Governo di tecnici e governo ladro
Ci sono inetti superficiali ed inetti profondi, di vaglio; i nostri parlamentari, fatte le debite, rare eccezioni, appartengono alla seconda categoria. Ma ora, i medesimi si permettono di fare le pulci e di criticare il nuovo governo di tecnici . E’ un’operazione da imbecilli, e voglio sottolineare che intendo il vocabolo “imbecille” proprio nella sua derivazione etimologica, di “mancante di sostegni”; di stampelle culturali, intellettuali ed etiche, cioè di tutto quanto è indispensabile e necessario alla funzione pubblica di amministratore di una nazione, onusta di onori ed oneri. Il numero di stupidaggini che questi parlamentari non-tecnici, eletti dai partiti a nostra insaputa e a noi perfettamente sconosciuti, per anni, hanno commesso e perpetrato, è incredibile. “ O quanta species, cerebrum non habet “- diceva la volpacchiotta ad una maschera teatrale, in una famosa favola di Fedro; ma a questi parlamentari nostrani, oltre al cerebro, manca anche la venustà, molto spesso. La loro incompetenza ha fatto passi da gigante, negli ultimi anni, progressi enormi, brilla di luce propria, così intensamente che non ne reggiamo più la vista, ci assorda con un fracasso orribile i timpani, ha ridicolizzato e frastornato il buon senso; soprattutto, ha ucciso l'onore. Le loro decisioni hanno indossato tutti gli abiti della verità, che si è sempre trovata in svantaggio, di fronte ad esse. E’ già amaro commettere delle stupidaggini, ma farne poi anche di inutili, è ancora peggio. E noi, sotto il governo dell’Arciduca di Arcore e della sua corte di vecchi satiri e di guitti da teatrino da caserma, siamo stati al loro gioco, qualcuno nolente, parecchi di loro volontà; infatti, da Adamo in poi, gli sciocchi costituiscono sempre la maggioranza. Nella Never-Never-Never-Land della Padania, si apprestano ad imbracciare le armi, ad innalzare le barricate, come per le Cinque Giornate di Milano, ma stavolta arroccati a Monza, tra i palazzi del Parlamento Padano. Di là, i leghisti hanno da venire a giudicare i tecno-ministri ed i loro sottosegretari, tutta gentucca improvvisata. I nostri parlamentari hanno industrializzato la disonestà e si giustificano asserendo che, per essere onesti, gli mancano solo i denari! Scriveva G. G. Belli: “Io sempre je l’ho dato ‘sto conzijo: Checco, arruba un mijone; e ppe’ le chiese sarai San Checco e t’arzeranno un gijo!”. Ora, con il cambio di governo, è molto probabile che, come sempre, per i poveracci, cambi solo il nome del padrone. Petrolini, in una sua battuta, disse che, siccome è pur necessario prendere i soldi da qualche parte, lo si fa dove lo si trova più facilmente, cioè presso la povera gente; i poveracci possiedono poco, ma, in compenso, sono in molti e, soprattutto, non c’è da temere che esportino all’estero beni mobili ed aziende. Una volta, Toro Seduto, rivolto ai protervi potenti degli Stati Uniti, disse loro che i suoi guerrieri non pensavano tanto ad uccidere, quanto a sacrificare se stessi in difesa dei deboli, dei vecchi, delle donne, dei bimbi, soprattutto, che sono il futuro del mondo. Quanti dei nostri parlamentari egli avrebbe mai reclutato tra i suoi eroici guerrieri? Ora siamo qui, a sperare che questo cancro dell’Italia, ormai allo stadio terminale, venga guarito dall’unica medicina gratuita, non somministrata dall’USL, cioè dall’operato dei nuovi neo-ministri; più che un atto di fiducia, si tratta quasi di un atto di fede. A volte, i grandi uomini, appunto perchè tali, non entrano in politica; ci salva questa speranza. Almeno per una volta, dopo anni di palude, scura e putrida, quando pioverà, per renderne le acque più trasparenti, potremo, forse, evitare di pronunciare quella famosa maledizione: “Piove, governo ladro!” Osanna nell’alto dei seggi –del Parlamento- e pace in terra ai ministri di buona volontà!
Franco Bifani
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