuole pubbliche crollano sotto la forza distruttiva di un terremoto che non raggiunge il sesto grado della scala Richter ha veramente bisogno di sprecare energie nella realizzazione di altre cattedrali nel deserto che come spesso accade resteranno inutilizzate dal giorno successivo alla fine dei giochi?
L’Italia ha un patrimonio edilizio scolastico in buona parte fatiscente o non a norma con le più elementari norme di sicurezza; stessa cosa si può dire del territorio a forte rischio di dissesto idrogeologico, cosi come la stragrande maggioranza degli alvei fluviali abbandonati a se stessi e privi di qualsiasi manutenzione ormai da decenni. Stessa cosa con il nostro patrimonio boschivo, abbandonato a se stesso, privo di qualsivoglia manutenzione e alla mercè di incendi che ogni anno mandano in fumo centinaia di ettari di bosco. Eppure le regioni, in virtù di un patto di stabilità da mantenere e grazie al taglio della spesa pubblica, hanno dovuto abbandonare completamente non solo i nuovi rimboschimenti ma anche la manutenzione di quelli esistenti, con le gravi e drammatiche conseguenze che noi tutti conosciamo e con le decine di vite umane perse che ancora reclamano giustizia.
E che dire dei tagli alla sanità, è allo studio della nuova finanziaria un ulteriore taglio di un miliardo, o della scuola pubblica divenuta ormai lo zimbello fra le scuole pubbliche di tutta Europa?
Non ci siamo. L’elenco delle priorità di questo Paese è cosi lungo che non basterebbero le pagine di un libro per elencarle tutte.
Eppure noi preferiamo renderci ridicoli, dimenticandoci di coloro che ancora oggi continuano a morire sotto le macerie delle scuole che crollano,  sotto le colline che franano, o travolti dai fiumi in piena che diventano le strade delle nostre città e avventurarci in polemiche strumentali sul diniego di un Sindaco ad un evento che avrebbe portato solo spreco di danaro pubblico e nessun beneficio per la cittadinanza se non per i soliti affaristi del cemento quasi sempre in combutta con il malaffare politico e con organizzazioni di carattere mafioso.
Quello che però fa più spece non è tanto il fatto che si possa essere anche contrari alla scelta del Sindaco di Roma, quanto il fatto che a gridare allo scandalo, in modo pretestuoso a mio avviso, sono gli stessi che ieri plaudivano alla identica decisione del Presidente del Consiglio Monti.
Cosa è cambiato da quattro anni a questa parte? In meglio nulla, se mai molti problemi tra quelli elencati si sono aggravati ulteriormente.
Signori siamo seri per favore, questo vostro comportamento si chiama disonestà intellettuale, una cosa che non mi appartiene e che mai vedrà il sottoscritto schierarsi a favore o contro qualcosa solo perché a proporlo sono miei avversari politici.
Oggi non è più il tempo in cui potevamo permetterci scelte sciagurate, tanto paga pantalone; oggi è il tempo di finirla con le elargizioni e le regalie a questa o quella impresa o cooperativa connivente solo perché ci assicura un pacchetto di voti. ma è il tempo in cui con determinazione dobbiamo cominciare a contrastare la politica del malaffare e della corruzione e se a dare l’esempio sarà una Sindaco grillina, ben venga, pur non essendo il sottoscritto un penta stellato, su questa scelta avrà tutto il mio appoggio.

Tonino Ditaranto

sabato 17 settembre 2016

CRONACA DI UNA STRAORDINARIA GIORNATA - SIAMO TUTTI ABD EL SALAM


CRONACA DI UNA STRAORDINARIA GIORNATA – SIAMO TUTTI ABD EL SALAM

Sono le nove del mattino, comincio le mie telefonate per invitare i compagni a partecipare alla manifestazione di Piacenza; la prima, la seconda, la terza e via dicendo fino alla trentesima. Tutti hanno altri impegni, comincio a pensare che ci devo andare da solo, partiamo male mi ripeto tra me e me. Ho il treno alle 13, 37, intorno all’una mi chiama Nello, un compagno rsu fiom di Savona che mi dice aspettami vengo anch’io. Mi rincuoro, almeno non sono solo.
In stazione incontriamo Valter volante rossa, sono felice, almeno lui, l’immancabile Valter con la sua fedele macchina fotografica è dei nostri.
Arriviamo a Piacenza con un quarto d’ora di ritardo e usciti dalla stazione si presenta subito davanti a noi uno spettacolo indescrivibile; centinaia di bandiere rosse sono in attesa di poter partire con il corteo.
Facciamo un giro per vedere di trovare compagni che conosciamo e quasi subito incontriamo Giovanni Paglia, un abbraccio spontaneo dopo quattro anni che non ci vedevamo e soprattutto dopo che ci eravamo lasciati non proprio in un bel modo a seguito dell’autoscioglimento del circolo SEL di Fidenza. No c’è stao bisogno di tornare sui vecchi rancori, gli occhi di entrambi dicevano all’altro mettiamoci alle spalle tutto, abbiamo sbagliato entrambi ma ora dobbiamo ricostruire.
Con Giovanni siamo subito d’accordo sul fatto che questo assassinio non va lasciato impunito e conveniamo sul fatto che bisognerà procedere alla costituzione di un comitato che si costituisca parte civile nella richiesta della verità.
Il corteo parte, lo aprono i facchini e le donne musulmane a lutto per la perdita di ABD EL SALAM e poi la fiumana di persone e bandiere a testimoniare la nostra rabbia.
Siamo posizionati all’incirca a metà del corteo, mi giro spesso ma non riesco a vedere la coda; dopo mezz’ora e con il corteo che ha percorso ormai più di un chilometro, la coda ancora deve partire dal piazzale della stazione.
Siamo a migliaia, qualcuno azzarda oltre i diecimila; non so quanti, ma siamo davvero tanti, come da anni non si vedeva un fiume di compagni sfilare intorno ad un unico slogan :  SIAMO TUTTI ABD EL SALAM.
Davanti a noi c’è il gruppo del PCL con il segretario nazionale Ferrando, il corteo sfila pacifico con i suoi mille colori listati a lutto ma anche con una grande voglia di ripartenza.
A metà percorso come usciti dal nulla si materializzano davanti a noi un gruppo di ragazzi vestiti di nero, con il cappuccio in testa con in mano grosse mazze di legno. Capiamo subito che si stanno preparando a fare i cretini. Ferrando rallenta il suo gruppo e si crea una spaccatura nel corteo. Bisogna assolutamente impedire che vi sia la spaccatura, sarebbe molto pericolosa. Con Nello ci avviciniamo a Ferrando e lo invito a stringere sul corteo che ormai si sta allontanando. Dopo alcuni disguidi, lui mi ha scambiato per uno della digos, ci capiamo e cosi riesco a convincerlo di stringere sul corteo in modo da evitare spaccature.
La tensione comincia ad alzarsi, ed interviene prontamente un gruppo di pompieri usb che riesce a spingere di lato i facinorosi.
La tensione è sempre alta, se la stanno prendendo con un ragazzo con la bandiera di rifondazione, a quel punto decido di intervenire e preso di petto quello che sembra il loro capo lo invito a modo mio a starsene calmi perché se continuano a fare i cretini se la devono vedere con noi. La discussione va avanti per alcuni minuti sotto gli occhi attenti della polizia che saggiamente decide di non intervenire e lascia che la diatriba si risolva tra di noi.
Si va avanti, finalmente gli incappucciati sembrano essersi calmati. Comincia a piovere e noi sempre avanti.
La pioggia diventa battente e il corteo comincia a sciogliersi; decidiamo di tornare indietro con Nello e Valter, ma la pioggia è sempre più forte. Ormai sima bagnati, e decidiamo di prendere un taxi. Ad un chilometro dalla stazione il taxi ci deve lasciare perché la strada è bloccata dalla polizia e non si passa, cosi ci lascia a piedi sotto ad un temporale di quelli che se ne vedono pochi.
Andiamo avanti, abbiamo un treno da prendere; ormai la pioggia non la sentiamo neanche più, non c’è un solo centimetro dei nostri vestiti che ormai non sia inzuppato fradicio.
Arriviamo in stazione che mancano cinque minuti alla partenza del treno; ci ferma la polizia che vuole vedere i biglietti per farci entrare in stazione. Finalmente sul treno, stiamo per partire e arriva di corsa una anziana signora con una borsa pesante che rischia di cadere sugli scalini del treno, prontamente afferrata da me e da Valter. Si lamenta della polizia che ha avuto il coraggio di chiedere anche a lei il biglietto nonostante il treno fosse in partenza.
Finalmente a Fidenza, di corsa verso casa e intanto i chicchi di grandine mi sbattono in testa.
Stanco, bagnato come da tempo non ricordavo, ma felice di essere stato li con migliaia di compagni venuti da tutta Italia senza che nessuno li avesse chiamati ma tutti con la speranza che da Piacenza possa rinascere la lotta che porta ai diritti.
ABD EL SALAM e morto sotto la mano assassina del padrone, ma noi tutti gli dobbiamo riconoscenza, perché se un giorno la coscienza di classe tornerà nelle piazze a lottare per un futuro di speranza, questo sarà stato anche grazie al sacrificio di ABD EL SALAM, un professore venuto da lontano per fare il facchino ed insegnare a noi tutti il prezzo della dignità.

Tonino Ditaranto