Ciao Giulia,
non immagini l'emozione di averti rivista l'altra sera insieme al tuo bambino ormai quasi giovanotto, e tu in quel paio di jeans e quel giubbotto nero indossati con una eleganza da fare invidia alle più belle donne della fidenza bene.
Son passat di anni, chissà dieci, forse dodici da quando sulle scale del bar la prima volta ti avvicinasti a me e chiedendomi una sigaretta cominciasti a parlarmi dei tuoi mille problemi, di come ormai fossi rimasta senza alcun affetto dopo la perdita dei tuoi cari, di tuo padre che se ne era andato per gli effetti dell'alcol, dei tuoi fratelli e sorelle che ormai ti avevano abbandonata a te stessa e di come fossi finita in quel giro vorticoso e devastante della tossicodipendenza fatto di continue menzogne e continui sotterfugi pur di assicurarsi la dose giornaliera che ti permettesse di affogare le delusioni di una vita in quei pochi grammi di morte che giorno dopo giorno alleviavano le tue sofferenze.
Eppure in quel tuo guardare, in quel tuo parlare, io leggevo allora una grande voglia di speranza, quella speranza alla quale ognuno di noi si aggrappa come ultima spiaggia per non sprofondare nel baratro in cui lentamente ed inesorabilmente stà scivolando.
Quella tua speranza la volli raccogliere e cominciammo una frequentazione divenuta poi quotidiana al punto che entrambi non vedevamo l'ora di poterci incontrare ogni sera per passare qualche ora in compagnia alternando serate in discoteca o davanti ad una pizza o più semplicemente seduti su qualche gradino con la chitarra a cantare una canzone dei nomadi.
Eppure passarono almeno due anni prima che tu mettessi definitivamente da parte la diffidenza che avvertivi nei miei confronti e che ti portava a pensare che prima o poi ti avrei chiesto qualcosa in cambio di quella mia disonibilità anche a farmi carico dei tanti problemi che continuavano ad affliggerti.
Avevi ragione, qualcosa mi aspettavo da te.
Non era comunque la tua diffidenza a farmi stare più male, bensi quella di tutti i miei amici che continuavano a non accettare questo nostro rapporto e per i quali ormai noi non potevamo essere altro che amanti.
Poverini, non ho mai capito questa loro povertà e li ho sempre compatiti perchè non potevano assaporare la gioia che ti possa offrire un puro rapporto di sincera amicizia.
Anche quando ti portai per la prima volta al mio paese le reazioni furono le stesse, nessuno riusciva a capire questo nostro rapporto, gli unici che invece ti hanno accettata fin dal primo momento sono stati mia moglie e i miei figli che ti hanno accolta in casa facendoti sentire forse per la prima volta parte di una vera famiglia.
Con il senno di poi siamo tutti bravi, ma a pensare a quegli anni, a tutte le tue sofferenze viene da chiedersi come è stato possibile che tu ce l'habbia fatta.
Cercavi di lasciarti alle spalle un brutto passato, i tuoi impegni anche nel seguire un percorso di disintossicazione incontravano quotidianamente mille ostacoli da parte della cosiddetta gente perbene che con la loro indifferenza e a volte cattiveria ti spingeva ad abbatterti e a darti per vinta. Ricordo le tante volte che avevi trovato un lavoro e che puntualmente perdevi non appena scoprivano dei tuoi trascorsi, eppure anche allora ricevesti un grande segno d'amore quando ti licenziaro dalla casa protetta e che invece furono costretti a riprenderti grazie agli anziani che si opposero perchè affascinati dal tuo amorevole modo con cui ti prendevi cura di loro.
Vedi Giulia, in fondo avevo ragione quando ti chiedevo di insistere perchè il mondo non è solo indifferenza ma vi sono tantissime persone disposte ad offrirci il proprio cuore e la loro disponibilità.
Fu una sera di luglio quando mi chiamasti in preda al terrore dicendomi che ti stavano portando a partorire d'urgenza. Non sapevo come comportarmi, mia moglie era partita qualche giorno prima e io mi affrettai in ospedale dove solo quella tua amica di Soragna ci raggiunse, ne una delle tue sorelle, ne il padre del bambino, e in quella sala dove tu stavi partorendo mi sentii veramente utile nell'esserti vicino e la gioia fu ancora più grande quando piena di lacrime ti vidi stringere con tantissimo amore quella piccola creatura e riempirlo di baci, fu allora che realizzai l'idea che ormai tu avessi vinto la tua battaglia più importante.
Oggi mi capita di vedere tuo figlio giocare felice con altri bambini, lo vedo sereno e pieno d'amore, quell'amore che tu da ragazza madre con mille sacrifici non gli hai fatto mancare.
Ormai non ci vediamo quasi mai e quelle volte che capita abbiamo soltanto il tempo di prendere un caffè, ho saputo che hai ripreso i rapporti con i tuoi, non tutti, ma è già un passo importante, gli altri vedrai arriverà il momento che anche loro capiranno di avere sbagliato, la cosa importante è che quella ragazza che conobbi tanti anni fa ormai non c'è più, oggi c'è una bellissima donna e una dolcissima madre che ha avuto il coraggio di affrontare una guerra e di averla vinta alla grande.
Ti chiedevi allora cosa mi aspettassi da te, questo è ciò che volevo e tu non mi ha deluso.
grazie Giulia
4 commenti:
Negli anni sono diventato proibizionista seppur fino al 2008 mi fossi sempre posto su posizioni di apertura alla liberalizzazione delle droghe leggere .
Non è stata una conversione dettata da esperienze personali o amicali ma dalla sfiducia verso una generazione cui faccio parte.
Comunque , nello sbaglio , penso che una persona debba essere lasciata ad affrontare la risalita della china in silenzio così come debba essere rispettato lo sforzo di chi garantisce un'assistenza a tali persone .
La mano tesa non può essere solo quella che propone la forma associativa , istituzionale ma anche l'iniziativa umana di individui che , come tu Tonino hai dimostrato , si espongono sino ad incomprensioni/accerchiamenti per concludere tale missione.
Tonino , dato che sei un uomo di mondo puoi intervenire , per favore , per spiegare cosa ha detto l'utente delle 11.38 del 1 marzo.
Grazie
scusa luca mi sono accorto solo ora del commento, si trattava di uno spam che ho provveduto a rimuovere
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