Pre-potere, pre-potenti e parvenus
Persino un moderato, come el Dun Lisander, prudente cattolico, sempre abituato ad operare, discretamente, dietro le quinte, aveva però sottolineato, per i suoi venticinque lettori, che “i provocatori, i soverchiatori e tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi.” Aveva forse previsto il '68 ed i black-bloc? Da sempre il genere umano si divide tra chi usa prepotenza e chi invece la soffre: “hoc volo, sic iubeo, sit pro ratione voluntas”, in un prevalere della volontà personale sul libero arbitrio. Dopo più di 150 anni di “unità nazionale”, i campioni di questo modus operandi sono sempre stati i nostri uomini politici, solitamente collusi -tranne rarissime eccezioni, confermanti la regola- con le camarille massoniche, le mafie e le lobbies finanziarie ed economiche, loro contemporanee, da Cavour a Berlusconi, fino ai ministri dell'attuale governo, tanto bravini, così perfetti, tutti scolaretti primi della classe: “Sì, io lo so, signora maestra!”. Se si tratta, comunque, di imporre sacr.., sacrif…, sacrifici agli altri, sono anche capaci di commuoversi, fino alle lacrime. Essi ci fanno già abbastanza bene quando non ci fanno del male, Deo gratias; quando poi i pre-potenti litigano, per noi poveracci non sono altro che guai. Ciò mentre loro, i Prominenten, hanno se non altro, il privilegio di poter sempre osservare le catastrofi dall'alto di qualche attico esclusivo, magari nell'attesa dell'elicottero salvifico. I grandi della terra possono bene scherzare con i santi; ma i nostri governanti non sono grandi nemmeno come statura fisica; da noi, il potere non nasce dalla canna del fucile, ma dal pre-potere economico e dall’appartenenza ad una certa casta iperuranica. La nostra forma di “democrazia” si baserebbe sui diritti dell'uomo; ma il mio potere è quanto e quello che sono, il mio potere mi conferisce il mio essere quel tale e non altri. Io sono il mio potere, io sono quanto posseggo, costruito faticosamente, giorno dopo giorno; nessuno tocchi dunque Caino, andate in cerca della pecorella Abele, più avvezzo ad obbedire al Potente. Io sono l'antenato di me stesso, la mia famiglia inizia da me, la loro invece termina all'Olgettina, in una Banca, a Piazza Affari, nei festini a base di sesso a pagamento e cocaina a go-go, nelle sagrestìe parrocchiali, nelle anticamere dei vescovadi. Essi amministrano una Repubblica che è nata e si fonda ancora non sul lavoro, ma sull’ingiustizia sociale più maligna, proterva ed infame. Nikita Kruscev aveva definito i politici come personaggi che promettono di costruire un ponte anche dove non c'è un fiume ed Amleto, icona tragica dell'uomo solo, a combattere il Fato, aveva mormorato, tra sé: “A politician...one that would circumvent God”. I nostri amministratori pre-potenti credono di saper tutto, protetti dalle aspersioni e dalle benedizioni di monsignori e cardinali, baciati ed abbracciati da boss mafiosi, ma non sanno niente, e perciò stesso percorrono fulminee e folgoranti carriere, soprattutto ricche di remunerazioni, prebende, privilegi ingiusti e maligni. I giovani che reggono gli strascichi a questi imperatori senza abiti culturali ed intellettuali, appartengono alla vasta schiera dei parvenus 25-30enni, muniti di Smartphone ed Ipad, che coprono le loro vanità e vacuità sub-umane con abiti che paiono confezionati dagli stessi sarti di John Gotti, con camicie di Angelo Inglese e scarpine di Baldinini e Roger Vivier; sono agili come bertucce, nel risalire le pertiche del carrierismo. Ma, come le scimmie, una volta arrivati in cima, non mostrano altro che il loro deretano spelacchiato. Ed anche se loro ed i loro burattinai si coprono di essenze costosissime, puzzano pur sempre, inesorabilmente; e dove si posano e si siedono, come la m..., fanno solo danni. ”Médiocre et rampant, et l'on arrive à tout”, aveva scritto Beaumarchais. Io sono comunque del parere che ai pre-potenti ed ai loro galoppini arrivisti, non solo si dovrebbe impedire di arrivare, ma, soprattutto, di partire.
Franco Bifani
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