Cara Unità….
Avevo appena compiuto tredici anni, quell’autunno del 1969,
quando Franco, mio coetaneo e compagno di scuola, figlio di Ciro, dirigente comunista e simbolo
delle occupazioni delle terre in Basilicata, mi convinse ad entrare per la
prima volta nella sezione del PCI e mi propose di prendere la tessera dei
giovani comunisti. Ti avevo incontrata già tante volte in precedenza, quando di
domenica mio padre, bracciante agricolo, rientrava a casa con l’Unità infilata
nella tasca della giacca, ma scarse volte avevo avuto modo di sfogliarti, in
quanto non proponevi vignette e risultavi sempre abbastanza pesante per un
adolescente come me che aveva avuto fino a quel momento interessi completamente
diversi dalla politica. Da quel autunno del ’69 però qualcosa doveva cambiare
radicalmente la mia vita e con essa, naturale conseguenza, l’instaurazione di
un rapporto inscindibile con il quotidiano l’Unità che sarebbe durato per quasi
trent’anni.
Portare l’Unità piegata in quattro, naturalmente con il
titolo in bella vista e infilata nella tasca sinistra dell’eskimo era diventato
ormai una consuetudine e anche un distintivo di appartenenza, negli anni in cui
anche la partigianeria aveva la sua importanza e l’Unità serviva per
distinguere noi comunisti aderenti al PCI da quelli che invece si riconoscevano
nell’area della estrema sinistra extraparlamentare e che giravano con “lotta
continua” o con “servire il popolo”.
Legame indissolubile il nostro; non sono mai riuscito a
tenere il conto delle migliaia di copie che ho diffuso ogni domenica per quasi
un ventennio, arrivando fin’anche a vincere un viaggio premio in Unione
Sovietica che l’Unità metteva in palio ogni anno per i migliori diffusori e che
fu utilizzato dal segretario di sezione visto che ero ancora un adolescente.
Ogni domenica di buon ora, con il mio malloppo di copie sotto al braccio giravo
praticamente l’intero paese per consegnare la copia ai compagni che non
potevano passare in sezione o che purtroppo avevano impegni di lavoro.
Solitamente diffondevo dalle centocinquanta alle duecento copie, ma in alcune
occasioni il numero di copi saliva anche fino a toccare le cinquecento. L’unità
risultava essere il quotidiano più venduto di domenica nel mio paese, superando
fin’anche la Gazzetta del Mezzogiorno che era il giornale locale. Se devo
affermare di aver avuto durante tutti gli anni del mio impegno politico un
punto di riferimento genuino, quello di sicuro è stato il giornale fondato da
Antonio Gramsci. Punto di riferimento e puntuale informazione per tutte le mie
discussioni politiche di natura nazionale ed internazionale, o anche come
spunto per i compiti di italiano su tematiche generali che solitamente si
faceva in gruppo. La terza pagina, quella culturale era la preferita, ma non
prima di aver letto il quotidiano fondo di satira politica, sempre molto
piccante che si trovava nella prima pagina in basso a destra e scritto da
Fortebraccio. A casa di mia madre conservo ancora quintali di copie dei miei
abbonamenti che non ho mai avuto il coraggio di buttare via proprio perché mi
sarebbe sembrato come se buttassi via una parte di me stesso, e anche quando l’Unità
ha smesso di essere l’organo ufficiale del PCI, e pur non essendo più d’accordo
con la nuova linea editoriale che purtroppo negli anni si è adeguata a nuovi
padroni e nuovi interessi politici, ho continuato a vedere l’Unità come quella
parte della tua famiglia che si è persa ma a cui tu continui a volere un sacco
di bene.
Da anni ormai non ti compro più e ti leggo sporadicamente,
ma fino a ieri quando entravo in una edicola, pur non comprandoti, mi bastava
rivolgere lo sguardo al titolo della prima pagina per suscitare nuovamente in
me un sentimento di reciproca appartenenza.
Domani non sarai più
nelle edicole; la paradossale situazione economica causata da coloro che
spingono per una informazione sempre meno libera ma legata agli interessi di
grandi gruppi d’affare, si è abbattuta anche su di te, con la grave conseguenza
che uno dei quotidiani più liberi e indipendenti della storia di questa nostra
Italia è costretto a chiudere i battenti. I poteri forti hanno vinto di nuovo,
e con loro ha vinto questo PD sempre più colluso con i comitati d’affari e con
le forze reazionarie che vogliono abbattere la democrazia in Italia.
L’unità chiude; per me è come se si sciogliesse per la
seconda volta il PCI. Anche questa è una grande sconfitta, ma si tratta di una
battaglia; La lotta per l’emancipazione dalla schiavitù di coloro che sono
oppressi dalle ingiustizie continua, con o senza l’Unità. “Veniamo da lontano e
andiamo lontano” diceva Gramsci, la strada è lunga, ma per quanto impervia che
sia andremo avanti senza esitare, non più con l’unità infilata nella tasca dell’eskimo
ma stretta nel posto che si è guadagnata
nel nostro cuore.
Tonino Ditaranto
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