Da più parti negli ultimi giorni mi viene chiesto un
giudizio sulla vicenda che coinvolge la Cooperativa edile Di Vittorio e sulla
possibilità che la politica possa intervenire in qualche modo; non so se io
sono la persona più indicata per esprimere un giudizio in merito, non essendone
socio ed avendo avuto in passato una esperienza lavorativa con una ditta
appaltatrice in un cantiere della Di Vittorio, che si eclissò a metà lavoro
lasciando me e tutti gli altri operai con diversi stipendi da percepire e dei
quali la Di Vittorio se ne lavò le mani, cosa che non fece però nei confronti
dei vari fornitori. Cercherò comunque,
come mia abitudine, di non farmi condizionare da questioni personali e dare un
giudizio obbiettivo sulla vicenda.
La Di Vittorio, cooperativa edile aderente al gruppo della
Lega delle Cooperative, ha segnato la storia dell’edilizia fidentina e in
particolare quella legata alla costruzione di alloggi soggetti a normative di
edilizia economica e popolare, al fine di dare la possibilità a centinaia di
lavoratori, soci, di poter ambire ad un alloggio che altrimenti mai avrebbe
potuto ottenere stando ai normali prezzi di mercato. Questo è lo spirito con il
quale nacquero le cooperative di edilizia convenzionata e quindi lo spirito
della nascita della stessa Di Vittorio. Per anni la cooperazione in Italia,
anche grazie alla forte spinta che veniva dalla sinistra e dal mondo sindacale,
ha significato il modo più genuino che il mondo dei lavoratori potesse opporre
alla logica dell’arricchimento smodato che era proprio della grossa
imprenditoria e delle immobiliari della grande finanza. Per anni un ferreo
controllo da parte dei partiti della sinistra e dello stesso sindacato, ha
garantito una gestione sempre corretta e coerente con lo spirito per il quale
il mondo delle cooperative era stato concepito. Purtroppo, la storia insegna,
che la rivoluzione ideologica e politica seguita alla caduta del muro di
Berlino e dell’intero sistema delle repubbliche socialiste dell’est, era
destinata ad avere ripercussioni, anche drammatiche, sull’intera sinistra
italiana e sul mondo sindacale, acuite dalla prematura scomparsa di Enrico
Berlinguer e del conseguente scioglimento del PCI.
Il tracollo ideologico abbattutosi sulla sinistra italiana,
anche a seguito della scoperta del sistema di tangenti messo in piedi da
Bettino Craxi, non poteva non coinvolgere il sistema cooperativo, che fino a
quel momento aveva retto proprio grazie alle ferree regole imposte dal
centralismo democratico che vigeva nel Partito Comunista Italiano. Gli anni
novanta e questo primo decennio del XXI° secolo hanno visto man mano che gli
anni si susseguivano un continuo ed inesorabile arrembaggio da parte di
faccendieri ed avvoltoi economici a ciò che rimaneva della sinistra e
soprattutto a quel grande potere economico che intorno alla sinistra si era
sviluppato e che era costituito dal mondo delle cooperative.
La domanda da porsi è la seguente: ma è ancora valido lo
spirito di solidarietà sociale con il quale le cooperative erano state
concepite? In tutta onestà, a leggere la storia di questi ultimi vent’anni
direi proprio di no. Come dimenticare il tentativo di OPA da parte dell’UNIPOL
alla banca Antonveneta che vide coinvolto lo stesso segretario del
Partito Democratico della Sinistra, nato dalle ceneri del PCI? E come non
mettere in relazione le leggi sul precariato volute da D’Alema proprio per
rafforzare il potere contrattuale delle cooperative nei confronti dei propri
dipendenti lavoratori? Torniamo alla Di Vittorio, ecco, essa non è altro che
una delle tante cooperative, che in virtù di ciò che è successo un po’ ovunque,
è stata oggetto di un arrembaggio sfrenato da parte di faccendieri senza
scrupoli che hanno visto nella Di Vittorio un posto dove poter meglio lucrare.
La cooperativa, nata per tutelare gli interessi dei lavoratori e dei propri
soci alla fine si è trasformata in una impresa che ha attuato metodi simili se
non peggiori di quelle imprese per le quali era nata per contrastare. E i soci?
I soci hanno un’unica colpa, quella di aver pensato in tutti questi anni che il
PCI non fosse mai morto e che i dirigenti del PDS-PD fossero ancora i compagni
fratelli cui erano abituati a conoscere. A questi soci, persone oneste che io
amo ancora definire compagni, non solo deve andare la nostra solidarietà umana
per la drammatica condizione ma soprattutto il nostro rispetto per aver
affidato in custodia i propri averi alla cooperativa non perché fruttassero interessi, ma in virtù di un
grande ideale in cui credevano fermamente. Non ci sono scusanti per coloro che
hanno portato la Di Vittorio alla drammatica situazione attuale, essi non solo
hanno ridotto sul lastrico un’azienda, ma hanno soprattutto rubato i sogni di
quanti hanno creduto che con l’unione si potesse sconfiggere la bramosia di
denaro della grande speculazione edilizia. Oggi la Di Vittorio è sotto
concordato preventivo e null’altro si può fare se non seguire le direttive
imposte dal Tribunale; un intervento delle pubbliche Istituzioni non è neanche ipotizzabile
e anche se fosse possibile esso non sarebbe neanche giusto nei confronti dei
tanti cittadini che non fanno parte della cooperativa; questo per quanto
riguarda le Istituzioni in quanto tale. Ma le istituzioni sono anche politica e
la politica non può esimersi dall’interrogarsi sul quanto essa stessa sia
colpevole di ciò che stanno vivendo centinaia di famiglie fidentine. Certamente
la politica non può dare risposte, ne può intervenire economicamente per sanare
la crisi della Di Vittorio, ma essa però ha il dovere di provare a mettere
insieme gli attori di questa drammatica situazione per chiamare ognuno alle
proprie responsabilità, non solo morali, ma anche economiche che hanno nei
confronti delle centinaia di persone che hanno investito i propri averi e che
rischiano di non riavere più indietro. Coinvolgimento degli attori vuol dire
soprattutto chiamare alle proprie responsabilità la Lega delle Cooperative,
responsabile in prima persona secondo il mio punto di vista per non aver visto
o per non aver voluto vedere quello che succedeva nella Di Vittorio e nei
cantieri in cui essa era coinvolta insieme ad altre imprese aderenti alla
stessa Lega. Accertare se ce ne sono anche responsabilità di tipo personale o
eventuali distrazioni di fondi, il tutto sotto lo stretto controllo del nuovo
consiglio di amministrazione, il tutto però accettando il dialogo con grande
umiltà e trasparenza con coloro che sono gli attori principali: i soci e i loro
comitati di rappresentanza che sono gli unici che rischiano di rimetterci le
penne.
Tonino Ditaranto
2 commenti:
Gentile Sig. Ditaranto,
ho letto con attenzione la sua analisi.
Vedo che lei ha ritenuto di non menzionare tra le cause della crisi Di Vittorio quella che si è abbattuta sul settore immobiliare italiano (e non solo).
Dopo aver condiviso una sua riflessione politica sulla sinistra di questo paese, addita così la Di Vittorio: "essa non è altro che una delle tante cooperative, che in virtù di ciò che è successo un po’ ovunque, è stata oggetto di un arrembaggio sfrenato da parte di faccendieri senza scrupoli che hanno visto nella Di Vittorio un posto dove poter meglio lucrare. La cooperativa, nata per tutelare gli interessi dei lavoratori e dei propri soci alla fine si è trasformata in una impresa che ha attuato metodi simili se non peggiori di quelle imprese per le quali era nata per contrastare".
Personalmente sono certo che la Di Vittorio, come altro ogni organismo economico, sia stata negli anni influenzata da interessi non sempre in armonia tra di essi, unitari e benefici per l'organizzazione. Ma se lei è così certo della presenza di faccendieri senza scrupoli e di derive capitalistiche (immagino lo abbia scoperto adesso altrimenti lo avrebbe denunciato da tempo, giusto?) dovrebbe citarli senza la nuvola demagogica che si crea con le affermazioni generiche. Il "tutti ladri" di stampo grillino, ed i relativi sinonimi, potrebbe essere sostituito da un maggior dettaglio, il ché conferirebbe alla sua analisi valore di contributo reale, persino condivisibile da qualcuno.
La stessa Lega delle Cooperative avrebbe negli anni rilevato e denunciato quanto da lei affermato, a meno che secondo lei essa non abbia svolto un ruolo attivo nella genesi della crisi.
Di responsabilità personali e distrazioni di fondi, personalmente non ne parlerei mai se sprovvisto di evidenze, non tutte le crisi sono necessariamente causate da reati.
Infine, fossi in lei non chiederei al cda in carica di accertare responsabilità degli amministratori dato che molti di essi lo sono stati per anni e, converrà, verificare le proprie responsabilità risulterebbe alquanto conflittuale..
Cordialmente,
Domenico Carnovale
Gentilissimo Sig. Carnovale, con molta probabilità Lei legge per la prima volta le cose che scrivo ed in particolare sul mondo della cooperazione credo di aver scritto e denunciato, in tempi non sospetti, le tante distorsioni che stava attraversando. Per quanto riguarda la Di Vittorio Le posso garantire che i pochi rapporti avuti con loro sono stati molto traumatici e in tutta sincerità ho assistito a comportamenti non proprio consoni allo spirito con le quali sono state concepite le cooperative. Ma di questo se e quando ne avrà voglia sarebbe meglio parlarne personalmente in altre circostanze che non siano quelle di un blog.
Cordialmente Tonino Ditaranto
Posta un commento