sabato 17 gennaio 2015

Sarà Violante il prossimo Presidente della Repubblica?

Sarà Violante il prossimo Presidente della Repubblica?
Il punto interrogativo che ho messo al titolo ha semplicemente un valore simbolico solo perché alla fine sono convinto che qualsiasi gioco che pur sia stato fatto può sempre inciampare in un incidente di percorso, come la storia della elezione dei Presidenti eletti fino ad oggi ci insegna; pur tuttavia ritengo che eventuali possibilità di incidenti siano cosi limitati questa volta che mi sento di affermare quasi con certezza che il Prossimo Presidente della Repubblica alla fine sarà proprio l’ex inquilino di Montecitorio.
La convinzione di ciò mi viene dalla lettura di alcune situazioni politiche e avvenimenti degli ultimi anni che probabilmente sono passate in secondo piano rispetto alla crisi economica che sta attraversando il Paese e non ultima la nuova escalation del terrorismo internazionale che distoglie gli occhi da situazioni che invece meriterebbero di essere guardate con moltissima attenzione. Napolitano fu rieletto due anni addietro dopo il fallimento (pilotato scrivevo allora) del Parlamento nell’eleggere il uovo Presidente della Repubblica che non va mai dimenticato coincideva con il periodo in cui l’Italia doveva darsi un governo legittimo all’indomani delle elezioni politiche. Berlusconi usciva sconfitto ma non troppo; il PD con Bersani usciva vittorioso ma non troppo e stranamente l’ago della bilancia veniva rappresentato manco a farla apposta da una nuova formazione politica (5 stelle) sui quali nessuno avrebbe scommesso un dollaro falso fino a quel momento, ma che soprattutto non risultava condizionabile sia in un senso che nell’altro. Una situazione di tale instabilità politica che qualunque scelta fosse stata fatta sia per la formazione di un Governo, sia per la scelta del successore di Napolitano avrebbe finito in ogni modo per contrastare quel percorso di ristrutturazione dello Stato fortemente voluto ed imposto dal Governo centrale europeo. Di li la decisione dei grandi gruppi della finanza europea ed internazionale di congelare le elezioni politiche italiane attraverso la rielezione di Giorgio Napolitano e la successiva nomina di due Governi non legittimati da un voto popolare a guida di Letta e di Matteo Renzi. Le dimissioni odierne del Presidente della Repubblica avvengono in un periodo in cui i pericoli di instabilità che si erano prospettati all’indomani delle elezioni politiche del 2013 sembrano ormai appartenere al passato; il movimento 5 Stelle non sembra più costituire un reale problema dato le innumerevoli defezioni interne e la continua perdita di credibilità; Il Governo, a suon di fiducia e con il placido sostegno dei berlusconiani va avanti secondo il proprio programma di snaturamento della Costituzione Italiana, cosi come richiesto dalla grande Finanza, e Berlusconi, redivivo e resuscitato incassa il premio per la fedeltà al patto del Nazareno che gli permetterà di tornare ancora una volta sulla scena politica ma soprattutto gli consentirà di diventare un intoccabile risolvendo una volta per tutte i suoi guai giudiziari. Per fare questo manca un solo tassello: una figura di presidente della Repubblica, che naturalmente Berlusconi sa molto bene sarà del PD, che sia da garanzia al raggiungimento di quella riforma della giustizia fatta su misura per Berlusconi che ancora non è riuscito ad ottenere. Detto questo, quale migliore garanzia per Berlusconi e quindi per il proseguimento dell’accordo del Nazareno, se non quello di eleggere una persona del PD che già nel dicembre del 2013 aveva bacchettato i suoi compagni di partito per non aver difeso i diritti del “cavaliere” sul problema della sua decadenza da Senatore?

Tonino Ditaranto

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