domenica 16 settembre 2012

Essere comunisti oggi


Essere Comunisti oggi
Mi è capitato di leggere la lettera di Pietro Ancona su FB con la quale si chiede se ha senso continuare a distinguere Rossana Rossanda da Bersani o da Veltroni e con la quale si auspica una totale riscoperta dei leader maximi del comunismo storico, Da Engels a Marx, da Lenin a Stalin facendo intravvedere una notevole simpatia per il contributo dato da quest’ultimo nel aver portato un popolo di contadini e semplici operai ad un popolo di intellettuali e scenziati, omettendo anche di fare alcun riferimento ai milioni di deportati nei gulag siberiani e le uccisioni “criminali” senza motivo operate nel periodo stalinista.
In tutta onestà non capisco come si possa accostare Stalin a Marx ed Engels o a Lenin stesso che  prima della sua morte aveva avvertito il popolo sovietico del grande rischio che si sarebbe corso se il potere fosse finito nelle mani di Stalin. La cosa che non capisco invece è il fatto che alcun riferimento venga fatto invece a Gramsci e Berlinguer, Comunisti nostrani che indicarono nella democrazia e nella libertà individuale della persona la chiave fondamentale per la costruzione di una società socialista. La vera abiura del comunismo comincia da qui, dal fatto di non aver creduto fino in fondo alla novità di una società dove comunismo, democrazia e libertà potessero convivere in un unico grande stato dove nelle proprie fondamenta fossero posti gli uomini e il bene comune  verso i quali portare il più profondo rispetto.
La crisi del comunismo è la mancanza di una visione globale degli interessi degli uomini e dei lavoratori e la caduta di valori fondamentali come la solidarietà e la fratellanza.
L’inno dei lavoratori non a caso cominciava dicendo “su fratelli e su compagni”.
Non si è comunisti se non si sente di essere fratelli  dei nostri simili e non si è compagni “ cum panem” se non si è disposti a dividere il proprio pane con gli altri. La negazione di questi due concetti fondamentali che possono sembrare appartenere al cristianesimo ma che sono le fondamenta del nostro essere comunisti, sono la vera causa del baratro in cui è caduto tutto il mondo della sinistra italiana ed europea.
Quando Marx ed Engels  ipotizzavano una società comunista partivano dal fatto che il popolo in fondo poteva  e doveva essere una grande famiglia all’interno della quale ognuno avrebbe avuto il proprio compito (doveri) e ognuno i suoi giusti riconoscimenti (diritti). Diritti e doveri in una società cosi ipotizzata avrebbero dovuto essere valori inalienabili e imprescindibili. Il socialismo reale se da una parte ha acutizzato i doveri dall’altra ha vergognosamente mortificato i diritti, il tutto a favore di un nuovo potentato che alla faccia e in nome della dittatura del proletariato il cui unico scopo era quello di esercitare il proprio indiscusso predominio sullo Stato.
Siamo certi che il concetto gramsciano dell’essere partigiani  perché si odia l’indifferenza volesse dire giustificare ad ogni costo le azioni, anche quelle più orrende di una parte e non invece parteggiare per le proprie idee di giustizia, uguaglianza, fratellanza e solidarietà e difenderle anche da coloro che indegnamente in nome di quei valori sfruttavano, ammazzavano, deportavano e schiavizzavano i loro popoli?
Se invece di essere comunista oggi fossi un cristiano, sarebbe giusto che assolvessi la chiesa dagli orrendi crimini di cui si sono macchiati tanti Papi e prelati durante il Medio Evo o nello sterminio dei nativi durante la colonizzazione dell’America solo perché anch’essi dichiaravano di operare nel nome di Cristo?
Pietro Ancona si chiede se ci siano differenze tra Rossanda e Veltroni, io mi sento di ribaltargli la domanda e chiedergli se ci sono differenze tra Hitler e Stalin.
Essere comunisti non può essere uno stereotipo,  un etichettarsi, un volersi definire tali perché ci piace la falce e il martello, il grande Giorgio Gaber  ci dava decine di motivazioni per il quale uno si definiva comunista ma l’essere comunisti ha un unico e solo significato: Amore e condivisione con i propri simili.
Forse Io e Pietro Ancona abbiamo ognuno un proprio pensiero sull’essere comunisti, entrambi amiamo e siamo orgogliosi di definirci tali, chi dei due sia più comunista non sarà mai dato sapere, ma di una cosa possiamo essere certi che se fossimo vissuti in Unione Sovietica ai tempi di Stalin entrambi saremmo finiti nei gulag.
Tonino Ditaranto

2 commenti:

Ambrogio ha detto...

Attenzione Tonino non ricorrere a troppi distinguo e a bizantinismi.
Ti dichiari comunista e poi riproponi un socialismo utopico, lontanissimo da Marx. Lo fai affermando "l’essere comunisti ha un unico e solo significato: Amore e condivisione con i propri simili."
Col marxismo filosofico, teorico, storico,dialettico od altro questo non ha nulla da spartire.

Franco Bifani ha detto...

Ambrogio, io però, e forse anche tu, ho conosciuto molti comunisti, il cui esempio di vita, fulgida e dedicata al prossimo, poteva essere seguito ed imitato da parte di tanti cattolici da sagrestìa, ipocriti e sepolcri imbiancati, egoisti, egotici ed egocentrici, più aridi di un pezzo di pietra pomice.