sabato 8 gennaio 2011

siamo tutti colpevoli!!

Siamo tutti colpevoli

Fai in modo che non passi per pazza e neanche il marito per insensibile. Invita tutti a riflettere sul vuoto e l’angoscia che invade ognuno di noi. Quella donna sono io, è tua moglie, è una qualunque di noi che non ce l’ha fatta a vivere.”

Sono le parole di un sms che mi ha inviato oggi una cara amica, dopo aver appreso dalla tv della tragedia che ha sconvolto la nostra cittadina.

Parole umili, ma anche pesanti, parole che suonano come un’accusa e si perdono nell’aria inascoltate, coperte da quello che può sembrare un normalissimo fatto di cronaca, in un contesto dove fatti di cronaca sono alla portata di ogni momento.

Ma la tragedia di Claudia, Antonio e Paola, non è semplicemente un fatto di cronaca, è la punta di un malessere più diffuso che investe la nostra società.

Oggi, a tragedia consumata, siamo tutti bravi nel dimostrare dolore e stupore per quanto accaduto, dolore e stupore che ci porteremo ancora per qualche giorno, forse per qualche settimana, fino a quando altri fatti di cronaca o la nostra quotidianità non ci porteranno a dimenticare anche quest’ultimo dramma, pronti per nuovi dolori ed altri stupori per altri drammi che potranno avvenire.

Chi di noi ricorda che non più tardi di qualche mese fa la nostra cittadina venne sconvolta da un’analoga tragedia che coinvolse un’altra donna trentenne?, e qualche mese ancora prima era stata la volta di un pensionato?, Possibile che fatti del genere accadono in una cittadina dove tutti ci conosciamo, con una frequenza cosi impressionante, che nessuno di noi si ponga il problema dello scollamento sociale che stiamo vivendo?

E’ facile individuare la colpa nella depressione, o in un attimo di pazzia, è facile perché noi tutti vogliamo che sia cosi facile, forse perché non osiamo guardare oltre la punta del nostro naso, e cercare di capire come mai ormai non ci si conosce più neanche tra vicini di pianerottolo, o amici dello stesso bar.

Una persona non arriva a prendere decisioni estreme senza aver prima lanciato una miriade di messaggi o richieste di aiuto, solo che ormai siamo cosi ciechi che quelle richieste non riusciamo più a percepirle, e anche quando le percepiamo, preferiamo ignorarle.

Li chiamiamo drammi della solitudine o della depressione, ma altro non sono che i risultati dello smisurato egoismo di una società che ha smarrito i valori della solidarietà.

Conoscevo di vista Paola, e conosco di vista Salvatore, passo diverse volte al giorno davanti al portone di casa loro, di una cosa oggi posso essere certo, che ogni volta che passerò ancora li davanti, non potrò fare a meno di ripetermi che in fondo è anche un po’ colpa mia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

‎"In una sola cosa non credo: nell'uomo e nella donna, che esistano ancora. Posso sbagliarmi, ma essi mi sembrano ormai luoghi comuni, simulacri di antichi modelli, canne vuote, dove, nelle notti d'inverno, fischia ancora, piegandole, il vento dell'intelligenza, che li sedusse e li distrusse"

Anonimo ha detto...

Sarebbe bello se riuscissimo a lasciare spazio al silenzio.