Dovremmo attendere il 31 ottobre prossimo per capire se il
Governatore della Puglia e Presidente di Sinistra Ecologia Libertà Niki Vendola
sarà condannato e di conseguenza si ritirerà dalla vita pubblica come
annunciato, fino ad allora la cosa che possiamo fare è interrogarci sul caso
che lo vede coinvolto e sulla legittimità di una scelta cosi drastica in caso
di condanna.
L’accusa è concorso in abuso d’ufficio per la nomina di
Paolo Sardelli (una eccellenza nel suo campo) all’ospedale San Paolo di Bari.
In Particolare, secondo il Pubblico Ministero Vendola
avrebbe favorito il Sardelli facendo riaprire i termini per la partecipazione
al concorso: concorso che poi si sarebbe svolto comunque regolarmente e senza
raccomandazioni di sorta.
Naturalmente le regole esistono e vanno rispettate, cosi
come una eventuale condanna del Governatore sarebbe la giusta conseguenza di un
atto illegale; io però mi chiedo se in una Italia attraversata da scandali di
ogni tipo, dai continui latrocini alle corruzioni, dalle concussioni ai
personalismi di ogni sorta, sia giusto che a lasciare sia una persona rea di
aver spinto per la riapertura dei termini per far partecipare un luminare della
medicina ad un concorso per un posto dove in precedenza si erano verificati
comportamenti, quelli si, non consoni alla corretta gestione di un reparto
ospedaliero.
Se a L’Aquila si fossero riaperti i termini per la
partecipazione alle gare d’appalto per il terremoto e si fosse permesso di
parteciparvi altre ditte non invischiate con fatti di corruzione, staremmo ora
a piangere sulle tangenti pagate o invece staremmo processando coloro che
avrebbero impedito che si arrivasse agli appalti truccati? Certo, un Amministratore
deve camminare nel compiere degli atti
all’interno di regole di legalità, ma diverso deve essere il giudizio
complessivo quando la forzatura di tali regole consente poi alla pubblica
amministrazione il raggiungimento di obbiettivi
straordinari come quelli conseguiti in questi anni all’ospedale San
Paolo. Resta la condanna penale alla quale non ci si può sottrarre nel caso
fosse ritenuto colpevole, ma questa da sola ed in primo grado di giudizio, no
può in alcun modo essere motivo di ritiro dalla vita pubblica di una persona
che a conti fatti ha operato per il bene collettivo.
Ho avuto modo di esprimere tante volte il mio giudizio
negativo sulle ultime scelte politiche di Vendola; ritengo sbagliato il suo
continuo inseguire le sottane del PD come lo ritengo responsabile dell’arrivo
all’interno di SEL di una marea di arrampicatori sociali che di fatto hanno
determinato le scelte di un partito nato con le intenzioni di ricostruire la
sinistra ma che è finito per il diventare una costola del PD; ho dichiarato in
tempi non sospetti la mia non partecipazione alle primarie ne il mio appoggio a
Vendola alle stesse; ma in questa vicenda in tutta onestà, anche in caso di
condanna, mi sento di affermare che Vendola ha operato per il bene comune.
Tonino Ditaranto
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