Cambiare si può! Si, ma come?
Ho aderito dal primo momento all’appello di “CAMBIARE SI PUO’”,
credo che a questo cambiamento auspicato e che si impone per la tenuta stessa
della democrazia italiana, noi tutti abbiamo il dovere di contribuire senza
tentennamenti alcuni. Lo scenario che abbiamo di fronte è a dir poco
apocalittico; larghi settori delle Istituzioni, a partire dallo stesso Parlamento, sono sotto i riflettori della Magistratura
per comportamenti, non più episodici ma diffusi, di mal costume e corruzione;
tutto ciò mentre il Paese attraversa una delle più feroci crisi economiche dal
dopo guerra ad oggi e di conseguenza il notevole incremento della sfiducia da parte
dei cittadini nelle Istituzioni dello Stato e dei suoi rappresentanti.
Le elezioni in Sicilia, con la partecipazione al voto di
meno della metà della popolazione, non sono più solo un segnale che deve farci
riflettere, ma una triste realtà che deve indurci a non indugiare ulteriormente
nella ricerca di un cambiamento se teniamo al futuro della nostra nazione e
alla tenuta della democrazia e della libertà.
La politica tradizionale ha fallito; nonostante ciò, pare
non rendersene conto e continua con le vecchie regole che hanno caratterizzato la
vita interna dei partiti nella rincorsa di rendite di posizioni. Le stesse primarie
del PD e quelle che si annunciano nel PDL altro non sono che una lotta
intestina per acquisire posizioni di potere che permettano a questo o quel gruppo
di primeggiare al fine di fare gli interessi delle caste che rappresentano.
Non hanno il bene comune come obbiettivo queste primarie
farsa, ma solo il desiderio di difendere i propri interessi.
In questa baraonda, degna delle migliori telenovele
americane, si innestano da una parte un Governo che ha come unico scopo quello
di seguire le direttive delle più forti potenze europee e delle multinazionali
della finanza, dall’altra un popolo, fatto di famiglie, piccoli imprenditori,
lavoratori dipendenti e pensionati ormai allo stremo, stritolato da continui e
massacranti prelievi fiscali.
Qualcuno pensa che basterebbe cambiare gli uomini e mandare
a casa i partiti per rimettere a posto le cose e si lascia trasportare nel vortice
senza fine del qualunquismo al richiamo della parola d’ordine del “sono tutti
uguali”; peccato però che dietro tale parola d’ordine si nascondano personaggi
non proprio immuni da tale comportamento; lo stesso Grillo nel 93 accolse con
entusiasmo la discesa in campo di Berlusconi, dichiarando che era arrivato il
momento che gli imprenditori andassero a governare, con i risultati che tutti
noi vediamo e lo sfascio completo dell’Italia grazie al Berlusconismo.
Può l’Italia dare credito e affidarsi oggi ad un fantomatico
movimento che altro non sa fare che strillare ai quattro venti senza dire una
sola parola su come la pensa sul lavoro, sulla sanità, sull’economia che va in
frantumi, sul precariato, sul come risolvere il problema delle tante persone
che hanno perso il lavoro e si vedono pignorate le case dalle banche, staccate
le forniture di gas, luce e acqua perché non hanno i soldi per pagare le
bollette?
Crediamo forse basti gridare “al lupo” per far scappare il
lupo? Nella favola di cappuccetto rosso è proprio il lupo che mangia la nonna e
ne assume le sembianze.
Vent’anni di Berlusconismo hanno cambiato il nostro modo di
vivere ma anche quello di pensare; la crisi italiana affonda le radici in
questo radicale cambiamento culturale che abbiamo subito. I danni al sistema
Italia sono la diretta conseguenza della perdita di valori fondamentali ed
inestimabili del nostro stesso modo di vivere, quali la solidarietà tra le
persone, la disponibilità a farsi carico dei problemi degli altri, il
collettivismo nel ricercare le soluzioni ai problemi; valori sostituiti da
altri meno nobili che ci hanno condotto all’individualismo, all’egoismo, all’inseguire
posizioni personali a scapito degli altri passando anche sul loro cadavere pur
di arrivare al nostro obbiettivo; un individualismo ed un egoismo cosi diffuso
che ha fatto si che ormai siamo il popolo che non conosce il vicino della porta
accanto.
I proclami e gli appelli per il cambiamento ben vengano; fa
anche piacere vedere che vengono da persone di cosi alto spessore culturale e
sociale; persone impegnate nel mondo della politica, e della cultura; fa
piacere leggere nomi quali quello di Don Gallo e don Marcello Cozzi, come fa
piacere apprendere dell’adesione all’appello di De Magistris. A me questo però
non basta, i nomi che voglio vedere sono altri; mi piacerebbe leggere il nome
di “Ciro Esposito”, cassintegrato di Napoli al quale hanno staccato il gas o
quello di “Mario Rossi”,ex artigiano cinquantenne senza più un lavoro e senza
alcuna indennità di disoccupazione o integrazione al quale Equitalia ha rubato
la casa.
Cambiare si può! Ne sono convinto; dobbiamo essere disposti
a cambiare prima noi stessi. Occorre ritrovare la solidarietà e la
disponibilità verso gli altri cui prima facevo riferimento; ritornare a
guardare negli occhi quello della porta accanto e tendergli la mano nel momento
del bisogno senza atteggiamenti di pietismo o di compassione, ma come un
fratello che ha bisogno del tuo aiuto.
Le prime parole dell’Inno dei lavoratori recitava “ su
fratelli e su compagni”; fratelli si, perchè è solo con lo spirito di fratellanza
che i lavoratori possono sperare di avere ragione di coloro che tentano di
dividerci per poterci sottomettere e “su compagni” (cum panem) perché solo se
si è disposti a dividere il proprio pane con il proprio vicino ci rende
veramente solidale con gli altri.
Cambiare si può?
Certo, cambiare si può.
ToninoDitaranto
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