venerdì 3 ottobre 2014

400 mila tessere perse dal PD: ma perchè si meravigliano?

400 mila tessere perse dal PD: ma perché si meravigliano?
Bersani, Fassina, Guerrini e compagnia varia, tutti a meravigliarsi e ad avventurarsi in stupide polemiche che sanno più di discussioni sul sesso degli Angeli, sul mancato rinnovo di 400 mila tessere da parte degli iscritti al PD. Ma come, c’è pure da stupirsi? In tutta onestà, la cosa a me non stupisce affatto e già da tempo avevo previsto questa possibilità come la naturale conseguenza del cambio delle regole interne di quel partito.
Non sono iscritto a nessun partito in questo momento, ma lo sono stato per tantissimi anni e se oggi fossi stato un iscritto al PD, con molta probabilità avrei deciso anche io di non rinnovare la tessera.  Intendiamoci, centra poco la linea politica del PD, e neanche le scelte che sta facendo il Governo a guida PD, di sicuro la stragrande maggioranza di quelle 400 mila persone che hanno scelto di non rinnovare la tessera fondamentalmente si sente ancora del PD e lo rivoterebbero ad occhi chiusi; se mai, a mio avviso, centra il fatto che molti di loro, di sicuro lo sarebbe stato per me, si sentono defraudati del loro diritto di partecipazione e quindi di decisione nelle scelte importanti. La tessera, è la carta di identità di un iscritto; non un semplice pezzo di carta, ma quel documento che attesta la tua appartenenza ad un partito e quindi il tuo diritto a partecipare alle decisioni che competono agli iscritti. In qualunque partito, esistono delle istanze che a secondo di ordini e grado, individuano le persone cui spettano le decisioni. Agli iscritti in particolare spetta il diritto e quindi il compito di partecipare ai congressi di circolo o di sezione, o alle assemblee degli iscritti per decidere le linee politiche generali, ma anche soprattutto spetta il diritto di scegliere i propri dirigenti o i propri rappresentanti nelle elezioni (liste elettorali). Questo è stato anche nel PD fino a qualche tempo fa, fino a quando cioè, lo stesso Bersani, su precise pressioni di personaggi come Renzi, che mai e poi mai avrebbero avuto i favori degli iscritti, non ha deciso che era arrivato il momento di dare una parvenza di maggiore democrazia, aprendo alla partecipazione sulla scelta non solo dei propri candidati, ma anche dei propri organi dirigenti, anche a persone non iscritte e per giunta provenienti da aree destroidi e in molti casi ad extracomunitari prezzolati ed accompagnati appositamente a votare alle primarie da questo o quel comitato elettorale. E’ democrazia questa? Assolutamente no, al contrario, è la negazione del diritto di chi ha deciso di prendere una tessera e quindi di sentirsi parte, di poter svolgere il proprio compito. Un po’ come se la FIAT un bel giorno decidesse che la scelta del proprio consiglio di amministrazione non spettasse più ai soci che vi hanno investito dei bei soldini ma che a tale scelta potessero partecipare tutti coloro che hanno comprato una macchina.

Su una cosa Bersani ha ragione, un partito senza più tessere non è più un partito ma questo lo sapevamo già; il PD se per questo ha smesso di essere un partito già da tempo e si è trasformato in raggruppamento di comitati d’affare, dove tutti sono contro tutti, ma su una cosa sono tutti d’accordo: scippare i soldi dalle tasche della povera gente per farli confluire in quelle di avidi avvoltoi.

Tonino Ditaranto

1 commento:

Franco Bifani ha detto...

Tonino, Roberto D’Alimonte, politiologo e direttore del dipartimento di Scienze Politiche della Luiss,spiega che, dietro al calo dei tesserati, c’è il segno dell’affermarsi di un’idea diversa di partito, fatto non più di iscritti, ma di elettori, perché oggi non sono i militanti, ma i voti che servono a vincere. In UK, il Labour è sotto i duecentomila iscritti, il partito socialista francese è tra i cento e i duecentomila. Il Pci degli anni Settanta contava milioni di iscritti. Da allora, è cambiata la natura del partito, con il declino delle ideologie: l’idea del partito come chiesa, o come fede, con tutte le sue liturgie e i suoi riti, non c’è più. I partiti sono diventati laici, secolarizzati: sono strumenti per vincere le elezioni.
Ormai i militanti non si iscrivono: partecipano.
C’è anche il fattore economico: quali benefici ottengo dall’avere una tessera pagando, quando posso contribuire lo stesso alla vita del partito da mero simpatizzante?
Una volta il partito era anche una rete di comunicazione, si frequentava anche per quello. Oggi, tutta quella roba non passa più di là: si interagisce sui social media.
Bersani continua a parlare di Ditta: ma con le elezioni del 2013 è morta la vecchia guardia, l’idea stessa della Ditta come tale. Prendere i voti nell’Italia di oggi è diverso da come era nell’Italia in cui è nato e cresciuto Bersani e tutta la sinistra nata nel dopoguerra.